Stupiscono le parole del presidente di Confedilizia Modena riguardo la trattativa sui contratti d’affitto concordati e il netto rifiuto di accogliere la proposta dei sindacati inquilini Sunia-Sicet-Uniat di abbassare i canoni di affitto concordati.
La richiesta di abbassamento dei canoni si fonda su una conclamata difficoltà delle famiglie a pagare affitti elevati per effetto della crisi, ma anche su dati oggettivi, ovvero l’insieme di sgravi fiscali per i proprietari, frutto delle rivendicazioni nazionali e locali dei sindacati, per avere una fiscalità più bassa per chi mette a disposizione alloggi a canone calmierato.
In modo particolare, la battaglia per la “cedolare secca” che ha determinato la riduzione dell’Irpef dal 19% al 10% per i canoni concordati e che ha costituito uno strumento importante per un mercato della locazione sostenibile.
Facciamo un esempio concreto. Il proprietario di un immobile sito a Modena, con rendita catastale di 500 euro e canone mensile di 600 euro ad affitto concordato e un reddito lavoro di 33.500 euro, avrà una situazione fiscale di questo tipo:
Come si vede dalla tabella, il proprietario che applica il canone concordato a cedolare secca beneficia di un rilevante sconto sull’Irpef, non paga l’imposta di registro e in più chi decide di applicare i canoni minimi, o sotto i minimi, previsti dai Patti territoriali del Comune di Modena, beneficia anche di un ulteriore ribasso dell’Imu al 4,6‰ e della Tasi allo 0,5‰ (per un ulteriore risparmio di 109 euro).
Per chi invece applica il canone libero le imposte sono più del doppio: l’aliquota Imu è al 10,6‰ e la Tasi allo 0,8‰, mentre l’Irpef con “cedolare secca” è al 21%, anziché al 10%.
Una posizione come quella dichiarata da Francesco Bruini di Confedilizia secondo cui “non è possibile abbassare i canoni perché la tassazione sugli immobili in locazione a canone concordato è aumentata del 300%” non è assolutamente fondata, poiché se raffrontiamo i valori della tassazione locale del 2015 sul 2014 a Modena, vediamo che essa diminuisce per quei proprietari che applicano le soglie minime, mentre chi applica valori superiori al minimo ha subito aumenti che si compensano ampiamente con i benefici della cedolare secca.
Da tempo i sindacati inquilini Sunia-Sicet-Uniat denunciano la necessità di abbassare gli affitti derivati dai Patti territoriali attualmente in essere, poiché stabiliti in un periodo antecedente alla crisi economica, e non più sostenibili dagli attuali redditi delle famiglie modenesi.
I dati del Tavolo provinciale delle politiche abitative recentemente svoltosi, dicono che le famiglie che vivono in affitto nella nostra provincia hanno un reddito medio oggi di 22.000 euro annui. Questo reddito non consente di pagare gli affitti concordati proposti dalle Associazioni dei proprietari.
Pertanto Sunia-Sicet-Uniat chiedono alle Istituzioni di convocare urgentemente un tavolo di confronto per costruire un patto sociale per sostenere chi è più fragile dal punto di vista economico e rilanciare politiche abitative per l’affitto a costi sostenibili.
Per questo motivo Sunia-Sicet-Uniat si augurano che ci sia un cambio di atteggiamento di Confedilizia e chiedono anche alle altre associazioni Asppi e Uppi che si riprenda al più presto la trattativa con l’intento di trovare un accordo che consenta ai proprietari di continuare a godere dei benefici fiscali e agli inquilini di vedere un abbassamento dei canoni.