Fotografie e un film di Francesco Jodice in mostra, e uno spettacolo teatrale per la regia di Vincenzo Picone in scena alla Galleria civica di Modena, a Palazzo Santa Margherita in corso Canalgrande 103. Teatro e arti visive insieme in un progetto culturale congiunto di Ert, Emilia Romagna Teatro Fondazione e Galleria civica di Modena, intitolato “Hikikomori”. Dal 12 al 19 febbraio le repliche dello spettacolo in sala Grande, dal 13 al 21 febbraio la mostra, negli stessi spazi. Coniato dallo psicologo giapponese Tamaki Saitō, ‘Hikikomori’ indica un comportamento che colpisce circa un milione di ragazzi nipponici compresi tra i 16 e i 25 anni: i soggetti rifiutano ogni tipo di rapporto con il mondo esterno e la società diventa loro completamente estranea.
Nella mostra si proietta il film di Jodice, girato a Tokyo nel novembre del 2004, che esplora diverse forme del disagio e della mancanza di comunicazione diffuse tra i giovani giapponesi: dall’appartenenza a gruppi chiusi (skaters, harajuku-kids), alla scelta di una vita passiva e priva di azione fino all’annullamento (come nel caso del “suicide pact”).
A distanza di oltre un decennio, spiega oggi l’artista: “Quando nel 2004 realizzai Hikikomori per me il fenomeno costituiva una forma di disfunzionalità sociale molto importante, in modo forse incosciente gli Hikikomori, gli Otaku, le harajuku girls e i suicide pact erano forme silenziose di ribellione, distinte ma coeve e coerenti con i Seattle movements o i giovani delle banlieues. Gli Hikikomori costituivano per me una forma di ‘inconsapevole e nuovo eremitismo collettivo’ per una generazione di giapponesi che rifiutavano la gerarchia sociale del paese; era come se un milione di ragazzi avesse detto alla nazione: ‘Sono queste le regole del gioco? bene, noi non giochiamo più’”.
Oltre al film, sono esposte anche alcune fotografie realizzate da Francesco Jodice durante diversi soggiorni in Giappone come parte di un’ampia ricerca a carattere sociale e antropologico (un progetto tuttora in corso dal significativo titolo “What we want”), e in particolare sul contesto metropolitano da cui hanno origine Hikikomori e altri fenomeni analoghi.
Con questa mostra la Galleria civica, che già conservava in collezione l’opera “Tokyo Shibuya, 1999”, acquisisce per la Raccolta della fotografia l’intero portfolio di otto immagini di Francesco Jodice qui presentato.
La mostra, allestita fino a domenica 21 febbraio nella sala grande di Palazzo Santa Margherita, sarà visibile a ingresso gratuito nei seguenti orari: sabato e domenica, dalle 10.30 alle 19; mercoledì e giovedì, dalle 15 alle 18.
Nello spettacolo “Hikikomori, Metamorfosi di una generazione in silenzio”, invece il protagonista H., nel chiuso asfittico della sua stanza, come in un nido/prigione, si abbandona alla “non-azione” perpetua: unico “trait d’union” con il mondo esterno, negato e rifiutato, è internet, attraverso cui costruire relazioni e far vivere il proprio alter-ego. Un viaggio nei meandri della mente di H., un lungo flashback per esplorare ragioni e i pensieri di un asceta dei nostri tempi, che con il suo sguardo di bambino, senza disperazione ma con dignità, ha scelto di esprimere la propria sofferenza, sottraendosi e non arrendendosi. “Il giovane H. diventa metafora di un’intera generazione – afferma il regista Vincenzo Picone – quella delle passioni tristi, accusata di aver perso o di non aver mai avuto degli ideali, incapace di agire nel mondo e identificata, spesso, come una massa informe, dallo sguardo vuoto e inespressivo. È lo sguardo dei giovani di oggi, che cela uno specchio in cui siamo obbligati a rifletterci. Il rinnegare il mondo esterno chiudendosi nel buio di una stanza diventa un atto estremo di resistenza attraverso l’unica arma rimasta a disposizione, il proprio corpo. È così che H., nella sua debolezza e fragilità, rappresenta un esempio significativo per i nostri tempi liquidi, che dissolvono il pensiero uniformandolo al tutto indistinto”.
Lo spettacolo “Hikikomori, Metamorfosi di una generazione in silenzio” va in scena alle 21 il 12 e 13 febbraio, mentre il 15, 16, 17, 18 e 19 febbraio va in scena al mattino alle 11. Il biglietto intero dello spettacolo serale costa 12 euro, il ridotto 9; per lo spettacolo del mattino il biglietto costa 9 euro. La biglietteria alla Galleria civica sarà aperta un’ora prima dell’inizio degli spettacoli. La biglietteria del Teatro Storchi (tel. 059 2136021) apre da martedì a venerdì dalle 10 alle 14, martedì e giovedì anche al pomeriggio dalle 16.30 alle 19; sabato dalle 10 alle 13 (biglietteria@emiliaromagnateatro.com).
In occasione dell’inaugurazione della mostra, sabato 13 febbraio alle 18 l’artista Francesco Jodice presenterà il film e incontrerà il pubblico, insieme all’antropologa e sociologa Vincenza Pellegrino (Università degli Studi di Parma) e il regista dello spettacolo Vincenzo Picone per un approfondimento sul tema.
Info on line (www.galleriacivicadimodena.it o www.emiliaromagnateatro.com).
LO SPETTACOLO SI REPLICA ANCHE AL MATTINO
La metamorfosi di una generazione in silenzio messa in scena alla Galleria civica di Modena dal 12 al 19 febbraio per la regia di Vincenzo Picone. Repliche alle 11 e alle 21
“Hikikomori, Metamorfosi di una generazione, in silenzio”. È questo il titolo del lavoro teatrale di Holger Schober, per la regia di Vincenzo Picone, che si rappresenta dal 12 al 19 febbraio nella sala Grande della Galleria civica di Modena a Palazzo Santa Margherita in corso Canalgrande 103, dove è allestita una mostra fotografica sullo steso tema con immagini dell’artista Francesco Jodice, di cui nell’esposizione si proietta anche un filmato. Nello spettacolo, produzione Fondazione Teatro Due, recitano Gianmarco Pellecchia, nel ruolo di H. e Laura Cleri, nel ruolo della madre. Lo spazio scenico è curato da Mario Fontanini e le luci sono di Luca Bronzo.
Coniato dallo psicologo giapponese Tamaki Saitō, il termine ‘Hikikomori’ indica un comportamento che colpisce circa un milione di ragazzi nipponici compresi tra i 16 e i 25 anni: rifiutano ogni tipo di rapporto con il mondo esterno e la società diventa loro completamente estranea e si rapportano quasi esclusivamente attraverso internet. Nello spettacolo a Palazzo Santa Margherita va in scena H., un protagonista esemplare di questa generazione che, nel chiuso asfittico della sua stanza, come in un nido/prigione, si abbandona alla non-azione.
Il giovane H. diventa metafora di una generazione – afferma il regista Vincenzo Picone – quella delle “passioni tristi”, accusata di aver perso o di non aver mai avuto degli ideali, incapace di agire nel mondo e identificata, spesso, come una massa informe, dallo sguardo vuoto e inespressivo. È lo sguardo dei giovani di oggi, che cela uno specchio in cui siamo obbligati a rifletterci. Il rinnegare il mondo esterno chiudendosi nel buio di una stanza diventa un atto estremo di resistenza attraverso l’unica arma rimasta a disposizione, il proprio corpo. È così che H., nella sua debolezza e fragilità, rappresenta un esempio significativo per i nostri tempi liquidi, che dissolvono il pensiero uniformandolo al tutto indistinto”.
Lo spettacolo “Hikikomori, Metamorfosi di una generazione in silenzio” va in scena alle 21 il 12 e 13 febbraio, mentre il 15, 16, 17, 18 e 19 febbraio va in scena al mattino alle 11. Il biglietto intero dello spettacolo serale costa 12 euro, il ridotto 9; per lo spettacolo del mattino il biglietto costa 9 euro. La biglietteria alla Galleria civica sarà aperta un’ora prima dell’inizio degli spettacoli. La biglietteria del Teatro Storchi (tel. 059 2136021) apre da martedì a venerdì dalle 10 alle 14, martedì e giovedì anche al pomeriggio dalle 16.30 alle 19; sabato dalle 10 alle 13 (biglietteria@emiliaromagnateatro.com).
In occasione dell’inaugurazione della mostra “Hikikomori”, sabato 13 febbraio alle 18 l’artista Francesco Jodice presenterà il film e incontrerà il pubblico, insieme all’antropologa e sociologa Vincenza Pellegrino (Università degli Studi di Parma) e il regista dello spettacolo Vincenzo Picone per un approfondimento sul tema.
IN MOSTRA FILM E FOTO DI FRANCESCO JODICE
Il disagio di una generazione di giovani giapponesi raccontato dalle immagini dell’artista L’esposizione inaugura sabato 13 febbraio alle 18 a Palazzo Santa Margherita
In occasione della messa in scena dello spettacolo “Hikikomori. Metamorfosi di una generazione, in silenzio”, ospitato nella sala grande di Palazzo Santa Margherita dal 12 al 19 febbraio in collaborazione con Ert, la Galleria civica di Modena presenta il progetto di Francesco Jodice “Hikikomori”, costituito da un film e da una serie di fotografie in mostra dal 13 al 21 febbraio.
In occasione dell’inaugurazione della mostra, sabato 13 febbraio alle 18 l’artista Francesco Jodice presenterà il film e incontrerà il pubblico per un approfondimento sul tema insieme all’antropologa e sociologa Vincenza Pellegrino (Università degli Studi di Parma) e al regista dello spettacolo Vincenzo Picone.
Il film, girato a Tokyo nel novembre del 2004, esplora alcuni sintomi del disagio e della mancanza di comunicazione che colpiscono i giovani giapponesi, assumendo diverse forme: dall’appartenenza a gruppi chiusi (skaters, harajuku-kids), alla scelta di una vita passiva e priva di azione (Otaku; Hikikomori) fino all’annullamento (come nel caso del “suicide pact”). Hikikomori, tema centrale del film, consiste in una reclusione volontaria e in un totale isolamento sociale. Gli Hikikomori sono generalmente adolescenti e giovani-adulti, soprattutto maschi, spesso istruiti, che scelgono di non uscire più dalla propria casa o addirittura dalla propria stanza per mesi o talvolta anni, rifugiandosi negli elementi della propria infanzia, nel gioco virtuale, nei manga, in Internet. Gli Hikikomori si caratterizzano per un forte stato di depressione, per una vita vissuta di notte, per il rifiuto di ogni responsabilità esterna (scuola, lavoro, famiglia) e attività sociale. Anche la sessualità viene molto spesso vissuta virtualmente.
A distanza di oltre un decennio, spiega oggi l’artista: “Quando nel 2004 realizzai Hikikomori per me il fenomeno costituiva una forma di disfunzionalità sociale molto importante, in modo forse incosciente gli Hikikomori, gli Otaku, le harajuku girls e i suicide pact erano forme silenziose di ribellione, distinte ma coeve e coerenti con i Seattle movements o i giovani delle banlieues. Gli Hikikomori costituivano per me una forma di ‘inconsapevole e nuovo eremitismo collettivo’ per una generazione di giapponesi che rifiutavano la gerarchia sociale del paese; era come se un milione di ragazzi avesse detto alla nazione: ‘Sono queste le regole del gioco? bene, noi non giochiamo più’”.
Oltre al film, in mostra sono presentate anche alcune fotografie realizzate da Francesco Jodice durante diversi soggiorni in Giappone come parte di un’ampia ricerca a carattere sociale e antropologico (un progetto tuttora in corso dal significativo titolo “What we want”), e in particolare sul contesto metropolitano da cui hanno origine Hikikomori e altri fenomeni analoghi.
Con questa mostra la Galleria civica, che già conservava in collezione l’opera “Tokyo Shibuya, 1999”, acquisisce per la Raccolta della fotografia l’intero portfolio di otto immagini di Francesco Jodice esposto in questa occasione.
La mostra, allestita fino a domenica 21 febbraio nella sala grande di Palazzo Santa Margherita, sarà visibile ad ingresso gratuito nei seguenti orari: sabato e domenica, dalle 10.30 alle 19; mercoledì e giovedì, dalle 15 alle 18.
Francesco Jodice è nato a Napoli nel 1967. Vive a Milano. La sua ricerca artistica indaga i mutamenti del paesaggio sociale contemporaneo con particolare attenzione ai nuovi fenomeni di antropologia urbana. I suoi progetti mirano alla costruzione di un terreno comune tra arte e geopolitiche proponendo la pratica dell’arte come poetica civile. È docente di Fotografia presso il master di Cinema & New Media della NABA di Milano e presso il master in Photography and Visual design di Forma, tiene un corso di antropologia urbana visuale presso il Biennio di Arti Visive e Studi Curatoriali della NABA. E’ stato tra i fondatori dei collettivi Multiplicity e Zapruder. Ha partecipato a Documenta, alla Biennale di Venezia, alla Biennale di Sao Paulo, alla Triennale dell’ICP di New York e ha esposto alla Tate Modern, al Castello di Rivoli e al Prado. Tra i progetti principali l’atlante fotografico What We Want, l’archivio di pedinamenti urbani Secret Traces e la trilogia di film sulle nuove forme di urbanesimo Citytellers.