Afferrare un oggetto: un gesto semplice che ripetiamo più volte al giorno. Ma cosa succede se dobbiamo farlo al buio? Un gruppo di ricerca del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, guidato dalla professoressa Patrizia Fattori, ha indagato i meccanismi con cui il nostro cervello modula, integra e processa informazioni di diversa natura, permettendoci di compiere un’azione delicata come prendere qualcosa tra le mani anche senza l’aiuto della vista.
Lo studio, appena pubblicato sulla rivista Scientific Reports (gruppo Nature), si è occupato dei meccanismi neurali che codificano i movimenti di afferramento in diverse condizioni visive scoprendo che, in un’area classicamente definita visiva della corteccia parietale posteriore, esistono neuroni che integrano i segnali visivi e motori in modo altamente complesso. Una serie di risposte neurali, quindi, che contribuiscono ad aggiornare e controllare continuamente il movimento della mano mentre questa interagisce con l’oggetto da afferrare, calibrando il peso delle varie informazioni sensoriali disponibili all’interno di un ambiente multisensoriale e dinamico.
“Questo studio – spiega la professoressa Fattori – rappresenta un’ulteriore dimostrazione di come le aree parietali del cervello siano coinvolte nel monitoraggio di azioni sia di raggiungimento che di afferramento. Un ruolo, questo, che è estremamente importante per l’interazione con l’ambiente esterno e porta con sé la possibilità di progettare neuroprotesi sempre più efficienti e versatili. Si tratta di un risultato di cui siamo molto fieri, nato all’interno del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater, dove la ricerca è stata interamente progettata e condotta”.
Lo studio si è avvalso di metodologie di registrazione che permettono l’acquisizione del segnale neurale in tempo reale, cioè con una perfetta correlazione temporale tra le attività neurali e gli stimoli a cui il cervello deve rispondere durante un movimento di afferramento in diverse condizioni sensoriali.
“Il principale obiettivo del nostro gruppo di ricerca – continua Patrizia Fattori – è riuscire a dare il maggior contributo possibile alla comprensione di quei meccanismi cerebrali che sono in grado di controllare abilmente la miriade di azioni che eseguiamo di continuo e in maniera quasi automatica. Conoscenze, queste, che possono poi essere applicate in campo medico e neuro-ingegneristico per sviluppare soluzioni in grado di superare gravi situazioni di disabilità”.