Il mercato del Parmigiano Reggiano continua a dare segnali negativi per quanto riguarda le quotazioni nella prima fase della filiera e si stanno ipotizzando misure di varia natura per risollevare questo andamento: occorre un mix di interventi incisivi che riducano stabilmente il surplus produttivo”. Lo sollecita Cristiano Fini, presidente della Cia di Modena, ricordando che se la situazione del settore si dovesse prolungare nel tempo potrebbe mettere a rischio diversi allevamenti da latte della zona tipica di produzione.
Ritiro dal mercato di 90.000 forme di produzione 2013, di cui 70.000 a 18 mesi di stagionatura e 20.000 a 12 mesi; rafforzare ed estendere i sostegni alle vendite nella Gdo italiana; intensificazione dei controlli sul prodotto grattugiato: sono intanto le decisioni già assunte dal Consorzio, che a novembre intende proporre ulteriori interventi, costituiti da una diminuzione temporanea della quota mungibile del 5% e accesso alla riserva per i soggetti che hanno subito richiamo di quota munta in affitto nel 2010, con attribuzione di questa quota in misura del 50% nel 2015 e la rimanente nel 2016. “Il calo dei consumi in Italia, seppur inferiore ad altri formaggi e con segnali d’arresto secondo le rilevazioni più recenti, viene sì compensato dal buon andamento delle esportazioni (oltre 5% di aumento), ma i due risultati sommati si elidono – commenta Fini – non andando ad intaccare la produzione eccedente, in un settore come quello del nostro formaggio dove anche piccole variazioni possono innescare notevoli scossoni sui prezzi”.
E’ opinione della Cia che da parte del sistema Parmigiano Reggiano vadano approfonditi i diversi interventi possibili, nessuno dei quali singolarmente potrà essere risolutivo, ma che vanno portati avanti in blocco in modo da arrivare al risultato desiderato. “In questo senso va applicato con rigore il piano produttivo, si devono ampliare le azioni promozionali verso il mercato interno, si deve ampliare ulteriormente la vendita all’estero – conclude Fini – e tutte queste azioni, come anche la revisione del disciplinare sempre più rigorosamente orientato ad affermare la qualità del nostro formaggio, non possono partire che da una decisione condivisa da parte dei caseifici e degli allevatori, nella consapevolezza che in queste direzioni si deve investire, ma che quel che si spende eventualmente oggi può rientrare rapidamente se recuperano le quotazioni del formaggio a livelli accettabili”.