Si svolgerà domani a Bologna, organizzato dalla Società Italiana di Medicina Generale, un convegno sui problemi della tiroide e dell’ipotiroidismo, la più diffusa malattia che colpisce questa ghiandola. L’ipotiroidismo colpisce il genere femminile nell’80% dei casi con picchi fino al 10-15% nel periodo post-menopausale.
“Il territorio emiliano-romagnolo è caratterizzato da un’importante carenza iodica che si ripercuote sulla salute della tiroide; sono oltre 220.000 in Emilia-Romagna afferma Gerardo Medea, Responsabile Area Metabolica SIMG le persone colpite da ipotiroidismo. Le malattie della tiroide sono molto diffuse e, secondo i dati dell’ultimo rapporto Health Search realizzato dall’istituto di ricerca della SIMG, tra i nostri assistiti le persone con ipotiroidismo rappresentano già oggi una quota importante, 1 su 20, e l’ipotiroidismo è una tra le più abituali cause di contatto con il medico di famiglia che è chiamato a riconoscerne i primi segni per l’invio al consulto dello specialista endocrinologo. Ma, dopo la diagnosi e l’impostazione della terapia, il medico di medicina generale è responsabile della gestione complessiva del paziente e, con l’obiettivo di dare risposte sempre più appropriate, SIMG, in collaborazione con gli specialisti, ha identificato i temi di maggiore interesse e ha avviato un percorso di aggiornamento e approfondimento per la gestione quotidiana dei pazienti” conclude Medea.
La difficoltà nel fare una diagnosi precoce di ipotiroidismo è legata alla non specificità dei sintomi: una tiroide che funziona poco è responsabile di modificazioni metaboliche con ricadute importanti sullo stato di salute ma con sintomi comuni anche ad altre patologie, quali affaticabilità, persistente sensazione di freddo, disturbi sulla funzionalità intestinale, crampi muscolari, variazioni dell’umore, disturbi sulla sfera sessuale e riproduttiva e problemi sul sistema cardio-vascolare.
“L’ipotiroidismo è trattato con dosi personalizzate di levotiroxina, l’ormone sintetico della tiroide, aggiunge Medea, è una terapia semplice ma che comporta un monitoraggio continuo da parte del medico per verificare che la terapia resti efficace nel tempo anche in presenza di modificate condizioni del paziente”.
Recenti studi hanno evidenziato che l’assorbimento della levotiroxina, che va assunta la mattina almeno 30 minuti prima della colazione, è compromesso dalla presenza di altre sostanze, quali cibo, altri farmaci o in presenza di patologie parallele che possono interferire con l’assorbimento del farmaco e per questo motivo le nuove formulazioni, quella in soluzione liquida e quella in capsule molli, migliorando il profilo farmacocinetico dell’ormone e rendendone più stabile e riproducibile l’assorbimento, offrono migliori garanzie per il paziente.
La levotiroxina in forma liquida è in grado di superare i problemi legati ad una non corretta assunzione del farmaco, alla presenza di problemi gastrici, all’assunzione di farmaci antiacido, nei casi di celiachia e di intolleranza al lattosio. La levotiroxina in capsule molli è disponibile in 12 diversi dosaggi che rendono possibile un dosaggio a misura per ciascun paziente e l’assunzione di una sola capsula al giorno qualsiasi sia il dosaggio necessario. Ed infine, le capsule molli sono apprezzate dai pazienti perché insapori e, soprattutto, facili da deglutire.
Va ricordato che la tiroide, per funzionare bene ha bisogno di iodio la cui supplementazione con l’utilizzo di sale iodato in cucina e raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Ministero della Salute.
Infine è bene controllare la funzionalità tiroidea ogni qual volta ci sia un sospetto o in caso di familiarità per patologie tiroidee. In particolare la tiroide, va monitorata nelle donne che desiderano una gravidanza, perché il corretto funzionamento della tiroide è responsabile di un buon esito della gravidanza e della salute e dello sviluppo neurologico del nascituro.
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