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Giornate di primavera del Fai, i “tesori” di San Pietro a Modena e gli itinerari a Finale

repertiE’ il terremoto – e non poteva essere diversamente – il filo conduttore che lega le iniziative organizzate dalla delegazione modenese del Fai in occasione della “Giornate di primavera”, appuntamento ormai consolidato durante il quale il Fondo Ambiente Italiano offre agli italiani l’opportunità di scoprire luoghi e beni culturali spesso inaccessibili.

Sabato 23 e domenica 24 marzo il complesso dei Padri benedettini di San Pietro a Modena , prestigiosa testimonianza del rinascimento modenese la cui parte demaniale giace in un deplorevole stato di abbandono e di degrado, si aprirà ai visitatori per mostrare il proprio patrimonio artistico, segnato purtroppo dal recente sisma.

Spazi ristrutturati per riparare i danni del terremoto, antichi paramenti sacri esposti sui manichini, arredi liturgici normalmente conservati in cassaforte, rarissimi dipinti, cinquecentine a stampa, l’antica libreria, i quaderni dell’Archivio Parrocchiale: l’itinerario proposto sarà occasione per scoprire i tesori custoditi nel monastero, la cui chiesa abbaziale è in corso di restauro.

Tra le sorprese, i frammenti decorativi in terracotta, scarti di una fornace del Quattrocento, rinvenuti casualmente durante i lavori di ripristino dei danni provocati dal sisma (v. scheda n. 2).

Da Modena a Finale Emilia, una delle città maggiormente colpite dal terremoto e sulla quale il Fondo Ambiente Italiano si è impegnato fin da subito, “adottando” il palazzo municipale e finanziandone il restauro.

In occasione delle “Giornate di primavera” il gruppo Fai Giovani propone nella giornata di domenica 24 marzo tre itinerari tematici che riguardano “le d’acqua e la città medievale”, “l’arte nella storia” e “gli ebrei a Finale: racconti del ghetto”.

«Con queste visite guidate – spiega Maria Teresa Panini Miana, capo delegazione Fai di Modena – vogliamo dare un segno tangibile della volontà di superare l’emergenza, per recuperare con l’aiuto di tanti volontari quel patrimonio culturale e artistico che vogliamo continui a vivere. Il complesso monastico di San Pietro ne è testimonianza: gravemente ferito dalle scosse di terremoto, si mostra ora in tutta la sua bellezza, con ambienti recuperati e valorizzati che verranno presto restituiti alla collettività. ».

VISITE GUIDATE

Per quanto riguarda l’abbazia benedettina di San Pietro a Modena le visite guidate partiranno, nelle giornate di sabato 23 e domenica 24 marzo, alle ore 9.30 – 12.30 – 14.00 – 18.30 (ultimo ingresso 17.30), da via San Pietro 7. A guidare i visitatori saranno gli Apprendisti Ciceroni® dell’Istituto Superiore d’Arte “A.Venturi”, del Liceo Classico “L.A. Muratori” e del Liceo Classico “San Carlo”.

Per quanto riguarda invece Finale Emilia le visite guidate, per gruppi di massimo 20-25 persone, si svolgeranno nella sola giornata di domenica 24 marzo con partenza in Viale della Stazione 1, presso il Museo del Territorio, con i seguenti orari:

ore 10.30 “Vie d’acqua e città medievale”

ore 15,30 “Gli ebrei a Finale”

ore 16,30 “L’arte nella storia di Finale”

Le visite sono completamente gratuite. Durante i due giorni saranno allestiti banchetti informativi sull’attività del Fai, dove sarà possibile sottoscrivere l’iscrizione al Fondo Ambiente Italiano.

 

Dal giardino delle erbe alle volte decorate coi gelsomini. Alla scoperta dei tesori rinascimentali di San Pietro

Il complesso dei Padri Benedettini di San Pietro, prestigiosa testimonianza del rinascimento modenese la cui parte demaniale giace in un deplorevole stato di abbandono e di degrado, oggi, grazie alla disponibilità dei monaci benedettini, offre un inedito percorso dedicato al patrimonio artistico conservato in questo complesso purtroppo segnato dal recente sisma.

Nonostante soppressioni e consistenti spogliazioni abbiano di fatto compromesso le raccolte di dipinti, di argenterie liturgiche e devozionali, ma anche l’archivio e la prestigiosa biblioteca che fino alla fine del sec. XVIII risultava la più importante dopo quella ducale, il cenobio modenese conserva ancora oggi un patrimonio di particolare interesse.

Tra le “sorprese” emerse proprio a causa del terremoto, alcuni frammenti di decorazioni in terracotta del XV-XVI° secolo raffiguranti elementi zoomorfi, vegetali e geometrici, utilizzati come elemento di riempimento delle volte nella navata laterale della chiesa, al posto dei mattoni, e probabile causa del cedimento strutturale in seguito alle scosse sismiche. «Si tratta – spiega Vincenzo Vandelli, responsabile regionale Cultura del Fai – di scarti di una fornace del XV-XVI° secolo. Non è escluso si tratti della fornace utilizzata in seguito, forse, da Antonio Begarelli, che sorgeva proprio nei pressi del monastero».

Il percorso proposto attraversa ambienti e spazi, parte dei quali di recente recuperati, come l’androne di accesso e il Cortile della Spezieria, rivitalizzato grazie al recupero della fontana al centro e guardando al proprio passato di suggestivo spazio per la coltivazioni di erbe e di fiori destinati sia all’importante spezieria che all’attigua chiesa.

Dal cortile, caratterizzato da una fontana oggi ricomposta, ma che risulta esistente fin dal 1578, si entra nell’antica Sala del Capitolo dove si conservano le antiche porte cinquecentesche della sagrestia monumentale nonché uno straordinario mobile in legno lavorato a doppia anta, secentesco, anch’esso un tempo in sagrestia, all’interno del quale si conservano gli antichi paramenti da messa che saranno esposti su alcuni manichini.

Si entra così nella parte terminale di quella che era in origine il lunghissimo corridoio monumentale che formava la grande croce attorno cui si era venuti a sviluppare il complesso monastico.

Scendendo alcuni gradini si accede nell’antisagrestia con il cinquecentesco lavabo con vasca a forma di sarcofago l’incisione “S.Geminiani M.” e vari dipinti. Di particolare pregio una grande tela (di cm 125 x 184) di rilevante valore iconografico con i ritratti di sette cardinali modenesi vissuti nel XVI secolo e cioè Cardinali Claudio ed Ercole Rangoni, Gian Battista Ferrari, Jacopo Sadoleto, Gregorio Cortesi, Tommaso Badia, Pietro Bertoni e Carlo Logorio, già posta sull’altare del Begarelli.

Attraverso un portale monumentale si accede poi nella Sagrestia monumentale caratterizzata dalle decorazioni di Girolamo da Vignola (1545) con richiami al paradiso perduto e ad un’iconografia attenta all’utilizzo del linguaggio floreale in chiave cristologica. Qui si conservano gli importanti, pregevoli, arredi lignei intarsiati commissionati al celebre ebanista cremonese Giovan Francesco Brennona (1548) a cui poi sono state aggiunte altre parti a metà dell’800 e nel 1959.

Alla parete, sopra l’altare, la preziosa tavola raffigurante L’adorazione dei Magi di Bartolomeo Cesi (1556-1629).

Attraverso poi una porta laterale si accede alla Cereria, grande ambiente voltato e decorato con tralci di gelsomino (che richiama altri ambienti attigui decorati sempre con gli stessi odorosi fiori), già destinato alla conservazione e alla cura delle preziose candele di cera nonché luogo entro il quale venivano rogati e registrati lasciti e donazioni.

Anche questo ambiente è stato, dopo anni di impropri utilizzi, recuperato alle sue funzioni originali e vi si conserva quanto rimasto dell’argenteria liturgica e devozionale salvata dalle spogliazioni selvagge delle soppressioni napoleoniche e postunitaria e un tempo particolarmente consistente.

Oggetti estremamente raffinati, a fusione, incisi, cesellati e sbalzati legati alla presenza prestigiosa di un Abate, oppure a particolari devozioni a cui si legava la storia del celebre cenobio modenese.

Sullo sfondo, è stato ricomposto l’altare in legno dorato settecentesco un tempo destinato all’esposizione eucaristica.

Per l’occasione, grazie alla disponibilità dei Padri Benedettini, gli altri spazi presentano un campionario di antifonari secenteschi, diverse cinquecentine a stampa a testimonianza dell’attività culturale e formativa svolta in San Pietro che conseguì la formazione di una celebre Libreria monastica oggi dispersa tra l’Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti e la Biblioteca Estense e Universitaria entrambe di Modena, nonché a Mantova, Roma e anche a Montecassino dove risultano trasferiti alcuni codici miniati.

Attraversato ancora una volta il corridoio, si accede all’ambiente che fino alla fine dell’800 ospitava il monumentale scalone secentesco in pietra arenaria e dipinto a prospettive forse di Benedetto Cervi e con statue in stucco, purtroppo poi completamente distrutto.

Qui, per l’occasione, sono esposti per la prima volta dipinti su tela, disegni normalmente conservati all’interno del monastero e pertanto non visibili.

Sono testimonianza di quel patrimonio di dipinti che arricchiva il complesso e che le soppressioni, seguite poi da gravissime vendite, hanno disperso.

Tra le opere ora esposte, il bellissimo Battesimo di Cristo eseguito dal sassolese Giacomo Cavedoni per la prima cappella a destra della chiesa e da qui trasferito nei locali monastici, un disegno di Francesco Stringa.

Una vera sorpresa costituisce anche la raccolta di quaderni dell’Archivio Parrocchiale rivestiti dalla carta colorata marezzata prodotta dalle prestigiose, ma oggi assai poco note, cartiere presenti nel ducato modenese.

 

Quando il Panaro attraversava il centro di Finale. Tre itinerari nel cuore della città ferita dal sisma

Il percorso di visita alla città di Finale ha inizio presso il museo del Territorio, collocato al secondo piano dell’Autostazione, il cui fulcro è un importante plastico che rappresenta l’impianto urbano ottocentesco del centro storico, quando il Panaro attraversava la città in una fascia compresa tra il ponte della Chiusa e il castello delle Rocche. Dopo la visita al museo, la partenza per i tre itinerari.

Vie d’acqua e la città medievale: seguendo le vie d’acqua si possono percorrere quelle vie che un tempo erano occupate dall’alveo del fiume e ci si può soffermare sulle testimonianze architettoniche più affascinanti dell’epoca medievale, come ciò che resta della Torre dei Modenesi e il castello delle Rocche. La torre rappresenta l’emblema della città medievale: costruita esattamente 80 anni fa – nel 1213 -dal Comune di Modena, divenne nel Cinquecento proprietà di Giulio II della Rovere e successivamente divenne torre dell’orologio. Il castello, edificato all’inizio del XV° secolo per volontà del Duca Nicolò III d’Este, si pone come uno degli esempi più raffinati dell’architettura militare quattrocentesca.

L’arte nella storia di Finale: alla scoperta di alcuni tra i più interessanti tesori artistici conservati in città, come il complesso della Santissima Trinità con la chiesa del Seminario, edificato a partire dal 1606 e ampliato nel XVIII° secolo. Dopo le soppressioni dell’età napoleonica, il duca Francesco IV volle adibire questi spazi a scuola. Nel 1821 la proprietà tornò all’arcivescovo di Modena e venne fondato il seminario degli Oblati. La chiesa, a pianta rettangolare, conserva dipinti di notevole pregio.

Gli ebrei a Finale: racconti del ghetto. Itinerario per scoprire la storia degli ebrei, che a Finale si insediarono a partire dal 1541, percorrendo il ghetto e visitando anche il cimitero, il più antico di tutta l’Emilia Romagna. Risale infatti al 1585 la prima lapide qui conservata, anche se la sepoltura degli ebrei venne consentita dal duca Cesare d’Este solo nel 1600. Il muro di cinta e il cancello, impreziosito da una stella a cinque punte, risalgono ai primi del ‘900.

 

 

 

 

















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