Sono ancora troppe le persone che si infortunano, muoiono e si ammalano di lavoro. Nel solo periodo gennaio – maggio 2016 sono morti al lavoro 25 emiliano-romagnoli (cinque a Bologna; quattro a Forlì-Cesena; uno a Ferrara; due a Modena; due a Parma; due a Piacenza; due a Ravenna; sei a Reggio Emilia; uno a Rimini). Senza considerare i deceduti mentre si recavano al lavoro (nel 2015 si stimano 96 morti sul lavoro, compresi quelli in itinere, con una tragica media di otto decessi al mese). Nello stesso tempo, anche sul terreno delle malattie professionali c’è ancora molto da fare: sono pochissimi i tumori di origine professionale riconosciuti (appena 55 in tutta la regione nel 2014) e non sono affatto riconosciute le malattie professionali di natura psico – sociale (depressione, burnout). Senza considerare che sebbene siano al primo posto le malattie osteo–articolari (i due terzi del totale riconosciuto in regione), sovente l’INAIL fatica a riconoscerle, come ad esempio avviene con le cassiere dei super e degli iper mercati, particolarmente colpite da queste patologie a causa di un’organizzazione del lavoro non sempre ergonomicamente corretta.
E’ quanto è emerso questa mattina a Bologna dove la Cisl dell’Emilia Romagna ha riunito presso la propria sede regionale oltre cento rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di tutta la regione per presentare la propria piattaforma sulla salute e sicurezza sul lavoro. Un’assise da cui è stata indirizzata a imprese, Regione e INAIL la richiesta di un deciso cambio di passo verso una maggiore prevenzione, visto che oggi in Emilia Romagna appena il 4% della spesa sanitaria regionale viene speso per tali finalità.
“Richieste – ha sottolineato Ciro Donnarumma, della Segreteria regionale Cisl – che trovano piena conferma nei dati scaturiti nel corso della discussione. Difatti ’Emilia Romagna ha il poco invidiabile primato nazionale dell’incidenza degli infortuni sul lavoro (numero di infortuni sul lavoro rapportati al numero dei lavoratori e delle lavoratrici) : nel 2016 (specie nei settori dell’agricoltura, dei trasporti e magazzinaggi, dell’industria, delle costruzioni e del commercio all’ingrosso e al dettaglio) circa 48 emiliano – romagnoli su 1.000 si infortuneranno sul lavoro, contro una media nazionale di 32 lavoratori infortunati ogni mille”. “Tuttavia – ha chiosato il sindacalista – per un’analisi corretta e trasparente occorrerebbe chiedersi se tutti gli infortuni che si verificano nelle altre regioni del nostro Paese vengano denunciati”.
“Al di là delle innegabili difficoltà – sottolinea Giorgio Graziani, segretario generale della Cisl regionale – in Emilia Romagna importanti passi in avanti sono stati fatti nell’emersione degli stessi infortuni e, in particolare, delle malattie professionali, e questo grazie soprattutto alla insostituibile e preziosa opera di denuncia, di sensibilizzazione e di prevenzione dei RLS e RLST (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sul lavoro). Ma meriti vanno anche al miglioramento della diagnostica e della normativa, alla maggiore attenzione da parte delle persone verso la propria salute e naturalmente all’indispensabile e costante azione di tutela e informazione svolta dai sindacati attraverso l’ausilio Patronati. Ora però bisogna guardare avanti e fare ancora di più!”.
Ed è proprio da queste considerazioni che muovono le mosse le cinque proposte avanzate dalla Cisl regionale per migliorare le condizioni di salute dei lavoratori emiliano – romagnoli : coinvolgimento di medici di base e medici ospedalieri nella segnalazione delle malattie professionali; più accurata valutazione dei rischi da parte delle aziende e maggiore vigilanza delle AUSL sulla correttezza e alla completezza del processo; sperimentazione di soluzioni concordate tra management aziendale, RLS, medici competenti e AUSL per un significativo adeguamento del lavoro alle persone e alle loro diversità (età, genere …); sperimentazione da parte dei medici competenti (aziendali) di soluzioni ergonomiche; costituzione di un gruppo di lavoro regionale compartecipato da Regione, Ausl, INAIL e Patronati per elaborare azioni comuni di promozione dell’emersione delle malattie professionali.