L’architetto irlandese Shelley McNamara, fondatrice dello studio Grafton Architects insieme a Yvonne Farrell, ha partecipato al programma “costruire, abitare, pensare” di Cersaie 2016 con la conferenza “An Arena for Learning: Grafton Architects”. In dialogo con Fulvio Irace, professore di Storia dell’architettura del Politecnico di Milano, Shelley McNamara ha affrontato il tema dell’educazione: in che modo l’architettura delle università e dei luoghi di istruzione può contribuire a migliorare la formazione dei giovani, in un mondo sempre più complesso? Come favorire la circolazione delle idee e aumentare il confronto tra le varie discipline?
Shelley McNamara e Yvonne Farrell, socie dello studio Grafton Architects con sede a Dublino, hanno infatti affrontato il tema dell’education in diversi progetti, realizzando strutture per numerose università come la Facoltà di Economia dell’Università di Tolosa o la Bocconi di Milano, che Shelley ricorda come “uno dei progetti più cari e sfidanti” della loro carriera, o il campo universitario UTEC di Lima, definito dalle stesse “un’arena per imparare”.
“Noi pensiamo che cultura e ambiente siano sempre connessi, e cerchiamo di trovare un equilibrio tra reale e surreale, razionale e astratto: questa è la filosofia dietro la nostra architettura – ha rivelato McNamara –. E questo principio abbiamo seguito nei nostri lavori: un rapporto continuo, di dialogo, tra interno ed esterno; nei nostri edifici universitari volevamo che il mondo dello studio si permeasse con quello esterno”. Anche per questo l’Università di Lima, per esempio, non ha finestre, ma “spazi aperti, pieni di luce, con protezioni a ripararli da vento, polvere e umidità, ma che non impediscono l’unione dell’edificio con la vita della città, quasi a invitare la città stessa all’interno del mondo universitario”.
Ma naturalmente ogni progetto è differente, e “si adatta alle esigenze educative dell’edificio che stiamo progettando, dal messaggio che vuole trasmettere – ha proseguito McNamara –. I nostri edifici non vogliono contenere, racchiudere, ma liberare”. “Ogni giorno in una città puoi imbatterti in qualcosa che ti cambia la vita – ha poi sottolineato l’architetto –, anche nei nostri edifici vogliamo ci sia questa possibilità”. Ed è proprio questa energia, ha concluso, a ispirare gli studenti.
E se in poesia è fondamentale il ritmo, il “collegamento tra sogno e realtà”, così nei loro lavori lo studio Grafton ricerca un “ritmo” negli edifici, un equilibrio tra forme, luci e ombre, materiali, che doni loro una sfumatura quasi musicale. Inoltre, “l’architettura non è passiva, ma evolve: non si tratta mai di un semplice edificio che si limita a restare immobile nel tempo, la percezione che se ne ha muta e così il suo ruolo”, ha spiegato Shelley McNamara.
A Cersaie, nel corso dell’incontro, Shelley McNamara non solo ha illustrato i progetti realizzati con la collega Farrell, ma ha spiegato quali siano la loro visione architettonica e la loro concezione in materia. Lo studio Grafton Architects è stato fondato nel 1978. Yvonne Farrell e Shelley McNamara oltre a dirigere lo studio hanno insegnato alla Scuola di Architettura dell’Università di Dublino dal 1976 al 2002; ora sono visiting Professor alla Accademia di Architettura di Mendrisio, ma hanno avuto incarichi di rilievo anche ad Harvard e alla Yale University. I loro progetti sono stati esposti al MOMA di New York e quest’anno partecipano con il progetto dell’Università di Lima alla Biennale di Architettura di Venezia. Recentemente, sono state selezionate per progettare un nuovo edificio della London School of Economics and Political Science di Londra.
E lo studio è molto attento anche al tema della sostenibilità, che “non è solo una questione legata al design di un edificio – ha commentato l’architetto irlandese –, ma anche al suo modo di celebrare lo spazio e l’ambiente che lo circonda, rispettando chi lo frequenta. Quando gli edifici celebreranno l’ambiente, allora lo rispetteranno”.