La morfina a dosaggi adeguati somministrata a malati oncologici ha un effettivo controllo del dolore moderato e, soprattutto, non determina alcun aumento della tossicità. Lo rivela uno studio di ricerca indipendente, non sostenuto dalle aziende farmaceutiche, sul trattamento del dolore moderato da cancro, condotto da Unimore – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dall’Azienda Ospedaliero-Universitari Policlinico e dall’Azienda USL di Modena, che ha dimostrato il vantaggio di nuove modalità organizzative quali quella di una cura di supporto/palliativa precoce in oncologia ed ematologia.
Il lavoro dal titolo: “A randomized trial of low-dose morphine versus weak opioids in moderate cancer pain”, è stato condotto dal prof. Mario Luppi, Direttore della Cattedra e Struttura complessa di Ematologia di Unimore, e dalla dott.ssa Elena Bandieri, oncologo palliativista della AUSL di Modena.
Accolto con entusiasmo dalla letteratura scientifica, lo studio è stato pubblicato sulla più prestigiosa rivista oncologica americana “The Journal of Clinical Oncology” (JCO), dalla quale ha ricevuto la speciale considerazione degli Editori del JCO e dell’ “American Society of Clinical Oncology” (ASCO), che hanno commissionato un Editoriale di accompagnamento al lavoro per discuterne ed evidenziarne il significato ed hanno selezionato il lavoro stesso nella speciale sezione “JCO Exclusives” (ASCOConnection.org), introdotto da una intervista agli autori.
Nel corso degli ultimi vent’anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS è arrivata a suggerire per il trattamento del dolore moderato da cancro tre gradini di scala analgesica:
– I livello utilizzo di antiinfiammatori FANS
– II oppiacei deboli
– III oppiacei forti, quali morfina
Sono diverse, però, le ragioni alla base del dibattito sulla sequenzialità della strategia analgesica della scala OMS ed i dubbi sull’effettiva utilità del II gradino, in particolare sulla efficacia clinica non dimostrata in maniera definitiva da studi randomizzati degli oppiacei deboli, il loro “effetto tetto”, per cui oltre una certa soglia di dose non aumenta l’efficacia del farmaco ma unicamente la sua tossicità, la disponibilità in Italia di preparati a base di codeina solo in associazione a dosaggio fisso con paracetamolo (30mg/500mg), per cui non è possibile raggiungere la dose massima efficace di codeina senza somministrare dosaggi tossici di paracetamolo (3-4 g/die).
Questo studio, che ha visto protagonisti docenti universitari e medici ospedalieri modenesi, ha consentito di mettere in discussione le linee guida e le raccomandazioni dell’OMS.
Infatti, con esso si è posto a confronto il II gradino della scala analgesica con una strategia terapeutica che prevede l’uso anticipato del III gradino OMS a dosaggi adeguati, chiarendo per la prima volta ed in maniera scientifica vantaggi e tossicità. L’anticipo degli oppiacei del III gradino (morfina), – secondo i ricercatori modenesi – ha un effettivo controllo del dolore moderato e., soprattutto, ciò avviene senza alcun aumento della tossicità.
La ricerca condotta su 240 pazienti con dolore da cancro, curati in diversi centri oncologici nazionali, ha registrato che l’88% su 118 pazienti, trattati con oppiacei, quali morfina, ha avuto un maggiore controllo del dolore con una riduzione dello stesso del 20%, contro il 57,7% su 122 malati trattati con oppiacei deboli del II gradino. Una riduzione del dolore clinicamente assai rilevante e pari al 50% è stata anche ottenuta nell’ 83% dei pazienti trattati con morfina rispetto al solo 49% dei pazienti trattati con oppiacei deboli.
Prima di oggi solo altri tre studi avevano ricercato una corrispondenza tra l’uso degli oppiacei ed il trattamento del dolore moderato, ma il numero di pazienti esaminati era esiguo. Oggi, grazie alla collaborazione di competenze universitarie ed ospedaliere, del nutrito gruppo di ricerca, che ha visto collaborare il dott. Fabrizio Artioli, Direttore Struttura Complessa Medicina ad Indirizzo Oncologico USL Modena, il prof. Stefano Cascinu, Direttore Cattedra e Struttura Complessa di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena, la dott.ssa Carla Ripamonti dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, i ricercatori dell’ ex Istituto Mario Negri Sud ed il prof. Eduardo Bruera, Direttore del Dipartimento di Cure palliative dell’M.D. Anderson Cancer Center di Houston Texas (USA) si è potuto raggiungere un traguardo importante per la riscrittura di nuove linee guida coerenti coi risultati dello studio modenese.
“La nostra Ematologia, in collaborazione stretta con la dott.ssa Elena Bandieri, oncologo palliativista, Referente Formazione Aziendale Cure Palliative in Oncologia dell’Azienda USL di Modena, operante all’interno della Struttura Complessa di Medicina ad Indirizzo Oncologico diretta dal dott. Fabrizio Artioli, – afferma il prof. Mario Luppi di Unimore – è impegnata da alcuni anni ormai nello sviluppo di esperienze di formazione e di ricerca di nuove modalità organizzative, quali quella di cure di supporto/palliative precoci, non riservate alle sole fasi di fine vita, ma anticipate alla diagnosi di malattia sintomatica/metastatica, ed offerte durante tutte la fase di terapia attiva. Uno studio, a mio parere, esemplare nel testimoniare i frutti dell’integrazione di competenze, universitarie ed ospedaliere, tra professionisti dell’ Azienda AOU Policlinico e dell’ Azienda USL di MO, oltre che della rete di collaborazioni attive con numerose prestigiose Istituzioni italiane e straniere”.
“Sebbene gli oppiacei deboli del secondo gradino siano efficaci quando usati per brevi periodi, la morfina a basse dosi – precisa la dott.ssa Elena Bandieri dell’USL di Modena – può essere utilmente anticipata e sostituire gli oppiacei deboli nella terapia del dolore moderato da cancro, per la sua maggiore efficacia ed un profilo di tossicità paragonabile, ma non superiore. Il nostro studio, quindi, offre la prima dimostrazione scientifica al clinico del vantaggio della terapia analgesica con gli oppiacei del terzo gradino nel controllo del dolore moderato da cancro”.
“E’ importante notare – afferma il prof Stefano Cascinu di Unimore – che più della metà dei pazienti del nostro studio siano pazienti onco-ematologici che ricevono una terapia anti-tumorale per una malattia attiva. I risultati del nostro studio sono significativi perché permettono di definire la migliore modalità di gestione del dolore da cancro nel contesto di un modello efficace di cure palliative precoci che, oggi, ritengo debbano iniziare ad affiancare il trattamento oncologico, all’interno dell’ Ospedale, dalla diagnosi di malattia e per tutto il percorso di cura”.
“Questo studio clinico che ha il pregio di non essersi avvalso di alcun finanziamento esterno e che si caratterizza per rigore e scientificità – afferma il Rettore Unimore prof. Angelo O. Andrisano – dimostra quanto sia importante la collaborazione tra l’università e la sanità pubblica. I risultati raggiunti attraverso esso, davvero sorprendenti, siamo certi rappresentano un ulteriore efficace passo avanti nella lotta che da decenni i medici ed i ricercatori stanno combattendo per sconfiggere queste patologie oncologiche ed alleggerirne il dolore conseguente. L’accoglienza ricevuta da questo studio dovrà consentire presto di rivedere quelle linee guida OMS, che alla luce di queste ricerche si rivelano ormai datate. A tutti coloro che hanno condotto lo studio va il mio incondizionato plauso e l’ammirazione per risultati che proiettano la qualità della sanità modenese in una dimensione internazionale”.
“Questo studio – commenta il dott. Ivan Trenti, Direttore generale del Policlinico – è un importante esempio degli ottimi frutti che produce la collaborazione tra ricercatori e clinici. Questo studio indipendente che offre una innovativa chiave di lettura in un campo, quello della cura del dolore oncologico, che ha implicazioni etiche e cliniche di grande importanza, costituisce a mio avviso una importante componente della mission di un’Azienda Ospedaliero-Universitaria come la nostra.”
“La pubblicazione su un importante rivista scientifica e il riconoscimento oltreoceano dimostrano la qualità dello studio – afferma il direttore del Dipartimento di Medicina interna e riabilitazione dell’Azienda USL di Modena Giorgio Cioni. E’ anche il riconoscimento della rilevanza della ricerca che, quando condotta in stretta connessione con l’assistenza, può più rapidamente essere messa a disposizione della attività clinica, a tutto vantaggio dei pazienti. Colpisce soprattutto il risultato per certi versi sorprendente dello studio, pur così apparentemente semplice: si mette in discussione la scala di intervento farmacologico sul dolore propugnata dalla OMS, proponendo come approccio precoce un farmaco antico ma sempre giovane come la morfina”.