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Reggio E.: donne nelle grandi aziende, solo 1 su 19 ai vertici

Nelle grandi aziende (con più di 100 dipendenti) per ogni dirigente donna ci sono 18 dirigenti uomini (in Emilia-Romagna il rapporto è di 1 a 10) e per ogni donna quadro ci sono 5 uomini quadro (in regione 1 su 3). Se poche sono le donne dirigenti, moltissime (58,8%) fanno invece le operaie o le impiegate (58,7%).

Il gap per le donne non riguarda solo il lavoro, ma anche la formazione: infatti se in un anno i lavoratori maschi raggiungono un totale di 20 ore di formazione, per le lavoratrici le ore sono solo 12 e la partecipazione ai corsi riguarda solo il 39,3% di donne (contro l’80,1% dei maschi). Il lavoro femminile risulta però più stabile (il 92,2% ha un contratto a tempo indeterminato) rispetto alla media regionale (86,4%) e con una buona percentuale di occupate (35,4%) che utilizza il part time.
Sono i dati più salienti che emergono dal “Rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende di Reggio Emilia” relativo al biennio 2002-2003, previsto dall’art.9 della legge 125/91 “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro”.

Le Consigliere di Parità di Reggio Emilia Natalia Maramotti e Donatella Ferrari, grazie alla collaborazione dell’Ufficio Statistica della Provincia, hanno riletto i dati relativi a 131 aziende- che occupano in totale circa un quarto (54.047) dei lavoratori e delle lavoratrici reggiane – in un’ottica di genere e li hanno presentati questa mattina nella sala conferenze di Palazzo Magnani, dove erano presenti anche l’Assessore provinciale al Lavoro Gianluca Ferrari, Lamberto Melloni, dell’ufficio provinciale Statistica, Laura Serantoni, Consigliera di parità della Regione Emilia-Romagna, Maurizio Marengon, del Servizio Lavoro della Regione e la collaboratrice delle Consigliere Anna Colli.

“Dalla lettura al femminile dei dati – hanno commentato le Consigliere di parità -emerge in modo molto chiaro quanto le donne siano ancora oggetto di forti fenomeni di segregazione nei ruoli decisionali e nella formazione. Per invertire questa tendenza occorrerebbe investire di più sulla qualità del lavoro femminile, oggi non adeguatamente valorizzato. Le donne, e tutti i dati lo dimostrano, sono più istruite e più competenti degli uomini, ma hanno un problema che gli uomini non hanno: far conciliare gli impegni professionali con quelli di cura che ricadono sempre e solo su di loro. Finchè non ci sarà una più equa ripartizione del lavoro di cura, i datori di lavoro continueranno a considerare le donne meno affidabili e le discriminazioni si perpetueranno”.

La Consigliera regionale Laura Serantoni ha poi sottolineato anche un altro fattore che incide in modo non secondario sulla segregazione femminile: “Le donne – ha detto – continuano a preferire percorsi d’istruzione di tipo umanistico e in generale non sono abituate a ricoprire ruoli dirigenziali, per questo la Regione Emilia-Romagna sta mettendo mano al problema anche attraverso corsi di leadership per donne, inoltre la nuova legge regionale sul lavoro prevede l’assegnazione di voucher affinchè le lavoratrici dipendenti o le imprenditrici, possano acquistare quei servizi (quali quelli prestati da baby sitter e assistenti familiari per genitori anziani) che sarebbero altrimenti obbligate a svolgere in prima persona, ovviamente, però, rinunciando al lavoro fuori casa”.

L’Assessore al lavoro Ferrari ha poi sottolineato come “gli esiti del rapporto confermino alcune caratteristiche del tessuto produttivo reggiano, ancora di segno marcatamente manifatturiero. I fabbisogni dell’industria, che peraltro offre contratti di lavoro più stabili rispetto al terziario, inevitabilmente riguardano maggiormente operai e impiegati”. “L’iniziativa di oggi – ha aggiunto – è di grande importanza per la messa in campo di politiche che valorizzino la qualità e la tenuta del lavoro delle donne”. L’Assessore si è infatti successivamente soffermato sui segnali negativi che da qualche anno si affacciano in tema di occupazione femminile. Dal 2004 al 2005 il tasso di disoccupazione è passato dal 5% al 5,4% e i licenziamenti collettivi e la mobilità sono processi che riguardano sempre più da vicino le donne.
Grazie al software realizzato da Italia Lavoro in collaborazione con la rete nazionale delle Consigliere di parità, sarà d’ora in poi più semplice e veloce per le imprese compilare i rapporti obbligatori sulla situazione del personale.

















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