Unioncamere Emilia-Romagna: “La crisi è strutturale. Stiamo vivendo una trasformazione del sistema economico e sociale. La fase difficile è acuita dagli eventi sismici che hanno colpito la struttura produttiva. E’ necessario cercare di non subire il cambiamento. Una visione condivisa può indicare l’uscita”.
Confindustria Emilia-Romagna: “Continua lo scenario negativo, dominato dalle incertezze di contesto e dalla netta contrazione della domanda. Una prospettiva positiva può venire solo da una strategia complessiva per la crescita delle imprese e dell’economia”
Intesa Sanpaolo: “Continua a indebolirsi il credito a imprese e famiglie: fronte comune tra banche e imprese per tornare a crescere”
Nel secondo trimestre 2012 non si attenua e prosegue la fase negativa congiunturale. Ancora in calo produzione, fatturato e ordini. Unica eccezione le esportazioni e gli ordini esteri che riescono ancora a crescere, ma il cui andamento è apparso tuttavia in rallentamento rispetto al trend dei mesi precedenti.
La tendenza negativa interessa tutti i settori, in particolare le maggiori difficoltà hanno riguardato l’industria del legno e del mobile e quella della moda. Le piccole imprese, meno orientate al commercio estero, subiscono i contraccolpi più duri. La crisi sta colpendo tutti, ma più duramente le imprese industriali. In Emilia-Romagna, regione vocata al manifatturiero, nel prolungarsi della fase recessiva sono le imprese di minore dimensione a pagare il prezzo più elevato.
Sono queste alcune indicazioni che emergono dall’indagine congiunturale relativa al secondo trimestre 2012 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.
La produzione dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna è diminuita del 3,6 per cento rispetto all’analogo periodo del 2011, confermando il calo del trimestre precedente. Il calo ha interessato tutte le classi dimensionali, in particolare la piccola impresa fino a 10 dipendenti.
A livello settoriale, le maggiori difficoltà hanno interessato le industrie del legno e del mobile (-8,2 per cento), che risente di riflesso della crisi dell’edilizia, e della moda (-9,5 per cento), che sconta la riduzione dei consumi. Il sistema metalmeccanico ha mostrato una relativa tenuta, grazie al maggiore grado di apertura all’export. Le industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto hanno limitato il calo della produzione a -0,4 per cento. E’ stato invece del 4,6 per cento per le industrie dei metalli, che comprendono larghi strati della subfornitura meccanica. Anche la produzione dell’industria alimentare, di solito impermeabile ai cicli congiunturali, ha risentito (-2,8 per cento) della diminuzione dei consumi.
Il fatturato ha subìto una flessione tendenziale prossima al 3,7 per cento. Tutti negativi gli andamenti settoriali. Più lievi per l’industria alimentare e per quella della meccanica-elettricità e mezzi di trasporto, con diminuzioni rispettivamente pari all’1,7 e 1,9 per cento. Si aggrava la caduta per il sistema della moda (-9,4 per cento) e per l’industria del legno e del mobile (-8,7 per cento). Flessione pronunciata anche per l’industria dei metalli (-3,7 per cento) dall’eterogeneo gruppo delle “altre industrie” (-3,8 per cento).
Al calo di produzione e fatturato, si aggiunge la domanda che ha accusato una flessione del 4,2 per cento, rispetto alla stagnazione dei 12 mesi precedenti (-0,3 per cento).
Le esportazioni hanno rappresentato l’unica nota positiva con un incremento dell’1,9 per cento, rispetto allo stesso periodo del 2011, nonostante un lieve rallentamento rispetto ai trimestri precedenti. Bene sui mercati esteri tutti i settori, dalle industrie alimentari (+0,5 per cento) alle industrie dei metalli (+4,2 per cento). Eccezione in questo quadro la caduta dell’export della moda (-3,6 per cento).
Gli ordini esteri crescono del 2,9 per cento. Bene le industrie e meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto (+5,7 per cento). alimentari (+2,7 per cento). Segni negativi hanno riguardato le industrie della moda (-0,6 per cento)
“I numeri di questo trimestre raccontano una situazione in cui alla difficile fase congiunturale si sono sommati i danni arrecati dal terremoto che ha colpito alcune province emiliane – dichiara il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna Carlo Alberto Roncarati – Anche per i prossimi mesi non vi sono segnali di una inversione di tendenza. Qualche spiraglio di luce arriva dalle esportazioni ancora in crescita, seppur in rallentamento rispetto ai mesi precedenti. Ci sono quindi, fuori dall’Italia, mercati in crescita su cui puntare. L’internazionalizzazione, assieme a innovazione, formazione, accesso al credito e azioni per snellire l’onere burocratico a carico delle imprese sono le leve su cui muoversi per reagire a questa situazione. Come sistema delle Camere di commercio – rimarca il Presidente Roncarati – siamo presenti ed attivi su tutti questi fronti, consapevoli che la crisi che stiamo vivendo non ha natura congiunturale, ma strutturale. Siamo dentro ad una trasformazione del sistema economico e sociale. La crisi sta dettando dei cambiamenti che dobbiamo cercare di non subire semplicemente, ma governare se possibile, con una visione condivisa”.
Lo scenario negativo è confermato da Confindustria Emilia-Romagna. “L’andamento dell’economia regionale – dichiara il Presidente Maurizio Marchesini – è condizionato dalla forte incertezza del contesto nazionale ed europeo e dalla progressiva caduta della domanda e del reddito interni. Le prospettive per fine anno sono negative per produzione, fatturato, occupazione e domanda, sia quella proveniente dal mercato interno sia, in misura minore, dall’estero. In più, l’economia emiliano-romagnola sconta e sconterà gli effetti del terremoto, non ancora pienamente quantificabili”.
Le indicazioni delle aziende non lasciano intravedere segnali di miglioramento. Il rallentamento di molte economie extra-europee rende più difficile compensare le difficoltà della domanda interna, come era accaduto sinora. L’export regionale, infatti, è cresciuto nei primi sei mesi, ma in rallentamento rispetto ad un anno fa (+ 5,2% contro + 17%)”.
Le prospettive sino a fine anno – rilevate da Confindustria Emilia-Romagna con la propria Indagine semestrale su 790 imprese con 74 mila addetti e 25 miliardi di euro di fatturato – indicano, rispetto al secondo semestre dell’anno scorso, un aumento della produzione peril 22 per cento degli imprenditori, un andamento stazionario per il 45 per cento e un calo produttivo per il 33. Il saldo tra ottimisti e pessimisti circa le prospettive della produzione è assai peggiorato rispetto all’indagine di inizio anno: sono pessimisti più del doppio degli imprenditori.
“Le manovre del Governo, pur necessarie – afferma il Presidente regionale degli industriali –hanno avuto inevitabilmente effetti recessivi sul clima di fiducia, sul reddito disponibile e sui consumi delle famiglie, con conseguenze negative su importanti settori produttivi, a partire dall’edilizia. Gli imprenditori comunque non cedono ad un pessimismo passivo e cercano segnali di uscita dalla crisi. Possiamo provare – prosegue Marchesini – a delineare una prospettiva di “inversione di tendenza” che volga verso il positivo, centrata sul raffreddamento delle tensioni finanziarie dello spread, che attenui il peso del debito pubblico, e sulla prosecuzione decisa della riduzione della spesa pubblica per abbatterlo ulteriormente.
Questa prospettiva – conclude il Presidente Marchesini – dovrà basarsi su una strategia organica ed articolata per la crescita delle imprese e dell’economia attraverso la diminuzione del cuneo fiscale contributivo e, più in generale, del livello di tassazione sulle imprese; uno stimolo alla ripresa degli investimenti, che faccia leva sul credito di imposta per la ricerca; investimenti pubblici nelle infrastrutture e nel digitale, accompagnati da liberalizzazioni e privatizzazioni; un recupero di produttività basato su accordi tra le Parti sociali sostenuti da adeguati incentivi. A tutto ciò si dovrebbe accompagnare una decisa continuità nell’azione di semplificazione normativa ed amministrativa. Una prospettiva possibile, in grado di riavviare un miglioramento del clima di fiducia delle famiglie e delle imprese”.
Il credito in Emilia-Romagna, secondo l’analisi del Servizio Studi di Intesa Sanpaolo, ha continuato a indebolirsi nell’estate 2012, in linea con la tendenza nazionale. Il complesso dei prestiti, dopo aver aperto l’anno con volumi stabili, ha iniziato a ridursi leggermente a partire da marzo, arrivando a segnare a luglio un calo dell’1,7% (anno su anno). Tale andamento è determinato dall’indebolimento dei prestiti alle imprese, che a luglio hanno registrato una analoga contrazione (-1,7%). L’evoluzione dei prestiti alle imprese della regione non si discosta da quella nazionale: -0,9% nei primi sette mesi dell’anno in Emilia Romagna, -1% per la media Italia.
I prestiti alle famiglie hanno confermato un rallentamento più moderato e graduale, ma anch’essi sono arrivati a segnare a luglio 2012 una variazione leggermente negativa (-0,2%) che non si vedeva da marzo 2009. I prestiti alle famiglie dell’Emilia-Romagna risultano leggermente più deboli della media nazionale (+1,4% nei primi sette mesi del 2012 rispetto a +2,1% del dato nazionale).
Il significativo indebolimento dei prestiti alle imprese trascina in calo quasi tutte le province dell’Emilia Romagna. L’unica eccezione significativa è rappresentata da Ravenna, che a luglio ha riportato una crescita del totale dei prestiti dell’1,2% a/a grazie ad un aumento del 2% nei prestiti alle imprese. Bologna e Ferrara mostrano volumi poco variati (+0,4% per i prestiti alle imprese e +0,1% rispettivamente). Prestiti alle imprese in evidente contrazione si sono registrati a Rimini (addirittura -8,5%), Piacenza (-3,1%), Parma (-3,0%), Reggio Emilia (-2,7%) e, più leggermente, a Modena e Forlì-Cesena (-1,8% e -1,7% rispettivamente). Nei prestiti alle famiglie, a luglio cinque province mostrano un segno leggermente negativo, più significativo per Ferrara e Ravenna (-1% circa), mentre fino a marzo tutte erano ancora in crescita.
A questi numeri, che danno la misura dell’impatto della recessione e della crisi del debito sovrano sul credito all’economia della regione, si aggiunge la continua emersione delle sofferenze. Il tasso di decadimento dei prestiti è stabilmente sopra il 2% dalla fine del 2009 (2,4% a marzo 2012 per l’insieme del settore non finanziario dell’Emilia-Romagna).
“Sulla dinamica del credito – commenta Adriano Maestri, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – pesano la debole domanda dovuta alla recessione, alle prospettive quanto mai incerte e alla conseguente scarsità di investimenti, la situazione critica delle sofferenze che obbliga a una valutazione sempre più attenta del merito creditizio, le difficoltà di raccolta delle banche e i vincoli patrimoniali ad esse imposti, particolarmente stringenti in questa congiuntura economica.”
“L’analisi di questi dati fa emergere in maniera molto chiara come uscire da questa impasse – aggiunge Maestri – Occorre fare fronte comune tra banche e imprese, rafforzando la collaborazione non solo nel credito, con iniziative condivise tese al rafforzamento patrimoniale delle imprese, a farle crescere di dimensione, a sfruttare i vantaggi dell’internazionalizzare, a spingerle a investire in ricerca. Nei momenti di difficoltà è necessario puntare a un forte cambiamento strutturale. L’impegno delle nostre banche in regione in questi giorni è anche quello di accompagnare lo sforzo straordinario per la ricostruzione post-terremoto e per la ripartenza delle attività produttive, per ripristinare e rafforzare la capacità produttiva del nostro territorio”.