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Un volume sull’Anguria Reggiana per arrivare all’Igp

anguria-pres-volumeIl volumetto “Anguria Reggiana – Tradizione, terre e qualità” è stato presentato questa mattina nella Sala del Consiglio provinciale dall’assessore all’Agricoltura Roberta Rivi, dal presidente dell’Associazione produttori dell’Anguria Reggiana (Apar) Ivan Bartoli, insieme al vice sindaco di Novellara Barbara Cantarelli. E’ l’ennesima tappa di un percorso di valorizzazione di questo tipico prodotto della nostra Bassa pianura, iniziato nel 2006 da un nutrito gruppo di agricoltori specializzati in questa coltura, giovani e molto motivati, che hanno trovato il sostegno della Provincia di Reggio Emilia e si sono raggruppati in associazione (appunto l’Apar) nata nel 2009. Da allora è stato creato un marchio distintivo contrassegnato dai tre colori della bandiera (verde, bianco e rosso che sono anche i colori del frutto) ed è stata avviata una sperimentazione, appena conclusasi, per stabilire scientificamente caratteristiche e peculiarità della nostra Anguria, adattabilità ai terreni della nostra pianura e varietà migliori. I risultati di questi studi, insieme a cenni di storia della presenza dell’Anguria nel Reggiano, ed alle tradizioni ad essa connesse, formano il contenuto della pubblicazione, propedeutica all’avvio della fase finale della procedura per ottenere l’Indicazione geografica protetta dell’Unione europea.

Sono stati già presi contatti con la Regione Emilia-Romagna, che riceverà la domanda per il riconoscimento in prima istanza, poi si passerà al Ministero per le Politiche agricole ed infine a Bruxelles, con un percorso che si spera possa concludersi positivamente nel 2014. Quest’anno, intanto, gli agricoltori soci di Apar inizieranno ad adottare il marchio dell’Associazione anche sul loro prodotto, quindi come marchio commerciale, per farlo conoscere al pubblico. Le regole che si sono dati puntano sull’alta qualità, per cui non si identificano particolari varietà di anguria, ma caratteristiche specifiche come il grado brix a 11,5 ed il grado di maturazione, per fregiarsi del marchio e, un domani, dell’Igp.

E’ il punto più alto di una storia che comincia da lontano, visto che esistono testimonianze, anche curiose, sull’uso del cocomero in cucina nei secoli passati; ma è dalla metà del secolo scorso che questa produzione ha preso piede su vasta scala, da quando si è iniziato a consumarla in compagna nei classici “casòt” sparsi nel nostro territorio. Era, allora, un prodotto con una stagionalità di un mese o poco più, ma il miglioramento delle lavorazioni e delle tecniche produttive e le nuove varietà hanno portato oggi i nostri coltivatori a farsi conoscere ed apprezzare nei mercati ortofrutticoli all’ingrosso già con le primizie di stagione, poi nel corso non solo dell’estate, per una stagione che dura ora fino a sette mesi.

Il libro, edito da Bookstones, ha beneficiato di numerosi contributi sia per i testi sia per le fotografie ed è stato patrocinato da Provincia di Reggio Emilia, Apar, Dinamica ente di formazione, Università di Ferrara, Banca Reggiana, Consorzio Agrario dell’Emilia, OrtoRè, Col diretti, Cia, Copagri, Confagricoltura ed Iter.

 

 

 

 

















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