È il bilancio di previsione del Comune per il 2014 a focalizzare l’attenzione di Confesercenti: “Agli elementi di critica emersi nei confronti di una determinata impostazione, occorrerà ora introdurre anche forti dosi di realismo”, fa sapere Mauro Salvatori presidente dell’Associazione per l’area di Modena.
“E’ indubbio, almeno a nostro parere – chiarisce Salvatori, facendo partire la sua riflessione su Hera – che la presenza del Comune nel Cda di Hera si presta ad alcuni interrogativi, come sulla questione che è labile il distinguo tra il ruolo istituzionale di difesa degli interessi generali della collettività e al tempo stesso il ruolo di percettore dei dividendi (9 milioni di euro nel 2012) che i bilanci positivi della multiutility hanno garantito ai soci. Questa dicotomia è accentuata dal fatto che il costo di smaltimento dei rifiuti per le imprese è costantemente lievitato negli ultimi anni, senza alcun miglioramento tangibile dei servizi erogati. E pensare che al momento del passaggio dalla municipalizzata alla multiutility, ci fu spiegato che cittadini e imprese avrebbero beneficiato di un servizio migliore a costi più contenuti”.
“Ora il tema – prosegue Salvatori – non è quello di uscire dal Cda di Hera, (il rapporto più corretto tra proprietà delle reti e gestione delle medesime andava posto all’atto della fusione), bensì quello di esercitare una funzione di controllo sui bilanci di Hera, entrando eventualmente nel merito di ridondanze e sprechi che se presenti inevitabilmente finiscono per ricadere sulle tasche di cittadini e imprese. Ruolo di controllo, a cui sarebbero tenuti i consiglieri nominati pubblicamente, che ancora però fatichiamo a cogliere. Così come sarebbe auspicabile, in un momento di grave crisi economica come quello attuale, ridurre di almeno la metà le indennità percepite dai consiglieri di nomina pubblica”.
“Dove sarebbe dunque possibile recuperare risorse dal Bilancio del Comune da destinare allo sviluppo?”. Salvatori indica alcune ipotesi che potrebbero essere realisticamente percorribili a partire dall’avvio del processo di unificazione con i comuni limitrofi e quindi dei principali regolamenti delle politiche locali (da quello urbanistico-edilizio, alle autorizzazioni ambientali, all’Imu-trise-Tari-Tasi etc.), e dalla rivisitazione di alcuni capitoli di bilancio operando sulle voci legate a quei servizi che la legge sul federalismo fiscale reputa non indispensabili.
“Fondamentale quindi sarebbe introdurre elementi di razionalizzazione fin dal Bilancio previsionale del 2014. Che consentirebbero abbiamo calcolato, di recuperare risparmi complessivi per 6 milioni e 750mila euro da indirizzare allo sviluppo e quindi alle imprese”.
Di seguito alcune delle voci tra quelle individuate dal presidente di Confesercenti per l’area della città di Modena sulle quali sarebbe opportuno intervenire:
– Alle funzioni generali di Amministrazione, gestione e controllo che avevano una previsione per il 2013 di 42 milioni e 797mila euro si potrebbero apportare per il 2014 riduzioni di spesa per 1 milione e 350mila euro intervenendo su: personale, acquisto servizi, affitti, fondo riserva, riorganizzazione;
– Alle funzioni relative alla Giustizia a fronte di una previsione per il 2013 di 1 milione e 44mila euro si potrebbero apportare tagli per 300mila euro, negoziando la differenza tra costi effettivi e rimborsi ministeriali;
– Alle funzioni di Istruzione Pubblica a fronte di una previsione di spesa per il 2013 di 34 milioni e.933 mila euro si potrebbero apportare riduzioni per un milione e 300mila euro intervenendo su: ulteriori passaggi da gestione diretta a convezione e personale;
– Alle funzioni nel settore sociale a fronte di una spesa previsionale di 69 milioni e 290mila euro per il 2013 si potrebbero operare riduzioni per 2 milioni di euro nel 2014 intervenendo su personale e acquisto di servizi per minori,
Non tralascia nemmeno il capitolo scuola modenes,e Salvatori, definendola un’eccellenza nel panorama nazionale ed europeo, oltre che indispensabile per il futuro dei giovani e della città. “Sono da evitare fughe ideologiche verso la totale privatizzazione del servizio. Ma riteniamo che sull’esternalizzazione del servizio medesimo si possa ancora fare qualcosa, con giudizio però e senza snaturare il ruolo di una funzione che ha dato in termini formativi e didattici prove di eccellenza”.
“Quello che invece ci sentiamo di sostenere, a fronte delle difficoltà in cui versano le finanze pubbliche e la difficile costruzioni dei bilanci comunali, è una riflessione sul welfare locale. In Italia al diffondersi del mito di un universalismo che rifiuta qualsiasi forma di selettività, ha contribuito alla scarsa consapevolezza della crisi finanziaria dello stato sociale che si profilava già a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. Il problema della copertura della gratuità generalizzata dei servizi è sempre stato sottovalutato. Ecco perché occorre cambiare, introducendo elementi di selettività nell’erogazione dei servizi, laddove il reddito e i patrimoni devono costituire un differenziale importante da chi ha redditi insufficienti e patrimoni inesistenti. A tutti devono essere erogati i servizi dello Stato sociale, ma non possono essere per tutti gratuiti. Vanno identificate quindi soglie di esenzione in base al reddito/patrimonio, ai figli a carico, etc.. La questione è delicata e non tanto e non solo perché si tratta di rivedere impostazioni culturali in conflitto con un modo di pensare diffuso e prevalente nella nostra società. Ma perché richiede una compartecipazione ai costi da parte delle categorie più abbienti se vogliamo mantenere uno standard di servizio elevato e universale. Diversamente, il peso della pressione fiscale sui contribuenti e sulle imprese sarà destinato a salire ulteriormente, fino a determinarne l’implosione”, conclude Salvatori.