Si stanno ricorrendo sul web e nel passaparola tra i lavoratori, notizie preoccupate circa la penalizzazione sul diritto a pensione che rischiano i lavoratori che si assentano dal lavoro per donare sangue. In altre parole, si teme che i mesi/giornate di permesso non saranno conteggiati a fini previdenziali così come previsto dalla riforma Fornero. La materia è complessa e il patronato Inca Cgil cerca di fare un po’ di chiarezza per evitare facili allarmismi e dichiarazioni inesatte.
Innanzitutto, si deve tener presente che chi va in pensione a 62 anni non ha nessun tipo di penalizzazione, quindi può continuare a donare il sangue senza temere decurtazioni dei propri diritti.
Per chi invece accede a pensione prima dei 62 anni, è bene sottolineare che tutti i periodi di assenza dal lavoro (escluse le astensioni per maternità obbligatoria, infortunio-malattia, servizio militare, cassa integrazione guadagni ordinaria) possono produrre penalizzazioni sul calcolo della pensione. Quindi, anche le donazioni di sangue, ma ancor più importanti sono i periodi di mobilità, cassa integrazione straordinaria, disoccupazione, permessi per assistenza ai disabili, ecc…
Certamente i pochi mesi/giornate di assenza per donazione sangue, possono essere recuperati dal lavoratore per evitare la decurtazione pensionistica (l’1% dell’importo per i primi 2 anni di anticipo rispetto ai 62 anni, 2% per i successivi anni), mentre gli anni di mobilità o cassa integrazione straordinaria – e sappiamo bene quanto sono aumentati in questi ultimi 5 anni i lavoratori interessati a questi ammortizzatori – non sono obiettivamente recuperabili!
Quindi si sta facendo un caso delle penalizzazioni per i lavoratori donatori di sangue, ma non sono certi gli unici e neppure i più colpiti !
Sono infatti certamente più consistenti i danni che subiscono altre categorie di lavoratori (in mobilità, in cassa straordinaria), per non dire di chi sta facendo i versamenti volontari per maturare il diritto a pensione, diritto che, se maturato prima dei 62 anni, determina obbligatoriamente una penalizzazione del calcolo della pensione.
Dal 2018, inoltre, tutti i periodi di astensione dal lavoro (quindi comprese le maternità, il servizio militare, l’infortunio e malattia) producono riduzione dell’importo di pensione se il diritto si matura prima dei 62 anni.
E’ evidente che queste misure penalizzano particolarmente i lavoratori precoci che maturano anagraficamente prima il diritto a pensione. Fra le ingiustizie certamente più sentite della riforma Fornero bisogna anche evidenziare il trattamento riservato ai lavoratori invalidi civili, per i quali lo sconto di anni lavorati è però colpito da riduzione del calcolo della pensione.
La Cgil di Modena e il patronato Inca ribadiscono perciò i tratti di iniquità della riforma Fornero che andrebbe rivista a cominciare dalla distinzione tra le tipologie di lavoro (usuranti e non) e incentivando chi resta al lavoro e ritarda il pensionamento, non invece decurtando gli importi pensionistici indistintamente.
(Cgil Modena – Inca Cgil Modena)