La mostra ‘Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune’, curata dall’associazione Euresis e dalla Fondazione Lejeune in collaborazione con l’associazione Medicina e Persona e col Centro Culturale Crossroads, giunge a Modena per iniziativa di un gruppo di associazioni locali, col patrocinio dell’U.S.R. Emilia Romagna, del Comune e della Provincia di Modena, dell’Ordine dei Medici. Sarà esposta a Modena dal 9 al 16 novembre 2013 al Centro Servizi della Facoltà di Medicina (presso il Policlinico), dal 18 al 20 novembre presso l’ITIS Corni, dal 21 al 24 novembre presso il Liceo Tassoni.
Nella sua prima parte il percorso ripercorre l’avventura umana e scientifica del genetista Jérôme Lejeune, pioniere della citogenetica e scopritore del nesso tra sindrome di Down e trisomia 21.
La figura di Lejeune colpisce per la profonda cultura e la genialità che lo contraddistinguono, e che appaiono come sue prerogative personali; tuttavia ci colpisce ancora di più la sua posizione di fronte alla verità di ciò che via via andava scoprendo. L’intelligente attenzione di Lejeune alle malattie genetiche (in particolare alla trisomia 21), e i conseguenti, eccezionali progressi da lui promossi in tale ambito di ricerca, emergono come frutto del suo interesse profondo per ciò che studiava, suscitato da una sincera passione per le concrete persone dei pazienti che incontrava. Un interesse “innamorato” dell’oggetto e della sua verità, capace di contemplare la realtà delle cose e delle persone e desideroso di lasciarla manifestare per come essa veramente è, sacrificando ogni opinione preconcetta. Questa posizione umana di Lejeune ha un’evidente portata conoscitiva e scientifica, ma anche, inestricabilmente connesso, un chiaro spessore morale: si tratta di un punto su cui chiunque può sentirsi sfidato. La sua stessa attività di medico e ricercatore appare mossa da un esubero, un “di più” che preme: l’aver incontrato, dietro e dentro la patologia, delle persone vere, lo ha convinto di non poter tacere e lo ha spinto a prendere nettamente posizione a favore dell’evidenza che aveva riconosciuto, e cioè a favore di ogni singola persona umana, per quanto sofferente questa potesse essere. Nei suoi piccoli pazienti Lejeune ha sempre riconosciuto il desiderio di compimento che animava anche lui, e la possibilità di una vita comunque e misteriosamente piena e ricca. Pur constatando che le sue scoperte iniziavano ad essere utilizzate in una direzione che egli non poteva accettare, Lejeune non ha mai smesso di fare ricerca nella speranza di individuare una terapia per i bambini affetti da patologie genetiche (è in questo ambito che emerge, ad es., l’intuizione della connessione tra acido folico e prevenzione della spina bifida).
A partire da questa affascinante figura di uomo, scienziato e medico, la seconda parte della mostra espone in modo rigoroso e puntuale alcuni tra i più recenti sviluppi della genetica, non nascondendo i radicali interrogativi da essi aperti rispetto agli scopi della genetica stessa e alle sue reali possibilità. Campeggia sullo sfondo la posizione di Lejeune sull’uomo: nessuno è definito dal suo limite; il patrimonio genetico, la malattia o la disabilità non sono mai la misura ultima di una persona.
I punti di interesse di questa mostra sono molteplici: la bellezza dello sguardo di Lejeune nei confronti dei suoi pazienti, la sua passione per la ricerca scientifica e l’intreccio tra i due aspetti; il modo in cui, a partire dalla sua testimonianza e seguendo gli sviluppi della genetica clinica, nella mostra viene messa a tema e indagata la natura umana con il suo inesauribile fondo di mistero.