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Modena, il Sindaco Muzzarelli: “Il Giudice Di Matteo uno di noi”

Consiglio-Di-Matteo“Oggi il giudice Antonino Di Matteo, uno dei più forti simboli della lotta contro le criminalità organizzate e per la legalità, diventa ‘uno di noi’. Non solo la comunità e la città di Modena, ma tutta la provincia, si stringono simbolicamente attorno a lui”. Con queste parole il sindaco Gian Carlo Muzzarelli ha salutato il giudice antimafia Antonino Di Matteo nella seduta del Consiglio comunale del 2 marzo, ringraziandolo per aver accettato la cittadinanza onoraria di Modena anche a nome degli altri Comuni che avrebbero voluto conferirgli lo stesso riconoscimento. Alla seduta hanno partecipato il prefetto Di Bari, il questore Capocasa, il procuratore aggiunto Musti, il senatore Vaccari (componente della commissione Antimafia), l’assessore regionale alle Politiche per la legalità Mezzetti, Enza Rando della presidenza di Libera, autorità civili e militari, sindaci e assessori dei Comuni di Castelfranco, San Cesario, Soliera, Bastiglia, Riolunato, Fiorano, Formigine, Bomporto, Nonantola, Prignano, Maranello, Ravarino e molte persone che hanno affollato le sale messe a disposizione in Municipio.

Dopo aver ricordato la conferma giunta dall’indagine Aemilia della fondatezza dell’allarme da tempo lanciato dalle istituzioni democratiche circa le infiltrazioni della criminalità organizzata sul nostro territorio, il sindaco ha sottolineato l’impegno a far fronte comune – istituzioni, associazioni, imprese e cittadini – per assicurare legalità e trasparenza attraverso impegni concreti e diffondendo la cultura e l’educazione per la legalità. “Dobbiamo essere noi ad accendere i riflettori e a vigilare. Modena è città Medaglia d’oro al valor militare per la resistenza e i valori di libertà, democrazia e legalità, che sono parte essenziale del carattere della nostra città si vedono e si vedranno anche in questa sfida. La legalità – ha continuato Muzzarelli – non è solo il rispetto delle leggi, è di più: è quel patto di lealtà tra un individuo e la comunità a cui si sente legato. Quando vincono le mafie non solo vince la violenza e l’oppressione ma un intero territorio perde aria, perde speranza, mancano libertà di lavoro e libertà economiche. Da sempre la forza della mafia è quella del silenzio, dell’omertà, della solitudine in cui viene lasciato chi la combatte. Noi non commetteremo questo errore, e la cittadinanza onoraria di oggi è un altro riflettore acceso”.

Ad aprire la seduta è stata la presidente del Consiglio comunale Francesca Maletti che, dopo aver letto un brano della toccante lettera scritta da Di Matteo al giudice Paolo Borsellino e letta il 19 luglio 2011 in via D’Amelio, sul luogo della strage in cui il giudice ha perso la vita, ha insistito: “Oggi per noi il conferimento della cittadinanza onoraria significa dire, ad alta voce, che siamo quegli italiani che non si vogliono rassegnare, che vogliono stare accanto alle donne e agli uomini servitori dello Stato che fanno pienamente il loro dovere e hanno il coraggio di combattere le mafie. E diciamo a tutti i mafiosi che il giudice Di Matteo è un nostro cittadino che accudiremo e al quale consegniamo le chiavi della città e che non sarà mai ospite ma pienamente cittadino modenese”.

La presidente si è quindi rivolta “all’uomo e al magistrato Di Matteo che ha scelto di vivere il suo lavoro con il vizio di scavare in profondità per cercare la verità e affermare la giustizia, un servitore dello Stato che ci siamo abituati a conoscere dalle sue azioni – ha continuato ricordando le parole di Giovanni Falcone (“Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni, non le parole), dalla sua condotta sempre chiara e trasparente, dalla sua grande professionalità”.

La presidente si è quindi unita al sindaco nel ringraziare don Luigi Ciotti, presidente di Libera e presente alla seduta, “per tutto quello che fa, per averci insegnato di cosa ha paura la mafia”, e la Procura Distrettuale Antimafia di Bologna per le importanti indagini condotte sul nostro territorio, sottolineando però che “le istituzioni devono agire con l’etica della responsabilità perché devono essere credibili e hanno l’altrettanto importante compito di darsi strumenti di trasparenza che dimostrino che lo Stato è più potente delle mafie”.

DON CIOTTI: “RISVEGLIAMO LE COSCIENZE”

Il presidente di Libera è intervenuto in Consiglio comunale a Modena in occasione della cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria al giudice

“C’è bisogno del coraggio della verità e del risveglio delle nostre coscienze. Perché la democrazia si fonda su giustizia e dignità umana, ma non sta in piedi senza un terzo elemento che è la responsabilità. La prima riforma da fare, un’auto-riforma, è quella delle coscienze”.

Lo ha detto don Luigi Ciotti, presidente di Libera Associazioni nomi e numeri contro tutte le mafie, nel corso della seduta del Consiglio comunale di Modena di lunedì 2 marzo nella quale è stata conferita la cittadinanza onoraria al giudice Di Matteo.

“Per me è un momento di grande gioia ed emozione”, ha proseguito. “Quello che Modena fa oggi è un atto di democrazia e sono contento che consenta a Di Matteo di essere cittadino modenese, anche come segno per dire ai cittadini che non si può essere cittadini a intermittenza, a seconda delle circostanze. Non dobbiamo dimenticare – ha continuato – che c’è una mafiosità diffusa: le mafie non sono un mondo a parte ma una parte del nostro mondo. Vivono tra noi e oggi, con la crisi, più che mai sono forti, perché hanno tanto denaro e lo investono. In questi anni c’è chi ha fatto leggi che andavano nella direzione opposta alla legalità. Il problema non sono solo i poteri legali ma anche i poteri illegali che si muovono legalmente. Bisogna illuminare anche quelle zone apparentemente sane, perché la mafia è capace di arrivare dove c’è bellezza”.

Don Ciotti ha poi ricordato che “le prime esperienze dell’associazione Libera sono state fatte proprio a Modena. Qui, prima che altrove, abbiamo trovato disponibilità a sostenere le cooperative che lavorano i terreni sequestrati ai boss”.

UNANIME IL VOTO DEL CONSIGLIO

Consegnate anche le chiavi della città. Gli interventi dei gruppi consiliari

La concessione della cittadinanza onoraria al giudice Antonino Di Matteo è stata approvata con voto unanime dell’assemblea nella seduta del Consiglio comunale di Modena di lunedì 2 marzo, nell’occasione sono state consegnate simbolicamente al giudice anche le chiavi della città.

Aprendo gli interventi Antonio Montanini, di CambiaModena, dando il benvenuto al “concittadino DI Matteo, partigiano della legalità”, ha osservato che “al nord c’è ancora una visione distorta delle mafie, percepite dai cittadini comuni come distanti. Sono invece drammaticamente reali, presenti e capaci di permeare territori considerati tradizionalmente laboriosi, onesti e tranquilli. In particolare dopo il disastroso terremoto, si dovrà ulteriormente alzare il livello di guardia contro l’illegalità con un impegno straordinario e condiviso che coinvolga tutte le parti sociali: istituzioni, imprese, cittadini”.

Per Marco Cugusi di Sel Di Matteo “è un esempio di coraggio, verità e giustizia di cui tutti abbiamo bisogno per contrastare il fenomeno mafioso, che si nutre di silenzio. Della mafia invece occorre parlare, dobbiamo nominarla, conoscerla, sapere come agisce perchè nessuno deve pensare che si possa conviverci. L’atto di oggi assumerà ancora più valore quando noi amministratori, del Comune di Modena e di tutto il territorio, avremo attivato una stazione unica degli appalti della pubblica amministrazione, istituito un osservatorio provinciale contro la criminalità organizzata, contrastato l’illegalità diffusa in ogni sua forma e adottato come codice etico la carta di Avviso pubblico”.

Per Luigia Santoro di Ncd “non bisogna dimenticare la straordinaria lezione di Giovanni Falcone il quale sosteneva che, come tutte le cose terrene, la mafia ha un inizio, uno svolgimento e una fine, quindi non è affatto invincibile se viene combattuta con determinazione. Le istituzioni e la politica non possono e non devono dividersi nel combattere questa piaga. In questo impegno non bisogna correre il rischio di generalizzare, dipingendo regioni come la nostra, un tempo immune da questo cancro, come se oggi ne fosse totalmente subalterna perché per fortuna da noi il fenomeno è ancora circoscritto e con l’impegno di tutti, eliminabile”.

Adriana Querzè di Per me Modena ne ha sottolineato il valore sostanziale e non solo simbolico. “Le attività di controllo e repressione del fenomeno mafioso – ha detto la consigliera – hanno fatto grandi passi, ma occorre che la politica non si tiri indietro e che agisca sulla lotta alle povertà e alle disuguaglianze. Nessuna nuova generazione infatti potrà mai imparare a contrastare il fenomeno mafioso se dovrà vivere ancora sulla propria pelle la negazione dei diritti all’istruzione prima e al lavoro poi. È giusto educare i ragazzi alla legalità e spingerli a una cittadinanza responsabile ma è necessario che la politica intervenga per mettere la scuola italiana davvero nelle condizioni di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

Per Forza Italia, Giuseppe Pellacani, che ha ricordato anche la sua esperienza con Marco Biagi ha sottolineato l’importanza del servizio allo Stato di Di Matteo al quale dedica la propria esistenza, con coraggio e senza paura. Il consigliere ha puntato l’attenzione sulle Forze dell’ordine alle quali “la politica da troppi anni dedica una non sufficiente attenzione. Nel corso di questi anni un susseguirsi di leggi, che andrebbero meditate con maggiore attenzione, hanno fatto sì che chi delinque possa uscire di galera troppo presto”.

Marco Bortolotti di M5s ha affermato che “la battaglia che il giudice Di Matteo combatte ogni giorno appartiene a tutti noi. In particolare a noi amministratori che abbiamo la grandissima responsabilità di rappresentare tutti i cittadini. Ma deve appartenere anche a tutta la società civile che può fare tanto dove invece non possono arrivare le forze dell’ordine e i magistrati: strappando il pesante velo di indifferenza che ha un peso tale che il nostro Paese non può più sopportarlo; ritrovando la sana indignazione verso una dilagante corruzione dovuta soprattutto alla perdita di quei principi e quei valori che dovrebbero essere invece le fondamenta di una società che voglia essere non solo civile ma umana”.

Paolo Trande per il Pd ha ricordato che “siamo nel bel mezzo di un’inchiesta di mafia che ha dimostrato in modo eclatante quello che già sapevamo, che le mafie sono ormai, da anni, un problema anche in queste terre che per lungo tempo si erano mostrate resistenti alla cultura e alle pratiche mafiose. Ma so che questa città e questi territori troveranno la forza e i modi per opporsi alle mafie, alla corruzione e all’illegalità in genere. Come ente, abbiamo già cominciato anni la formazione e definizione di presidi come l’uso prevalente dell’aggiudicazione degli appalti con il metodo dell’offerta economicamente vantaggiosa e non al massimo ribasso e continueremo in questa direzione”.

Di-Matteo_Consiglio-Mo“CITTADINANZA, STIMOLO PER RICERCA DELLA VERITÀ”

Il magistrato è intervenuto in Consiglio dopo il conferimento del riconoscimento

“È un onore, un conforto e uno stimolo vedermi conferita la cittadinanza di Modena, la nostra città medaglia d’oro per la Resistenza. Uno stimolo per andare avanti nella ricerca della verità, perché senza verità non ci può essere giustizia e vera democrazia”.

Così il giudice Antonino Di Matteo ha commentato il conferimento della cittadinanza onoraria di Modena e la consegna delle chiavi della città nella seduta del Consiglio comunale di Modena lunedì 2 marzo.

“Questa iniziativa è la sottolineatura dell’essenza più autentica del ruolo di magistrato – ha aggiunto – che ci serve per ricordare un dato fondamentale: che il nostro non è un ruolo di potere, una professione improntata dalle esigenze di rispetto del tecnicismo giuridico, ma un servizio nei confronti della collettività”.

Il magistrato ha sottolineato che “il coraggio rappresenta l’antidoto più efficace contro l’espansione di quel cancro che è la mentalità mafiosa, quella del favore, della raccomandazione, dell’appartenenza alle lobby come veicolo per fare carriera e raggiungere posizioni di carriera sempre più significative”.

Per Di Matteo “è fondamentale essere consapevoli dell’essenza della mafia: le organizzazioni mafiose non sono solo quelle incarnate da rozzi delinquenti dediti a estorsioni, omicidi o traffico di droga, ma da teste pensanti, nel cui dna c’è la capacità di relazionarsi e convivere pacificamente con il potere ufficiale: politico economico, istituzionale e imprenditoriale. La mancanza di questa consapevolezza – ha proseguito – ha contribuito alla facile espansione della mafia in tutta Italia e anche in territori finora immuni come questo. Perché sono tante le azioni che costituiscono la chiave attraverso la quale le mafie penetrano nelle istituzioni e c’è uno stretto connubio tra i reati tipicamente di mafia e altri, come quelli contro la Pubblica Amministrazione. Quindi – ha aggiunto rivolgendosi a consiglieri, assessori e sindaci presenti – soprattutto voi amministratori locali avete una possibilità di cambiamento enorme: se coltiverete l’approfondimento, la completezza delle informazioni, il fiuto per capire cosa si nasconde dietro a un’attività che viene proposta alla Pubblica Amministrazione, avrete la possibilità di dire no e di isolare i mafiosi ancora prima che si verifichino ipotesi di reato. Con forza, coraggio e passione per la verità e per l’antimafia – ha aggiunto – potrete sbattere la porta in faccia a chi si vuole impadronire del vostro territorio”.

Di Matteo ha poi evidenziato che “il Paese è abituato a uno Stato che reagisce quando c’è il sangue dei morti per strada, un arresto eccellente o uno scandalo. Lo Stato non deve più giocare sulla difensiva, reagendo alla violenza mafiosa – ha affermato – ma deve fare prevenzione per debellare finalmente il cancro mafioso. Perché dimenticare le vittime della mafia solo perché da un po’ non ci sono stragi sarebbe un errore gravissimo e imperdonabile. Fino ad oggi – ha proseguito – la reazione della politica è stata inadeguata e i reati che hanno consentito l’accesso della mafia nella funzione pubblica sono rimasti, in Italia, sostanzialmente impuniti. I detenuti per reato di corruzione sono meno di 30 e questo ci deve indurre a uno sforzo di onestà intellettuale per capire se il fenomeno corruzione non esiste o se non è adeguatamente represso”. Il giudice si è infine espresso criticamente sulla situazione tra Stato e Magistratura: “Finora invece che colpire la corruzione è stata colpita la magistratura, che pur tra mille difficoltà e limiti ha il merito di aver iniziato a scoperchiare il malaffare. Lo Stato – ha concluso – non può avere paura di processare se stesso, non può nascondere la polvere sotto il tappeto, lasciando alla sola magistratura il compito di trovare collusioni tra mafia e funzione pubblica”.

Ciotti-Di-Matteo

Immagini: Consiglio – intervento Di Matteo – la presidente Maletti, don Ciotti, Di Matteo e il sindaco Muzzarelli

















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