Un team di ricerca del Dipartimento di Beni culturali è al lavoro sui resti ossei rinvenuti in una tomba della necropoli di Pantanello, a Metaponto. L’individuo sepolto aveva un aspetto fuori dal comune, e nel corredo funebre è stato rinvenuto un antico strumento musicale.
La catalogazione archeologica della necropoli di Pantanello, nella zona di Metaponto, in Basilicata, la indica come sepoltura numero 336, ma per gli addetti ai lavori quella è semplicemente la “tomba del musicista”. Il curioso soprannome deriva dal rinvenimento, tra gli oggetti del corredo funebre, di un carapace di tartaruga, ideale cassa di risonanza per il barbitos, antico strumento musicale a corde simile alla lira. Il defunto era dunque un musicista? Le cose non sono così semplici.
La sepoltura numero 336 nasconde infatti un secondo elemento del tutto singolare: i resti ossei rinvenuti appartengono a una persona senza dubbio straordinaria, sicuramente fuori dal comune. Angela Bellia, assegnista di ricerca al Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna, li ha trasportati da Metaponto fino a Ravenna, dove saranno studiati grazie ad un accordo stipulato con la Soprintendenza della Basilicata.
“All’interno della tomba – racconta la ricercatrice – è stato trovato lo scheletro ben conservato di un individuo adulto, tra i 40 e i 50 anni, vissuto a metà del V secolo avanti Cristo. L’aspetto singolare è che questa persona era alta più di un metro e settantacinque centimetri, circa venti centimetri in più rispetto alla media del tempo. Agli occhi dei suoi contemporanei doveva apparire come ‘un gigante’”. Alcuni archeologi americani che hanno effettuato una prima analisi dei resti hanno ipotizzato che la persona sepolta potesse essere affetta da acromegalia, una malattia del sistema endocrino derivata da una produzione eccessiva dell’ormone della crescita, che nel tempo può anche risultare fatale. “Non sappiamo se l’acromegalia sia stata la causa della morte”, continua Angela Bellia. “È uno degli interrogativi a cui cercheremo di dare risposta”.
A coordinare il lavoro sui resti ossei ci sarà il prof. Giorgio Gruppioni, noto per aver ricostruito il volto di Dante a partire dalle sue ossa e che in questi mesi è impegnato in uno studio sull’identità della Gioconda. “Abbiamo in programma un lavoro di ricerca approfondito sullo scheletro che prevede scansioni, ricostruzioni digitali, analisi del materiale genetico”, spiegano i ricercatori del suo team. L’obiettivo è cercare di ricostruire lo status della persona sepolta nella “tomba del musicista” e in particolare quale fosse il suo ruolo all’interno della società dell’epoca. “Le persone di statura elevata svolgevano funzioni di primo piano nel contesto sociale, erano spesso investite di un ruolo sacro”, aggiunge Angela Bellia. Che poteva spiccare ad esempio all’interno dei circoli orfico-pitagorici diffusisi nella regione dopo l’arrivo, nel VII secolo a.C., dei coloni greci responsabili della fondazione di Metaponto.
Un ruolo di sacerdote o comunque di partecipante a riti sacri potrebbe in effetti spiegare la presenza del barbitos nella “tomba del musicista”: la musica era parte fondamentale dei momenti conviviali legati alla ritualità e alla religiosità del tempo. Ma anche in questo caso, la conclusione non è così scontata. “L’acromegalia ha portato alla malformazione delle ossa delle mani”, spiega ancora la ricercatrice. “Questo potrebbe aver reso difficile o addirittura impossibile suonare uno strumento musicale”. Cosa ci faceva allora quel guscio di tartaruga tra gli oggetti del corredo funebre? Un altro interrogativo a cui i ricercatori di Ravenna dovranno cercare di dare risposta.
Immagini: 1) Angela Bellia e Angelo Pompilio – 2) Angela Bellia e Giorgio Gruppioni