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Crisi grano: contro i prezzi bassi, tali che si produce in perdita, Cia-Confagricoltura e Copagri Reggio Emilia chiedono la solidarietà delle istituzioni locali

Grano-ReggioMercati al ribasso con prezzi quasi dimezzati rispetto a un anno fa, speculazione selvaggia e import in costante aumento. I produttori di grano non ci stanno più. Per sottolineare la gravità della situazione e chiedere l’impegno delle istituzioni locali al fianco dei produttori in grave difficoltà, una delegazione di Cia, Confagricoltura e Copagri di Reggio Emilia, guidata dai presidenti di Cia Antenore Cervi e di Confagricoltura Marcello Bonvicini, hanno incontrato a Palazzo Allende Il presidente della Provincia Giammaria Manghi ed il Consigliere delegato all’Agricoltura Alessio Mammi, cui hanno sottoposto i problemi del settore, chiedendo nel contempo un sostegno pubblico delle istituzioni nei confronti di chi produce. Una richiesta che si chiede di concretizzare con un ordine del giorno da approvare nell’Assemblea dei Sindaci e nei Consigli comunali.

“In queste condizioni noi potremmo non seminare nella prossima campagna – hanno spiegato Cervi e Bonvicini -. Attualmente gli agricoltori producono grano di qualità ma in perdita (17/18 euro al quintale per il frumento duro, largamente al di sotto dei costi di produzione, addirittura sotto i 15 euro per il grano tenero) e la situazione non può restare questa. L’Italia ha una forte tradizione cerealicola, ma le speculazioni di mercato la stanno spazzando via”.

Il presidente Manghi ed il delegato all’agricoltura della Provincia Mammi, hanno condiviso la mobilitazione delle associazioni agricole ed espresso appoggio per gli obiettivi che si pongono, sottolineando la necessità di evitare l’eccesso di importazioni, senza vantaggi per i consumatori, quindi operazioni puramente speculative. In particolare il presidente Manghi ha ringraziato per il coinvolgimento delle istituzioni, perché questo porta un dialogo fattivo, e si può quindi cercare di sensibilizzare il territorio, rispetto ad una situazione che vede in pericolo produzioni identitarie che dovrebbero invece essere tutelate, mentre il deprezzamento dei prodotti rischia di affossare i sistemi agricoli, come si è già visto per il latte ed altre produzioni.

I rappresentanti della Provincia si sono quindi impegnati a diffondere ai Comuni il testo di un ordine del giorno, da discutere nei consigli.

Per il grano si è andata determinando una situazione paradossale, che ha visto l’immissione nel mercato di ingenti quantità di grano importato proprio nel periodo della trebbiatura, provocando il tracollo dei prezzi e aumentando a dismisura il già ampio divario tra costo del frumento e prezzo del pane e della pasta. Da qui la proposta che sta prendendo corpo di bloccare l’import per due o tre settimane, così da permettere lo stoccaggio del grano prodotto e svuotare i silos. Tutto questo in attesa che le azioni annunciate dal governo la scorsa settimana trovino attuazione e i prezzi risalgano.

“Si sta assistendo a comportamenti di vero e proprio sfruttamento – hanno detto i rappresentanti agricoli -. Oggi il raccolto di 6 ettari seminati a grano basta appena per pagare i contributi di una famiglia media di agricoltori. Le aziende sono oggetto di una speculazione senza precedenti, con sistema industriale e commerciale che impongono ai produttori condizioni inaccettabili. Gli stessi Consorzi Agrari non stanno facendo il loro lavoro perché, anziché stoccare il prodotto in attesa di prezzi più remunerativi, lo immettono sul mercato, accrescendo ancora di più la pressione sui prezzi”. In più, “gli agricoltori sono costretti a competere con importazioni ‘spregiudicate’ dall’estero (+10% solo nei primi 4 mesi del 2016), da parte di operatori commerciali, mentre in Italia si registra una produzione straordinaria di 9 milioni di tonnellate di grano, a fronte di una media annua di 7 milioni di tonnellate (+29%)”.

Ma se gli agricoltori ci perdono, a guadagnarci da questa situazione sono solo le grandi multinazionali che importano grano dall’estero per produrre all’insegna di un’italianità che non è reale, senza preoccuparsi di cosa conterrà la farina e di cosa mangeranno le famiglie.

 

Nella foto da sx Bonvicini, Cervi, Mammi, Manghi

















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