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L’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia per il ‘Giorno della Memoria’

Un duplice appuntamento, preceduto dalla deposizione di una corona d’alloro davanti alla lapide che ricorda nell’atrio del Palazzo del Rettorato i 6 docenti dell’Ateneo allontanati dall’insegnamento accademico per ragioni razziali, segna la partecipazione dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia al ricordo dell’abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, dove furono rinchiusi e perirono oltre un milione di ebrei, una data storica che nel 2000 è stata proclamata “Giorno della Memoria”.

Il 27 gennaio, alle ore 10.00, nella sede centrale dell’Università a Modena (via Università 4) il Sindaco della città prof. Giorgio Pighi ed il Rettore prof. Angelo O. Andrisano, presenti i rappresentanti della Comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia e delle associazioni partigiane, deporranno una corona d’alloro sotto il portico del cortile del Palazzo, dove è collocata la lapide a ricordo dei 6 docenti modenesi allontanati nel 1938 dall’insegnamento a seguito della promulgazione delle leggi razziali volute dal regime fascista: il filosofo del diritto Benvenuto Donati, il penalista e processualpenalista Marcello Finzi, la farmacologa Angelina Levi, il chimico Maurizio Leone Padoa, l’anatomopatologo Enrico Ravenna, l’igienista Alessandro Seppilli.

Successivamente alle ore 10.30 per iniziativa dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali e dell’Istituto Storico di Modena sarà ospitato un seminario, aperto dal saluto del Rettore prof. Angelo O. Andrisano, che mira ad approfondire e comprendere come il fenomeno del razzismo non sia rimasto un fatto circoscritto alle dittature tedesca ed italiana, ma abbia attecchito anche nella patria dell’illuminismo. “Propaganda e creazione del consenso nella Francia di Vichy (1940-1944)” è l’argomento introdotto dal prof. Alfonso Botti, docente di Storia contemporanea all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, che precederà la conferenza della prof. ssa Irene Di Jorio dell’Université Libre de Bruxelles (Belgio). L’appuntamento sarà coordinato da Giulia Ricci dell’Istituto Storico di Modena.

“Gli anni di Vichy (1940-1944) – spiega il prof. Alfonso Botti dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – rappresentano il lato più oscuro della storia francese del Novecento.

Dopo la disfatta militare e politica del 1940 lo stato collaborazionista guidato dal maresciallo Pétain va ben oltre il ruolo, tradizionalmente assegnatogli dalla vulgata storiografica, di istituzione fantoccio funzionale al dominio tedesco. Nella persecuzione degli ebrei come nel contrasto alle forze della Francia libera e della Resistenza, ma anche sul piano più direttamente politico della costruzione e promozione del consenso a favore della Rivoluzione nazionale, antidemocratica e antiliberale, il governo di Vichy mostra una autonomia e una capacità di iniziativa originale che costringono ancor oggi non solo la comunità degli storici a interrogarsi sul senso profondo della <fascistizzazione> della Francia e dell’Europa occidentale tutta fra gli anni Trenta e il fuoco della Seconda guerra mondiale”.

Nel pomeriggio alle ore 16.00, sempre per iniziativa dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali e dell’Istituto Storico di Modena alla Galleria Europa di Piazza Grande si proseguirà con la conferenza, presieduta da Giuliano Albarani dell’Istituto Storico di Modena, su “Vendere Vichy (1940-1944). La Collaboration d’Etat fra problemi d’immagine e propaganda”, che proporrà un intervento del prof. Lorenzo Bertucelli dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e della prof. ssa Irene Di Jorio dell’Université Libre de Bruxelles (Belgio).

“Non possiamo dimenticare – commenta il Rettore prof. Angelo O. Andrisano – a settantacinque anni dalla promulgazione delle leggi razziali in Italia, il significato ed il prezzo pagato per un provvedimento che ha avviato una stagione di odio e di disprezzo, innalzando steccati di incomprensione all’interno della società e delle stesse comunità civili. Anche l’Ateneo di Modena dovette piegarsi alla volontà del regime e assistette all’allontanamento dall’insegnamento di 6 suoi docenti tra i più stimati. Ricordandoli vogliamo riparare agli ingiusti torti patiti da questi colleghi e dei tanti ebrei che finirono i loro giorni nei campi di sterminio, ma vogliamo richiamare anche la comunità universitaria ed accademica ad unirsi nella riflessione, perché cresca in tutti noi la consapevolezza non solo che ciò non si dovrà ripetere, ma che le differenti fedi religiose o l’appartenenza a culture diverse non possono essere motivo di divisione tra i popoli e non giustificano atti di sopraffazione”.

 

















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