È un’economia che non conosce la parola recessione quella fotografata da Ecomafia 2013, il rapporto annuale di Legambiente realizzato grazie al contributo delle Forze dell’ordine, sulle storie e i numeri dell’illegalità ambientale in Italia, presentato oggi a Roma nel corso di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando.
34.120 sono i reati ambientali scoperti nel corso del 2012, 28.132 le persone denunciate, 161 le ordinanze di custodia cautelare, e 8.286 i sequestri effettuati. Il tutto per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da numerosi clan: 302 quelli censiti nello scorso anno.
I numeri degli illeciti ambientali accertati delineano una situazione di particolare gravità. Il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2%) e dalla Toscana, che sale al sesto posto, con 2.524 illeciti (+15,4%). Prima regione del Nord Italia, la Liguria (1.597 reati, +9,1% sul 2011). Da segnalare per l’incremento degli illeciti accertati anche il Veneto, con un +18,9%, e l’Umbria, passata dal sedicesimo posto del 2011 all’undicesimo del 2012.
Crescono nel 2012 anche gli illeciti contro gli animali e la fauna selvatica (+6,4% rispetto al 2011), sfiorando quota 8.000, a una media di quasi 22 reati al giorno e ha il segno più anche il numero di incendi boschivi che hanno colpito il nostro paese: esattamente +4,6% rispetto al 2011, un anno orribile per il nostro patrimonio boschivo dato che aveva fatto registrare un picco del 62,5% rispetto al 2010. È la Campania a guidare anche quest’anno la classifica dell’illegalità ambientale nel nostro paese, con 4.777 infrazioni accertate (nonostante la riduzione rispetto al 2011 del 10,3%), 3.394 persone denunciate e 34 arresti. E il discorso vale sia per il ciclo illegale del cemento sia per quello dei rifiuti.
Anche in Emilia-Romagna la criminalità legata ai reati ambientali sta lentamente prendendo piede: la nostra regione sale infatti la classifica generale dell’illegalità aggiudicandosi la decima posizione (nel 2012 era all’11° gradino). Nel corso del 2012, nella nostra regione si sono infatti registrate ben 1.035 infrazioni accertate, 944 persone denunciate e 410 sequestri effettuati.
L’accentuata dimensione globale delle attività di ecocriminali ed ecomafiosi, la diversificazione delle loro attività illecite, il ricorso sistematico a espedienti tipici della criminalità economica sono proprie anche dell’Emilia-Romagna con in primo piano ciclo dei rifiuti e del cemento.
Sono 23 i procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato da parte della Dda bolognese in base all’art. 260 del Codice dell’ambiente, quello che sanziona l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti. 23 casi sui quali l’antimafia delle Due Torri sta lavorando, e di cui si aspettano i risultati. I dati li fornisce la Direzione nazionale antimafia (Dna), monitorando le iscrizioni dal gennaio 2010 al giugno del 2012. Un record di procedimenti aperti nel bolognese, basti pensare che la Dda di Napoli ne ha aperti “solo” 20. Non c’è alcun dubbio, insomma, sul fatto che i rifiuti circolino illegalmente anche in Emilia-Romagna. E non sono passati inosservati.
Nella geografia criminale delle mafie italiane, l’Emilia-Romagna è divisa in tre zone: Bologna, l’Emilia e la Romagna. Tre realtà caratterizzate da un diverso livello di radicamento mafioso, come indicato dalla Direzione nazionale antimafia, sulla base dell’analisi di inchieste e indagini.
Mentre i clan di diversa provenienza hanno trovato nel capoluogo di regione una strana ma pacifica convivenza, dove nessuno ha il dominio sugli altri, dove i boss campani, quelli calabresi, ma anche i gruppi criminali stranieri, a Bologna convivono senza scontrarsi, a dominare in Emilia sono gli affiliati ai clan di Cutro. L’Altra ‘ndrangheta, come viene definita nel capitolo dedicato all’Emilia-Romagna della Relazione della Dna, si caratterizza con l’interesse a sfruttare determinati territori per trasferirne i proventi economici nelle zone di origine. In poche parole si “saccheggiano” le ricche province emiliane e la maggior parte dei soldi, ripuliti, vengono rimandati alla casa madre.
Dalle analisi criminali appare chiaro, invece, che la Romagna sia ormai finita nella morsa dei Casalesi. La loro fortuna è stata la droga, ma successivamente i boss hanno puntato a “diversificare” il mercato per ripulire e moltiplicare i proventi illeciti accumulati in Romagna, e non solo. A dimostrazione del cambio di marcia, un lungo articolo de Il Fatto Quotidiano del 4 aprile 2013, firmato da Martina Castigliani e Giulia Zaccariello, cerca di fare luce sugli interessi dei clan negli alberghi della Riviera. Su 2.400 strutture alberghiere censite nella provincia di Rimini – scrivono le due giornaliste – sono 200 quelle sulle quali si sta interessando la magistratura perché le modalità con cui sono state vendute o hanno cambiato gestione, risultano sospette.
Non manca nemmeno l’abusivismo edilizio a sfregiare il territorio emiliano-romagnolo. Soprattutto nella provincia di Rimini, dove l’assessore all’urbanistica ha recentemente reso pubblici alcuni dati interessanti: “Nei primi dieci mesi dell’anno (periodo 1° gennaio- 31 ottobre) l’attività di contrasto al fenomeno dell’abusivismo edilizio sul territorio provinciale da parte dei comuni ha prodotto complessivamente 220 denunce all’autorità inquirente competente (trasmesse alla Regione Emilia-Romagna e alla Provincia di Rimini), tra segnalazioni di irregolarità in materia edilizia e istanze di demolizione di manufatti non autorizzati. Nonostante il dato sia ancora parziale (mancano infatti i mesi di novembre e dicembre), si tratta di un numero in linea con il dato relativo all’anno precedente, quando al 31 dicembre si ebbero complessivamente 249 segnalazioni di abuso edilizio”.
“L’Emilia-Romagna, nonostante non sia tra le regioni più colpite, registra ogni anno un numero di reati ambientali sempre in crescita che ci costringe a tenere alta l’attenzione sull’illegalità”, afferma Marco Sebastiano, direttore di Legambiente Emilia-Romagna. “Una situazione che vede Legambiente in prima linea nella lotta ai reati ambientali, grazie al lavoro costante del CEAG, il Centro di Azione Giuridica di Legambiente. La nuova struttura regionale prosegue nell’impresa iniziata anni fa dal suo ex presidente, David Zanforlini, divenuto di recente il nuovo presidente nazionale della rete degli avvocati di Legambiente, a dimostrazione dell’ottimo lavoro svolto”.
Negli ultimi anni l’associazione è stata spesso impegnata come parte civile in numerose procedure processuali, che hanno preso il via molte volte dalle segnalazione e le denuncie effettuate dai volontari del Servizio di Vigilanza Ambientale: grazie all’opera di controllo e cura dei territori delle SVA, Legambiente monitora e contrasta le principali problematiche ambientali in tema di inquinamento e sversamento abusivo, smaltimento illegale dei rifiuti, escavazioni illecite, bracconaggio.