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Aumento IVA, Mazzi (PdL): “E’ un provvedimento contro la legge dei numeri e il buon senso: è come segare il ramo su cui si siede”

Dante_MazziSir Winston Churchill diceva che “Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico”. Questo simpatico aforisma dovrebbe far riflettere chi vorrebbe aumentare l’IVA dal 21 al 22%.

L’ulteriore aumento dell’aliquota rischia non solo di vanificare le attese di maggiori entrate fiscali, come dimostrato teoricamente dalla curva di Laffer e concretamente dalla reale diminuzione dei consumi, che costituiscono la base imponibile dell’imposta stessa, ma anche di produrre ulteriori effetti negativi su domanda interna, PIL e posti di lavoro.

Per spezzare la spirale della recessione in questa fase è indispensabile alimentare il circolo virtuoso investimenti-posti di lavoro-reddito alle famiglie-consumi con immissione di liquidità e non drenando risorse con l’aumento della pressione fiscale. Il miglioramento del rapporto debito pubblico/PIL, la fatidica soglia del 3%, si ottiene non solo con la diminuzione del numeratore ma anche con l’aumento del denominatore. Viceversa una caduta del PIL vanifica, anzi peggiora gli effetti della sola diminuzione del debito pubblico, peraltro minore rispetto alle aspettative.

Chi pensa di risanare i conti pubblici aumentando le imposte si illude: sta solo tagliando il ramo su cui scomodamente siedono famiglie e imprese.

Molto è stato detto in questi giorni sugli effetti dell’aumento dell’IVA per le famiglie.

In linea teorica l’aggravio di imposta dovrebbe pesare maggiormente su coloro che percepiscono redditi elevati.

Infatti, ad una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa. Tuttavia, la situazione si trasforma completamente se si confronta, come ha fatto l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, l’incidenza percentuale dell’aumento dell’IVA sullo stipendio netto annuo di un capo famiglia: l’aumento graverà più sulle retribuzioni basse e meno su quelle elevate. Inoltre a parità di reddito i nuclei familiari più numerosi subiranno le conseguenze più negative.

Chi pensa di sistemare i conti pubblici con la scorciatoia dell’aumento delle imposte dovrebbe pensare anche agli effetti negativi a carico degli enti pubblici, per i quali l’IVA è un costo non deducibile, esattamente come per i consumatori privati e di conseguenza ogni aumento rappresenta un ulteriore onere per bilanci pubblici già in sofferenza. Proviamo a pensare cosa significa un punto in più di IVA per la nostra Provincia e per i nostri Comuni impegnati nella ricostruzione post terremoto. Per i cittadini colpiti dal sisma e per gli Enti Locali sarebbe il danno dopo la beffa per i contributi che non arrivano e per la mancata concessione della No Tax area.

Alla fine paradossalmente, ma non troppo, anziché aumentare l’aliquota sarebbe addirittura auspicabile una riduzione dal 21 al 20%, la percentuale in vigore prima dell’aumento applicato nel 2012. Basterebbe solo leggere i numeri, usare il buon senso e… uscire dal secchio!

(Dante Mazzi, capogruppo PdL in Consiglio provinciale di Modena)

 

















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