Dal Macrfrut di Cesena la Regione Emilia-Romagna lancia le proprie proposte per modificare le regole italiane di rilascio delle Dop e Igp, certificazioni europee che ancora oggi in Italia sono largamente sottoutilizzate, nonostante rappresentino uno strumento importante per valorizzare le produzioni agricole e agroalimentari di qualità di un territorio, come testimoniano diversi casi di successo in tutta Europa.
I dati parlano chiaro: il prodotto certificato Igp rispetto a quello standard è inferiore all’1% nel caso delle pesche e nettarine di Romagna, così per la pera Igp dell’Emilia-Romagna, mentre sale al 6,5% – una delle percentuali più elevate – per la patata di Bologna Dop. Il problema colpisce in particolare proprio l’ortofrutta, se si pensa che l’intera categoria degli ortofrutticoli e cereali rappresenta solo il 5,5% del fatturato nazionale dei prodotti Dop e Igp.
“Siamo di fronte a una potenzialità largamente inespressa e addirittura paradossale – ha sottolineato l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni – acquisire il riconoscimento di unicità e la tutela europea dalle contraffazioni richiede ai produttori impegno, tempo e denaro, ma una volta conquistato non viene più utilizzato se non marginalmente. Ciò accade anche perché la normativa italiana è inutilmente restrittiva rispetto a quella europea. Per questo chiediamo di rendere il sistema italiano che regola le Dop e Igp più rispondente alle esigenze del mondo produttivo”.
Tra le proposte illustrate da Rabboni in occasione del convegno “Dop e Igp – Prodotti di qualità: il motore del sistema ortofrutticolo europeo nel mondo” e che verranno sottoposte all’approvazione delle altre Regioni, del Ministero delle politiche agricole e del Parlamento, la possibilità “di far gestire ai produttori congiuntamente tutela dalle contraffazioni, programmazione produttiva, coordinamento commerciale e promozione”. Serve poi il superamento di alcune rigidità. Ad esempio la richiesta di documentare la storicità della produzione in un determinato territorio, non in riferimento alle tipologie frutticole (pere, mele, pesche, asparagi, ecc), ma a specifiche varietà di queste tipologie. “Le varietà possono cambiare in ragione delle richieste del mercato – sottolinea Rabboni – ciò che rimane inalterato e che fa la differenza è il legame di unicità di queste produzioni con il loro territorio.”
Da rivedere anche i sistemi di accreditamento e controllo degli organismi di certificazione per eliminare doppioni e ridondanze e un sistema sanzionatorio irrazionale che non distingue tra gravi e piccole inadempienze.