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Reggio Emilia, Gratteri: agenti infiltrati per sconfiggere la mafia

_RED9529Sconfiggere la mafia anche infiltrando al suo interno agenti sotto copertura. E’ una delle ricette – tante: ben 150 sono infatti gli articoli di codici, leggi e regolamenti di cui si propone la modifica – individuate dal gruppo di lavoro per la riforma delle norme contro la criminalità organizzata coordinato da Nicola Gratteri che lo stesso procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria ha anticipato questa mattina al cinema Olimpia di Reggio Emilia.

“Grazie agli agenti sotto copertura abbiamo ottenuto risultati importanti nella lotta al traffico internazionale di armi e droga, anche contro la mafia questa attività, di cui gli americani sono maestri, può risultare determinante”, ha detto Gratteri, questa mattina nuovamente ospite – qui ormai è un caro amico di famiglia – di Noicontrolemafie, il festival della legalità promosso dalla Provincia di Reggio Emilia. “Uomini selezionati e preparati che per mesi rinuncino a qualsiasi contatto con familiari e forze dell’ordine, che possano girare con armi non convenzionali per meglio calarsi nei panni del criminale e la cui identità venga lasciata segreta anche in udienza davanti al giudice”, ha meglio precisato Gratteri addentrandosi in una delle tane proposte contenute nella relazione di 266 pagine consegnata a fine anno al Governo Renzi (ma l’incarico risale al Governo Letta).

Un gruppo di lavoro, come ha spiegato il direttore scientifico di Noicontrolemafie Antonio Nicaso presentando Gratteri agli studenti – chiamato a porre finalmente fine a uno dei tanti punti deboli del nostro Paese: “L’avere sempre avuto una legislazione antimafia di natura emergenziale, nata sull’onda di fatti eclatanti e stragi eccellenti, e mai frutto di una riflessione ponderata e seria”.

Lo stesso genere di riflessioni che Gratteri ha condiviso questa mattina con gli studenti reggiani, puntando il dito anche contro un’altra anomalia tutta italiana, quella della logica del massimo ribasso negli appalti pubblici: “Da 10, 15 anni si assegnano opere con ribassi anche del 40%, ma questo significa che si costruisce con acqua e terra e che tutte queste opere, in caso di una scossa di terremoto del settimo grado, sono destinate a crollare”. E non risparmiando critiche nemmeno alla sua categoria: “Se la giustizia in Italia non funziona siamo tutti responsabili: la politica ha le sue colpe, ma anche i magistrati, anche il Csm ne hanno, tantissime e grandissime, nella scelta dei capi degli uffici o nel distribuire il numero di magistrati in tali uffici”.

Agli studenti, il procuratore aggiunto della Dda ha concluso sollecitandoli “a contribuire a un nuovo modo di pensare in Italia, a ricostruire una etica e una morale in questa società che ci ha costruiti come macchine da consumo omologando i gusti e in cui si è valutati in base a ciò che si ha e non per quello che si è”. Come? “Puntando sull’istruzione, riparlando tra di voi in lingua italiana e non con quella dei telefonini sennò non sarete in grado di scrivere un tema a concorso, e sulla ricerca: e poi, ma solo dopo istruzione e ricerca, anche sulla cultura”.

Quello di Nicola Gratteri è stato l’intervento conclusivo di un’altra ricca mattinata di spunti offerta da Noicontrolemafie alla quale, dopo il saluto del presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi, è intervenuto anche il prefetto di Reggio Emilia Raffaele Ruberto: “Avendo anche una figlia che fa la prima superiore vi parlo più da padre che da prefetto – ha detto – Voi avete la fortuna di essere nati in un territorio che ha tradizioni antiche di rispetto delle regole: un territorio civile che trae le proprie origini da una cultura contadina che stiamo dimenticando e che, come tante altre zone d’Italia, registra pure una presenza criminale che si manifesta anche con corruzione: allora vi dico che rispettare le regole alla lunga è appagante e vantaggioso più che vivere nella illegalità, che la legalità non accetta compromessi ed è uno stile di vita al quale dovete improntare la vostra quotidianità, anche nelle piccole cose”.

Concetti ripresi da Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia, il più importante network mondiale contro la corruzione presente in 100 Paesi del mondo: “La corruzione non si debella con polizia e magistratura, per questo da anni andiamo nelle scuole per far capire che la legalità è un sistema di vita e un fatto di cultura – ha spiegato – L’equazione politica uguale disonestà è sbagliata, perché se sei onesto lo resti anche da politico, se sei un politico disonesto vuol dire che lo eri anche prima”. Carnevali ha quindi evidenziato il preoccupante risultato di un sondaggio svolto tra i ragazzi, nel 58% dei casi disponibili a farsi corrompere, sottolineando come “purtroppo siamo tutti un po’ mafiosi, perché il denunciare un amico che evade il fisco o un collega che timbra il cartellino e poi va a fare la spesa  non lo riteniamo un  nostro dovere civico, ma un tradimento”. Quella che serve, dunque, è una “presa di coscienza da parte di tutti noi che il corrotto non sta derubando una entità astratta, ma ciascuno di noi”.

Come  ha illustrato Cristina Brasili, docente di Politica Economica dell’Università di Bologna, la corruzione comporta infatti nel nostro Paese costi economici e sociali rilevantissimi. Al di là delle sue esatte dimensioni, ovviamente quasi impossibile da quantificare essendo frutto di attività illegali e dunque nascoste (i 60 miliardi stimati dalla Commissione europea, e pari alla metà dei 120 ipotizzati in tutta Europa, sono infatti una “stima grossolana frutto di incomprensioni e passaparola”), ci sono dati attendibili e apparentemente contrastanti sui quali è certamente necessario riflettere. “Le condanne per corruzione e concussione sono scese in Italia dalle 1.714 del 1996 alle 263 del 2010, ma questo è dovuto ad esempio alla abolizione del reato di falso in bilancio o all’accorciamento dei tempi di prescrizione, non certo alla riduzione di un fenomeno corruttivo che per ben il 97% degli italiani, era l’84% nel 2007, viene avvertito come diffuso, dato peggiore in tutta Europa dopo il 99% della Grecia: eppure solo il 42% degli italiani pensa di esserne personalmente colpito e appena il 2%, contro una media europea del 4%, dichiara di aver avuto una richiesta di pagamento di tangente”, ha concluso illustrando poi il “gioco di ruolo” ideato con un gruppo di ricercatori di UniBo, e proposto con grande successo proprio ieri a Bibbiano, per far crescere questa consapevolezza.

Paolo Bertaccini Bonoli, coordinatore del Premio Giorgio Ambrosoli, ha quindi ricordato la figura del commissario liquidatore della Banca privata italiana di Michele Sindona, fedele servitore dello Stato che pagò con la vita il suo impegno “divenendo   un protagonista della storia del nostro Paese”. “La professionalità, fare bene il proprio mestiere, è un passaggio non banale nel contrasto alle mafie – ha spiegato ai ragazzi – E noi italiani siamo noti, e da molti secoli, per far bene le cose: certo, è  faticoso però ci tutela da molti pericoli. E  non è vero che la nostra piccola azione quotidiana è inutile, così come non è vero che siete abbandonati a voi stessi perché ci sono anche molti ‘adulti’ che ancora si impegnano per il bene del nostro Paese”.

Ultimo intervento quello di Salvatore Sberna, assegnista di ricerca dell’Istituto universitario Europeo di Firenze, per il quale “le mafie campano anche senza corruzione, sopravvivranno finché ci saranno mercati illeciti da regolamentare” e l’attenzione, più che alla politica, “dovrebbe essere rivolta, oltre che agli imprenditori, a faccendieri, ex politici e grandi burocrati che, come anche le ultime inchieste hanno rivelato, hanno un ruolo spesso più importante”.

















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