L’agricoltura è sempre più al femminile. Una donna su 4 è, infatti, titolare di aziende impegnate in attività rurali. In Italia su 100 imprese in rosa – secondo un’analisi della Coldiretti svolta in occasione dell’8 marzo sulla base del primo rapporto nazionale sulle imprese femminili pubblicato dal Ministero delle Attività produttive e dall’Unioncamere – il 24% è impegnato in attività agricole.
In particolare, negli ultimi dieci anni, la presenza di donne alla guida delle aziende è aumentata rispetto agli uomini (28,7% rispetto al 25,9 % del 1990). Il più alto tasso di femminilizzazione si è verificato nell’Italia meridionale (32,8%) e in quella centrale (31,6%) ma valori elevati si registrano anche nelle regioni nord occidentali (28,2%), mentre livelli più contenuti caratterizzano il Nord-Est (23,4%) e le isole (26,3%).
Nelle campagne le donne italiane, in termini assoluti, sono al vertice di oltre 270 mila imprese, un numero secondo solo in assoluto a quello delle attività commerciali ma superiore alle attività manifatturiere, alberghi e ristoranti e attività immobiliari e servizi finanziari.
Secondo una recente indagine del Coordinamento Donne Impresa della Coldiretti le donne impegnate in agricoltura guidano aziende di media-grande dimensione (55% sopra i dieci ettari), sono tecnologicamente avanzate (il 70% ha introdotto nuovi macchinari), attente alle coltivazioni biologiche ed eco-compatibili (60%) ed orientate verso produzioni più intensive (allevamento, ortofrutta e vino) in grado di generare sbocchi occupazionali e opportunità di integrazione (il 25% assume manodopera spesso straniera). Ma è soprattutto nelle attività più innovative e creative che il ruolo delle donne si impone con una presenza superiore alla media nell’agriturismo (11%), nelle fattorie didattiche (10%), nel valorizzare la biodiversità con il salvataggio di piante e animali in via di estinzione (3%) e nella vendita diretta ai consumatori dei propri prodotti (25%).
Dall’identikit del mondo agricolo in rosa risulta che ben nove imprenditrici su dieci non cambierebbero il lavoro in campagna con un impiego fisso in città perchè soddisfatte della propria attività che hanno scelto, nel 75% dei casi, per passione. Ad affascinarle è, soprattutto, il contatto con la natura (50%) che giustifica anche la forte contrarietà (88%) all’impiego di organismi geneticamente modificati in agricoltura e nell’alimentazione.