Associazione per delinquere ed agevolazione dell’ingresso di cittadini stranieri mediante il sistema dei decreti relativi ai flussi migratori per lavoro stagionale. Questi i capi di imputazione contestati ad alcuni titolari di imprese agricole della provincia di Modena, ad impiegati di studi di consulenza e ad un soggetto che presta la propria attività lavorativa presso un’associazione di categoria.
Dalle prime ore della mattinata odierna, è in corso un’operazione anticrimine condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Modena, in collaborazione con la Direzione Territoriale del Lavoro di Modena – Servizio Ispezione del Lavoro e con l’Inps del predetto capoluogo.
Quindici le persone indagate (di cui 6 arrestate e 9 soggette a perquisizioni domiciliari), sei, come detto, le ordinanze di custodia cautelare (di cui 2 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) emesse dal Gip presso il Tribunale di Modena, su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo emiliano. A tre degli stessi (2 italiani ed un pakistano) è stato contestato il reato di associazione per delinquere.
Le indagini, avviate nella primavera del 2012, hanno consentito di individuare un gruppo criminale composto da cittadini italiani e pakistani, uniti in associazione per delinquere finalizzata ad agevolare l’ingresso e la permanenza di clandestini sul territorio nazionale mediante la presentazione di richieste fittizie di assunzione di lavoratori stranieri stagionali a tempo determinato presso aziende agricole presenti sul territorio modenese.
E’ emerso, altresì, che il gruppo criminale faceva giungere sul territorio dell’Unione Europea, attraverso il nostro Paese, cittadini originari del Pakistan, dell’India, del Bangladesh e di altri Stati del sud-est asiatico, approfittando dei flussi stagionali di lavoratori da destinare al settore agricolo, grazie ad alcuni titolari di aziende agricole compiacenti evitando, in tal modo, il ”tradizionale” viaggio mediante l’utilizzo di scafi e barche provenienti dal Nord Africa.
Tale organizzazione provvedeva, altresì, ad avviare la procedura telematica per il rilascio del visto di ingresso presso l’ambasciata italiana competente per territorio.
Dopo aver ottenuto il visto in questione e dopo aver fatto ingresso in Italia, senza iniziare l’attività lavorativa per la quale avevano fatto ingresso regolare nel nostro Paese, gli stranieri (ad eccezione di poche unità che hanno prestato attività lavorativa per pochi giorni), lasciavano scadere la predetta autorizzazione, dandosi alla clandestinità spostandosi, nella maggior parte dei casi, in altri Paesi europei.
Nel corso delle indagini è stato possibile appurare che per l’ottenimento del visto di ingresso in area Scenghen, ogni cittadino straniero versava una quota variabile tra i 10.000 ed i 15.000 dollari, 3.000 dei quali erano destinati al datore di lavoro compiacente. La restante cifra, invece, era distribuita tra i vari componenti dell’organizzazione.
Dall’indagine è stato accertato che tutti i componenti il gruppo hanno movimentato, ognuno con specifico capo di imputazione, alcune migliaia di visti di ingresso di cittadini stranieri.