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Le imprese femminili reagiscono alla crisi

lavoro_1Al 31 marzo scorso le imprese attive femminili erano 84.210, pari al 20,5 per cento del totale delle imprese regionali, con un lievissimo aumento rispetto alla stessa data del 2014 (+116 unità, pari allo 0,1 per cento). La crisi pesa ancora per le imprese non femminili (-5.081 unità, -1,5 per cento). In Italia le imprese “rosa” (1.141.019) sono aumentate in misura lievemente più ampia (+0,3 per cento). È quanto risulta dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna.

Le imprese in rosa sono aumentate nella maggioranza delle regioni italiane. L’incremento è stato più rapido in Veneto (+1,4 per cento), quindi in Lombardia (+1,2 per cento) e nel Lazio (+1,1 per cento). L’Emilia-Romagna è risultata decima per crescita.

La forma giuridica L’incremento delle imprese femminili è da attribuire alle società di capitale, che sono aumentate notevolmente (+740 unità, pari al 6,1 per cento) e sono il 15,3 per cento del totale, grazie anche alla nuova normativa delle società a responsabilità limitata. Fanno da contraltare la sensibile riduzione delle società di persone (-349 unità, -2,5 per cento) e la flessione delle ditte individuali (-0,4 per cento, -248 unità). Anche le cooperative e i consorzi fanno registrare una sensibile contrazione (-2,1 per cento).

Settori di attività economica Le tendenze sono disomogenee. La crisi incide ancora sull’agricoltura (-237 imprese, -1,8 per cento), commercio (-142 unità, -0,6 per cento) e la manifattura (-119 unità, -1,6 per cento), ma la tendenza è positiva in quasi tutti gli altri settori.

Si segnalano i servizi di ristorazione (+186 imprese, 2,1 per cento), le altre attività di servizi (+85 unità, +0,6 per cento), i servizi alla persona, e le attività professionali, scientifiche e tecniche (+80 unità, 2,8 per cento).

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