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Chiusura del processo per la beatificazione di Giuseppe Castagnetti

CastagnettiOggi, alle ore 21 al Centro Famiglia di Nazareth si chiuderà la fase diocesana del processo  per la beatificazione di Giuseppe Castagnetti, aperto il 21 dicembre 2013: sarà apposto il sigillo agli atti  destinati ad accertare la vita, le virtù  e la fama di santità del Servo di Dio, che saranno poi inviati a Roma alla Congregazione per le Cause dei Santi, alla quale spetta pronunciarsi  sulla santità di Castagnetti.

Il Cavaliere del Lavoro Giuseppe Castagnetti, terziario francescano, nacque a Montebaranzone, frazione di Prignano, il 15 marzo 1909 in una famiglia profondamente cristiana. I suoi genitori, Antonio e Marianna Codeluppi, erano casari, esperti nella produzione del Parmigiano, e spesso si spostavano da un caseificio all’altro per insegnarla. Penultimo di nove fratelli, egli cominciò a lavorare molto presto e a sedici anni fu mandato in un caseificio di Portile. Alla morte prematura del fratello Dolfo, lo sostituì come casaro nell’azienda degli Sterpatelli di Montebaranzone, contribuendo alla prosperità della stessa. Da militare si recò in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo per incontrare Padre Pio, ottenendo la guarigione da un’ulcera gastrica, che da tempo lo tormentava. Il “santo del Gargano” divenne la sua guida spirituale soprattutto per le scelte più importanti. L’11 febbraio 1939 sposò Giovannina Sghedoni, dalla quale ebbe dodici figli, di cui due deceduti per malattia ancora in fasce. Dopo aver dimostrato la sua bravura sul lavoro, manifestò a tutti la sua competenza come politico, esprimendo al contempo intelligenza e intraprendenza, riuscendo a realizzare in pochi anni, veri e propri capolavori (acquedotto, impianto elettrico, municipio, uffici postali, strade, scuole…). Infatti, dal 1945 fu Sindaco, per la Democrazia Cristiana, nel Comune di Prignano (MO) e tutti lo ricordano dotato di un grande carisma: un uomo gentile, elegante, educato e sereno, che si faceva carico dei problemi di ognuno, come un buon padre di famiglia, che confidava ciecamente nella Divina Provvidenza. Andava a Messa tutti i giorni – se poteva – e organizzava per sé e per altri ritiri spirituali e pellegrinaggi. Cosciente tuttavia che la superbia potesse essere anche per lui un rischio, fece voto davanti a Padre Pio di calzare i sandali. E così fece ovunque, pure tra ministri e parlamentari, nei palazzi romani e durante le cerimonie ufficiali, non tradendo mai lo stile francescano, che aveva scelto. La sua vita pubblica fu un chiaro esempio di dedizione agli altri e di impegno civile e anche la scelta dei sandali non voleva essere un richiamo alla sobrietà per altri, ma solo per se stesso! Non si possono contare le famiglie che hanno beneficiato di un suo aiuto – nel più rigoroso riserbo e nel più perfetto anonimato – un passaggio in macchina, una visita in ospedale, il pagamento di una bolletta, un indumento donato. Ecco perché divenne povero e, insieme a lui, l’intera famiglia.  Dovette affrontare da solo i gravi problemi legati  alla sua numerosa famiglia. Dicono di lui: non pretese mai riconoscenza da chi aveva aiutato; non si fece mai vanto né titolo di merito per quanto aveva realizzato; nei più poveri vedeva Gesù, quindi erano coloro che richiedevano il suo servizio primario.

 

















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