Il Consorzio del Gran Suino Padano, composto da allevatori e industrie di macellazione, ha presentato oggi, presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, alla presenza del Ministro Alemanno, il Gran Suino Padano DOP, la prima carne a denominazione di origine protetta, al 100% italiana.
Da oggi i tagli di carne fresca suina (braciole, filetto, fettine, lonza, puntine) contraddistinti dalla denominazione “Gran Suino Padano”, tutelata a livello nazionale, sono garantiti da un rigido disciplinare che fissa la provenienza da suini nati, allevati e macellati in Italia per la produzione dei grandi salumi DOP, a partire dai prosciutti di Parma e di San Daniele.
Il protezione nazionale del Gran Suino Padano DOP, con l’emanazione del Decreto Ministeriale del 5 settembre 2005, costituisce un passo molto importante per una delle filiere più rilevanti del sistema agroindustriale italiano.
La tutela della Denominazione Gran Suino Padano consente di certificare la filiera delle carni fresche suine e di ottenere un prodotto che è inserito nel circuito delle DOP e nella cui produzione convergono, ovviamente, gli stessi elementi di tutela qualitativa, tracciabilità, controllo e garanzia che caratterizzano la materia prima dei prodotti a Denominazione di Origine.
“Il riconoscimento del Gran Suino Padano è per noi non solo fonte di grande soddisfazione, ma rappresenta una svolta “storica” per il consumatore che da oggi può scegliere consapevolmente una carne di qualità superiore – ha affermato il Presidente del Consorzio Ugo Sassi. Il Gran Suino Padano è l’unica carne DOP controllata e garantita in tutta la filiera – ha continuato Sassi – questo vuol dire maggiore qualità e sicurezza. Dietro a questo prestigioso riconoscimento c’è il grande impegno degli allevatori e dei macellatori che hanno a cuore la massima trasparenza”.
“Vogliamo inoltre testimoniare in questa occasione il ruolo decisivo del Ministro On. Alemanno per essere riusciti a raggiungere l’importante obbiettivo della tutela dei consumatori in questo settore” – ha concluso il Presidente.
“Con il marchio Gran Suino Padano DOP – ha continuato Emo Canestrelli, Vice Presidente del Consorzio – si intende ribadire la superiorità qualitativa del maiale italiano. Una qualità che deriva dalle sue caratteristiche uniche: 160 Kg di peso in media e minimo 9 mesi di età. A questo si aggiunge una alimentazione dettata dal rigido disciplinare di produzione del Gran Suino Padano DOP che mette chiaramente nero su bianco la dieta di questi suini, determinandone le miscele nelle sue piccole percentuali”.
La filiera della produzione della carne suina con il supporto delle istituzioni pubbliche sia nazionali sia delle regioni maggiormente coinvolte, ha lavorato fin dal 1998 per la tutela e il riconoscimento delle caratteristiche uniche del suino tradizionale, in modo da valorizzare i tagli della carne fresca proveniente dai suini allevati e macellati in conformità ai rigorosi Disciplinari delle produzioni riconosciute a DOP secondo il Reg. CEE 2081/92.
La denominazione Gran Suino Padano incorpora indissolubilmente i valori legati ai territori di provenienza delle carni stesse, che si qualificano come un sistema unitario, frutto della tradizione e dell’esperienza umana maturata nel corso dei secoli e garantito dai controlli continui di un organismo terzo. Una tutela che rappresenta al tempo stesso una garanzia per i consumatori e un fattore di sviluppo del settore agroindustriale dell’area tipica.
Le dimensioni del mercato. Nel 2005, i suini macellati nell’ambito dei circuiti Parma e San Daniele, che equivale al circuito del Gran Suino Padano, sono stati 8.964.496, pari a circa il 68% del totale dei capi macellati in Italia. Le imprese interessate ammontano a oltre 5.300 allevamenti e 135 macelli, sparsi in tutto il centro-nord Italia.
Il giro d’affari potenziale del Gran Suino Padano raggiunge all’origine 1,8 miliardi di euro. La carne suina rimane la carne più consumata dagli italiani: il consumo pro-capite di questo tipo di carne, tra carne fresca e salumi, è stabile a 30,8 Kg, mentre la sua incidenza sul consumo complessivo delle carni fresche è pari al 21,5%.