Era il dicembre 2009 quando, in occasione della Gaza Freedom March, abbiamo provato ad entrare a Gaza ma siamo stati subito bloccati al Cairo dalla polizia di Mubarac e tenuti quasi in ostaggio per tutto il periodo. Lottando, purtroppo senza riuscirci, con ogni mezzo democratico possibile per riuscire a rompere quell’embargo che da anni attanaglia Gaza.
Quest’anno, invece, la delegazione “Per non dimenticare…il diritto al ritorno” composta da ventisette volontari tra cui i tre modenesi, Goretta Bonacorsi, Mirca Garuti e Flavio Novara, è riuscita ad entrare a Gaza nonostante l’embargo. Grazie anche al contributo, presenti al Cairo nei primi giorni, di altri due modenesi Franco Zavatti e Ivano Poppi.
Obiettivo è stato consegnare gli aiuti (offerte economiche e medicinali) all’ospedale Al Awda e manifestare solidarietà con il popolo palestinese ribadendo il loro diritto a tornare nelle terre d’origine.
Israele continua, infatti, la sua politica d’espansione coloniale verso sui territori occupati di Palestina violando tutti gli accordi internazionali e applicando una vera e propria politica repressiva che abbiamo potuto constatare personalmente. Un embargo che sta costringendo un milione e ottocento mila persone a vivere senza i minimi generi di necessità, come l’acqua potabile o la corrente elettrica, erogata per poche ore al giorno.
Nei giorni passati nella striscia abbiamo assistito all’azione delle motovedette israeliane mitragliare gli scafi dei pescatori all’interno dello spazio marino consentito. Abbiamo constatato il bombardamento inutile di campi inutilizzati per terrorizzare i cittadini di Gaza, come bevuto acqua potabile ormai salmastra e non migliorabile a causa dell’embargo che impedisce di dividere ed evacuare, in interi quartieri, le acque reflue che finiscono così per allagare case ed inquinare la poca acqua potabile rimasta. Soprattutto abbiamo provato cosa significa vivere in una prigione a cielo aperto dove ad un’intera nazione non è consentito entrare ed uscire dal suo territorio. Noi siamo stati prigionieri nella striscia per soli sei giorni, nulla rispetto a quello che da anni subiscono i palestinesi.
Possiamo riportare le testimonianze dell’uccisione di contadini disarmati, colpiti dai cecchini di frontiera israeliana, nonostante l’interposizione dei volontari internazionali, mentre raccolgono i frutti del loro lavoro. Come possiamo documentare i palloni sonda che sorvolano il territorio fotografando tutto e tutti.
A questo va aggiunto la periodica chiusura del valico di Rafah, importante transito per Gaza e la distruzione da parte dell’esercito egiziano, a causa del suo contrasto con il governo di Hamas, di oltre trecento tunnel attraverso i quali giungono a Gaza viveri ed altre cose di prima necessità.
Per noi è stato fondamentale giungere a Gaza e di questo ringraziamo anche l’ambasciata italiana ed in particolare il dott. Fava e Modiano, per il contributo importante di mediazione svolto nei confronti del governo egiziano, perché quel territorio occupato rappresenta uno degli aspetti centrali del dramma del popolo palestinese. Di tutto ciò le responsabilità sono precise e chiare: se da una parte c’è l’occupazione israeliana (che non deve essere mai dimenticata), dall’altra ci sono le complicità degli stati arabi e dei governi occidentali che su questa regione giocano interessi geopolitici di portata mondiale. Un ruolo di cui Hamas, con il suo governo teocratico, ne è parte integrante. Denunciamo al contempo le complicità del nostro governo e dell’Egitto nell’accettare passivamente il perpetuare su Gaza un embargo criminale e illegale.
Noi crediamo di aver portato a termine il nostro impegno in solidarietà con il popolo palestinese. A quelle donne e quegli uomini che vivono tanto a Gaza e in Cisgiordania, quanto nei miseri campi in Libano, Siria e Giordania. Con la nostra azione abbiamo sopratutto voluto denunciare come tutto ciò accade nel più assoluto silenzio e complicità della comunità internazionale.
“Comitato per non dimenticare…il diritto al ritorno”