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Il lato ‘nero’ del comparto funerario italiano: oltre due miliardi di sommerso l’anno

Con 600mila decessi all’anno non si può certo dire che quello funerario, in Italia, sia un settore di nicchia. Il giro d’affari che ruota intorno al trapasso nell’aldilà è da mini manovra: si tratta di circa 3 miliardi di euro e la cifra è destinata a salire con il progressivo invecchiamento della popolazione.

Un servizio funerario standard (manifesti, composizione e trasporto salma, cassa, cuscino, fiori, realizzazione e posa della lapide), infatti, ha un costo minimo di 5.000 euro e moltiplicando i decessi per questa cifra si arriva a un indotto non inferiore ai 3 miliardi di euro, di cui almeno 2 miliardi e cento milioni di euro non dichiarati al fisco (senza considerare l’acquisto del loculo). La potenziale evasione di ogni singolo funerale è infatti pari a 3.500 euro.

Questo perché il dolore delle famiglie prevale su fatture e adempimenti fiscali. Ma alla base non c’è solo il comportamento dei cittadini, perché anche la legislazione tributaria non aiuta a far emergere l’enorme sommerso. Infatti, nel nostro paese i servizi funebri sono esenti da iva e l’intestatario della fattura può detrarre dalla denuncia dei redditi importi non superiori a 1.500 euro: ciò ha determinato uno scarso interesse ad esigere una fatturazione che contempli tutti gli oneri sostenuti, favorendo così, per le imprese meno virtuose, una contabilità parallela e illegale e gravi inadempienze sotto il profilo dell’inquadramento professionale e della previdenza, senza trascurare una forte concorrenza sleale.

Oltre a rafforzare i controlli, quindi, è necessario adeguare la normativa. Proposte concrete arrivano da un’associazione di settore, l’EFI (Eccellenza Funeraria Italiana) la prima e unica che riunisce le case funerarie sul territorio nazionale. “Per fare fronte a questo problema – spiega Gianni Gibellini, Presidente EFI – sarebbe auspicabile innalzare per i cittadini i limiti per la detraibilità a un valore minimo del 50% su un importo che contempli gli interi costi sostenuti (anche quelli cimiteriali) e che non sia comunque inferiore ai 10.000 euro. Ciò farebbe emergere in maniera evidente il “lavoro nero” e ogni “contabilità sommersa”, facilitando le possibilità di controlli che dovrebbero essere puntuali, rigorosi ed efficaci a opera delle preposte Autorità”.

Il comparto funerario è fortemente polverizzato, basato principalmente sulla piccola impresa familiare, e si colloca in uno scenario in cui manca una legge nazionale che regoli il settore. Così, le Regioni si sono date leggi proprie, tutte diverse: ci sono regioni con regole dettagliate e altre quasi senza norme. Si attende da oltre quindici anni una legge quadro che faccia ordine nel settore funerario per superare la situazione a macchia di leopardo che si è creata. Ma anche per migliorare la realtà di cimiteri e crematori, i primi caratterizzati da alti costi, scarsa sicurezza, disorganizzazione, i secondi da ridotta funzionalità e tempi di attesa lunghissimi. Per questo l’EFI ha chiesto ufficialmente al Presidente Monti di lavorare a un impianto legislativo che si basi su cinque pilastri sui quali fondare il futuro dell’imprenditoria funeraria italiana. Una richiesta spicca sulle altre: riconoscere pari opportunità a operatori pubblici e privati, aprendo la strada alla realizzazione di cimiteri privati e di crematori interni alla Case Funerarie.

Ecco i punti salienti proposti da EFI per un nuovo impianto legislativo sul settore funerario:

· Definizione dell’attività funebre e dei requisiti per esercitarla;

Le attività funebri sono un fondamentale servizio sociale. Non è possibile tollerare ancora che esse siano svolte da operatori improvvisati e non strutturati adeguatamente. La frammentazione della categoria, conseguenza di regole non sufficientemente rigorose e, soprattutto, della totale assenza di controlli da parte delle Istituzioni, nuoce gravemente alla qualità delle prestazioni e dei servizi erogati, all’etica e alla deontologia professionale, all’immagine della categoria di fronte all’opinione pubblica.

· Riconoscimento di pari opportunità per operatori pubblici e privati anche per la realizzazione di cimiteri e di crematori;

Alla luce delle attuali condizioni dei cimiteri (alti costi, scarsa sicurezza, frequente disorganizzazione, …) e dei crematori (ridotta funzionalità, tempi di attesa lunghi, …) è indispensabile che gli Operatori privati godano di identiche opportunità rispetto a quelli pubblici eliminando obsoleti regimi di monopolio e consentendo a tutti i soggetti di potersi confrontare ad armi pari sulle sempre più evolute richieste della società contemporanea.

· Determinazione delle caratteristiche minime per la realizzazione delle Case Funerarie e delle Sale per il Commiato;

Per affermare un modello italiano di Casa Funeraria in piena e perfetta sintonia con i valori culturali, sociali e professionali che contraddistinguono le Imprese italiane. Noi siamo imprenditori: crediamo fermamente nel nostro lavoro sul quale abbiamo investito e continuiamo ad investire ingenti risorse umane ed economiche per dar vita a strutture che rappresentano il futuro e nelle quali probabilmente risiede una delle principali vie d’uscita dai problemi attuali. Poco importa che le Case Funerarie siano piccole o grandi. Ciò che conta è la dignità di un servizio che solo in tali sedi può essere fornito e che costituisce per i dolenti un conforto ed un aiuto psicologico fondamentali in tali tristemente difficili situazioni.

· Obbligatorietà di una Formazione Professionale qualificata e verificata per gli Operatori;

Una qualificazione professionale di elevato livello è alla base dello sviluppo della nostra categoria e segna il confine invalicabile per chi vuole contraddistinguere la propria attività nel segno di una reale “eccellenza” orientandola ad un sempre più efficace svolgimento di prestazioni e di servizi di qualità.

· Definizione delle caratteristiche dei trattamenti di tanatoestetica/tanatoprassi e requisiti minimi per esercitarli secondo una formazione obbligatoria qualificata.

Occorre disciplinare tali attività su parametri di assoluta professionalità, ispirandosi eventualmente ad un modello francese che prevede una formazione obbligatoria teorica e pratica di 600 ore in un anno e due livelli di verifica d’esame.

Intanto, in attesa dei provvedimenti, quasi 6 milioni di euro al giorno sfuggono ai controlli del fisco.

















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