“Confindustria Ceramica punta ad un rinnovo contrattuale unitario, che tenga conto della difficile realtà, della diversa competitività di imprese che operano a livello internazionale, degli esuberi strutturali esistenti e delle necessarie tutele di welfare. Un CCNL, che nel solco degli accordi interconfederali, sia capace di percorrere esperienze contrattuali innovative, cosa che la ceramica italiana ha già dimostrato di saper fare nel passato”. Con queste parole Enzo Mularoni, Presidente della Commissione Sindacale dell’Associazione commenta la situazione relativa al rinnovo contrattuale.
Ci sono fattori oggettivi da cui non si può prescindere. La crisi strutturale ha ridotto, dal 2008 in poi, la produzione nazionale di 130 milioni di metri quadrati anche a causa del crollo del 50% del mercato edile italiano; la produttività per addetto in Italia è di 17.000 metri quadrati anno rispetto ai 26.000 metri quadrati spagnoli; il delta negativo nei costi ci costringe a vendere a prezzi superiori dell’80% a quelli spagnoli e del 150% rispetto a quelli dei paesi in via di sviluppo. Questa situazione porta ad avere esuberi strutturali per oltre 3.000 lavoratori mentre gli ammortizzatori sociali, che interessano 10.000 lavoratori – e che hanno visto il settore ceramico nazionale pioniere nell’utilizzo di formule utili anche a salvaguardare le professionalità –, stanno esaurendo le risorse.
In questo contesto l’industria ceramica italiana continua a credere nelle proprie prospettive con investimenti in Italia superiori al 5% del proprio fatturato: 255 milioni di euro nel solo 2012, e con cifre simili in ciascuno degli ultimi cinque anni. Mentre il mercato crollava, l’industria ceramica italiana ha continuato ad investire. Una scelta che ci ha consentito di mantenere, a fatica, la leadership del commercio mondiale in valore con il 35% e di sviluppare percorsi di vera internazionalizzazione produttiva, necessaria per servire dall’interno quei mercati esteri, e non per chiudere gli stabilimenti in Italia.
Confindustria Ceramica crede nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro quale strumento fondamentale per tutelare competitività ed occupazione, da sottoscrivere su basi unitarie avendo la reale consapevolezza della gravità della situazione. Richiedere 130 euro di aumento, cifra addirittura superiore al precedente rinnovo ed in forma fissa, significa far finta che nulla sia successo. Siamo disposti ad investire risorse e a trattare aumenti salariali che, per quanto definiti nel CCNL, tengano conto delle singole situazioni settoriali ed aziendali. L’obiettivo principale rimane quello di destinare quelle risorse economiche, che settori ed aziende possono mettere in campo, al recupero della competitività aziendale, ma anche facendo in modo che quanto pagato dalle imprese diventi il più possibile reddito disponibile per i lavoratori.
La gravità e straordinarietà della situazione, che ha nell’incertezza l’unica cosa sicura, richiede di mettere da parte i preconcetti e che ciascuno si assuma la responsabilità che gli competono: la storia delle relazioni industriali di questo settore ha già dimostrato, in passato, queste capacità, necessarie – ancora una volta – oggi.