“Non possiamo tacere, dobbiamo far sentire la voce dei tanti imprenditori modenesi che non ci stanno ad essere definiti ‘padroni delle ferriere’ quando invece lottiamo quotidianamente, con le unghie e coi denti, insieme ai nostri collaboratori, per non gettare la spugna in una situazione che da molte parti, evidentemente, non è compresa in tutta la sua gravità”. Sono parole di grande amarezza quelle di Enrico Malagoli, presidente del settore meccanico di Confimi Impresa Modena, con le quali interviene a commento di alcuni episodi che periodicamente riportano all’attenzione il problema del lavoro e della tenuta delle piccole e medie imprese del nostro territorio.
“Amarezza è dir poco – prosegue Malagoli – non so dire se sia più forte l’indignazione per un modo di rappresentare certi episodi o la vera e propria angoscia per situazioni drammatiche che evidentemente non sono correttamente conosciute e soppesate”.
“Mi sono deciso a questo intervento perché vedo sulla stampa una rappresentazione dell’imprenditore come il nemico senza cuore, e nello stesso momento vengo raggiunto dalla notizia di un altro imprenditore, di un altro amico, che si è tolto la vita perché non riusciva più a vedere un futuro per la propria azienda”.
“Di queste tragedie non si parla, forse anche per un giusto rispetto verso le famiglie, ma è pur ora di dire ciò che noi piccoli imprenditori passiamo: è mai possibile che solo nella mia cerchia di conoscenze, in pochi mesi sia già il terzo episodio?”.
“È ora di essere chiari, di far sapere che il problema è sì il lavoro che scarseggia, ma altrettanto grave è il fardello di costi e imposte che disincentivano gli investimenti, la scarsità del credito bancario, le insolvenze che a valanga si scaricano dal più grande sul più piccolo.”
“Io conosco i titolari della Firem, so l’impegno che da 50 anni mettono nel loro lavoro e gli affanni che li accomunano a tante piccole e medie imprese. Posso dire con certezza che il passo che hanno deciso di fare ha comportato una violenza su se stessi, che, lo voglio ripetere, sono persone per bene, attaccate al loro lavoro e tutt’altro che insensibili. La loro è semplicemente una scelta di sopravvivenza”.
“Voglio sperare che si capirà, quindi, se, quando leggo auspici circa l’arrivo di cavalieri senza macchia e senza paura che d’incanto risolvano tutti i problemi, be’, allora devo dire che mi chiedo se davvero al peggio non ci sia mai fine. Mi chiedo, in sintesi, cosa ci si possa aspettare da chi continua a disconoscere il valore economico e sociale dell’impresa, e dell’imprenditore che, quando entri in fabbrica non sei in grado di distinguerlo dall’operaio che gli lavora a fianco”.
“Questo noi sappiamo fare: lavorare, lavorare, lavorare. Ma siamo al limite, e quando vedo che le considerazioni fatte da chi dovrebbe creare le condizioni per rendere attrattivi gli investimenti nel territorio, sono aria fritta, non contengo più la mia rabbia e il mio dolore per chi ha sacrificato addirittura la vita”.