Ricercatori da tutto il mondo sono riuniti a Modena per tre giorni per una full immersion sulla pianta modello per i cereali Brachypodium distachyon. Organizzato dal Centro Interdipartimentale di Ricerche Genomiche – CeIRG dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia con il supporto del Centro E-Lerning d’Ateneo, l’appuntamento scientifico “1st International Brachypodium Conference”, si tiene presso il Complesso San Geminiano (via San Geminiano 3) da oggi, mercoledì 19, a venerdì 21 giugno con un fitto programma di relazioni che animeranno le sette sessioni in cui è stato suddiviso il convegno, al quale partecipano anche nove relatori ad invito.
Dopo il progetto di sequenziamento del genoma completato nel 2010, la comunità internazionale del Brachypodium è la prima volta che si riunisce per parlare degli sviluppi nell’ambito della diversità ed evoluzione del genoma, dei meccanismi di risposta a stress biotici ed abiotici, e di quelli essenziali per l’accumulo di biomassa ai fini bioenergetici. Il tutto in funzione della loro applicazione ai più complessi cereali quali il frumento e l’orzo. Il convegno accoglie anche studenti e giovani ricercatori.
A Modena presso l’Ateneo è molto attivo un gruppo di Produzioni Vegetali, guidato dal prof. Nicola Pecchioni, che è uno dei due soli team di ricerca che si dedicano a questa pianta modello nel nostro paese, assieme ad un secondo gruppo operante nella Scuola Sant’Anna di Pisa. Il gruppo di UNIMORE, tuttavia, è stato il pioniere italiano di studi sul Brachypodium, avendo iniziato ricerche fin dal 2007, ed è quello che ha ottenuto il numero maggiore di risultati sulla specie.
“Le ricerche compiute ed in atto tuttora presso il nostro Ateneo – spiega il prof. Nicola Pecchioni dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – puntano a scoprire i geni che consentono a questa specie di resistere a parassiti economicamente pericolosi, quali le ruggini dei cereali. Se verranno identificati, come si spera, a breve, geni simili a questi potranno essere selezionati nel grano e nell’orzo, per renderli naturalmente più resistenti, e quindi auto-protetti nei confronti di queste malattie, rendendo non necessari trattamenti chimici e, quindi, rendendo maggiormente sostenibile la loro coltivazione”.