L’Italia si è fermata. Per quattro anni di fila dal 2008 al 2012, il numero degli spostamenti non ha fatto che calare, passando nel giorno medio feriale, dai 128 milioni del 2008 ai 97,5 del 2012, una riduzione del -23,9%. E’ un piano inclinato senza fine quello fotografato dal Rapporto sulla mobilità in Italia, realizzato da ISFORT in collaborazione con il Centro Ricerche HERMES e le associazioni di trasporto ASSTRA e ANAV, presentato stamattina a Bologna al Convegno nazionale di Asstra. La crisi economica e l’abbassamento dei livelli di consumo e di reddito delle famiglie, la riduzione dei servizi di trasporto pubblico causati dal taglio ai finanziamenti pubblici destinati al settore, si stanno pesantemente ribaltando sulla domanda di trasporto e di mobilità dei cittadini.
Una crisi della mobilità che si traduce in perdita di sposamenti di tutti i modi di trasporto (pubblico e privato) nell’anno più duro della crisi, il 2012, come mostra la variazione della dinamica degli spostamenti per mezzi di trasporto motorizzati in ambito urbano: rispetto al 2011, l’automobile perde il 16,2%, degli spostamenti ,e ancora peggio motocicli e ciclomotori che perdono il 38,9 % degli spostamenti, anche l’uso dei mezzi pubblici scende ma solo del 6,6%. Una perdita relativa, perché di fatto il mezzo pubblico nel 2012 ha guadagnato comunque quote di mercato passando da 13,5% nel 2011 a 15,1% nel 2012, contro la riduzione di quote di mercato dei mezzi privati che passano da 86,5% nel 2011 a 84,9% nel 2012. In ambito extraurbano, invece, nel 2012 l’auto mantiene la posizione di mercato aumentando la quota modale di 1,7%, mentre i mezzi pubblici perdono dell’1,8%, un aumento del trasporto privato che si spiega anche con un maggior ricorso all’auto condivisa (car pooling).
Su questo sfondo di mobilità depressa, come è cambiato il modo di muoversi degli italiani dall’inizio della crisi (2007) ad oggi (2012) ? Il trasporto pubblico è riuscito a guadagnare posizioni a scapito dell’automobile, in particolare nelle aree urbane: nelle città i passeggeri saliti sugli autobus, i tram, le metropolitane, i treni suburbani sono aumentati negli ultimi 5 anni del + 8,2%, mentre i viaggi in automobile sono diminuiti del 19,3%. Di conseguenza, la “quota modale” del trasporto collettivo, ovvero la percentuale di spostamenti motorizzati effettuati con un mezzo pubblico, è salita nelle aree urbane al 15,1% contro l’11,7% del 2007. Questi dati mostrano inequivocabilmente che gli italiani in tempi di crisi, con meno soldi in tasca e costretti ad organizzare la personale spending review dei propri consumi, hanno cercato di lasciare l’auto in garage qualche volta di più e per spostarsi sono saliti con maggiore frequenza sull’autobus, sul pullman o sul treno.
“Non facciamoci troppe illusioni, il trend positivo dei mezzi pubblici negli ultimi anni è indotto dalla crisi più che da una consapevole modifica delle abitudini d’uso dei mezzi di trasporto. Proprio per questo però l’attuale situazione di crisi economica e sociale rappresenta paradossalmente una formidabile occasione per cambiare radicalmente gli stili di mobilità nel nostro Paese. D’altra parte, per far ripartire la domanda di mobilità e sostenere così la ripresa economica si deve per forza puntare sui mezzi di trasporto pubblico o sui mezzi più ecologici “senza motore”, perché sono gli unici a misura delle tasche dei cittadini” commenta Carlo Carminucci, il direttore scientifico di Isfort, nella sua presentazione della ricerca.
E invece l’uso dell’automobile, benché fortemente diminuito nei tempi della crisi (tra il 2007 e il 2012 si registrano quasi 15 milioni di spostamenti giornalieri in meno con le “quattro ruote”), resta dominante nelle scelte dei mezzi di trasporto degli italiani, con una quota modale che persino nelle aree urbane è ancora vicina all’80%. D’altra parte, il pesante taglio dei finanziamenti al settore del trasporto pubblico, che ha prodotto un’inevitabile riduzione dei servizi, un incremento delle tariffe e il blocco degli investimenti per migliorare la qualità del servizio (acquisto di autobus e treni nuovi, sviluppo dell’infomobilità ecc.), non ha certo aiutato gli italiani ad utilizzare di più i mezzi pubblici.
Marcello Panettoni, presidente di Asstra, sottolinea al riguardo che “tra il 2010 e il 2013 è stato segato di colpo il 15% alle risorse pubbliche per i trasporti collettivi. Un colpo mortale che avrebbe potuto avere conseguenze molto più pesanti, fino ad oggi le aziende hanno assorbito in gran parte la riduzione dei finanziamenti, difatti sono riuscite a non tagliare dell’equivalente (15%) i servizi. Ci sono riuscite ma a caro prezzo: facendo delle manovre di efficientamento, bloccando il mercato del lavoro, aumentando le tariffe e le perdite dei propri bilanci Togliere l’ossigeno ad un servizio essenziale come il trasporto pubblico in tempo di crisi economica e sociale non ci sembra una buona risposta politica” .
“Un altro dei fattori di freno del sistema del trasporto pubblico locale – avverte Nicola Biscotti, presidente Anav – è legato al minor utilizzo dell’intermodalità ferro-gomma, in controtendenza rispetto alle annunciate politiche di armonizzazione. Ma, se è così, perché allora negli ultimi cinque anni si sono effettuati solo investimenti sul rinnovo dei treni e non una seria politica di razionalizzazione dei servizi e di standardizzazione dei costi di produzione, oltre al rinnovo del materiale rotabile su gomma che oramai in Italia ha 12 anni di anzianità?”
Tornando all’andamento generale della domanda di mobilità, i dati illustrati dalla Ricerca dimostrano che la forte diminuzione è stata determinata soprattutto dal crollo degli spostamenti per le motivazioni di tempo libero, particolarmente forte nelle aree urbane. Tra il 2007 e il 2012 quasi il 70% dei viaggi in meno che sono stati effettuati hanno riguardato il tempo libero, poco più del 20% il lavoro, solo il 6,7% la gestione familiare e solo il 2,9% lo studio. La crisi economica sta dunque producendo un ritorno alla domanda “basilare” di mobilità: la gestione familiare, lo studio, il lavoro per chi l’ha mantenuto o per chi lo cerca, mentre gli spostamenti per i consumi più voluttuari si riducono drasticamente.
Non a caso la domanda di mobilità extraurbana, dove gli spostamenti per il tempo libero sono molti di meno rispetto alle aree urbane, ha mostrato invece nel 2012 rispetto al 2011 una sorprendente capacità di tenuta, (+3,2% di spostamenti). Va anche ricordato che la crisi economica ha spinto ampie fasce di residenti per risparmiare sulla casa, ad uscire dalle città, contribuendo a mantenere alti i livelli di trasporto extraurbano. Positivo il buon indice di gradimento presso l’utenza – superiore a quello urbano – nonostante i forti tagli ai contributi pubblici abbiano impedito alle aziende di intervenire sul miglioramento della qualità e della quantità dei servizi. In ogni caso, al di là dell’andamento anomalo del 2012, complessivamente negli anni della crisi (2007-2012) anche la dinamica della domanda di mobilità extraurbana è stata fortemente negativa (-26,6% gli spostamenti), seppure meno rispetto a quella della mobilità urbana (-36%)