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Lo studio di una giovane dottoranda Unimore pubblicato sulla rivista American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine

sara-roversiUna ricercatrice modenese ha prodotto un lavoro di revisione sistemica che evidenzia l’importanza delle malattie cardiache nei pazienti affetti da Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva – BPCO. Lo studio della dott.ssa Sara Roversi di Unimore – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, svolta con la collaborazione internazionale fornita da ricercatori e professori di Modena, Vancouver (Canada) e Barcellona (Spagna), è stata pubblicata sotto forma di articolo dal titolo “Chronic obstructive pulmonary disease and cardiac diseases: an urgent need for integrated care” sulla prestigiosa rivista scientifica di pneumologica American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine.

Il lavoro di revisione sistematica, condotto da Sara Roversi, fa emerge una reale necessità di approfondire il tema dei pazienti affetti da pluri-patologie, poiché in questi casi sia i processi diagnostici che terapeutici risultano più complessi. La ricerca, rivolta a professionisti medici con diverse specializzazioni, pneumologi, cardiologi ed internisti, si è proposta il compito di riassumere e descrivere in modo pratico le indicazioni diagnostiche, cliniche e terapeutiche per la corretta gestione dei numerosi pazienti che sono affetti sia da BPCO che da malattie cardiache croniche, in particolare da scompenso cardiaco e/o ischemia miocardica, e/o da fibrillazione atriale. Questi pazienti costituiscono circa il 40% di tutti i pazienti affetti da BPCO moderata grave, quindi circa  1 milione a livello nazionale e circa 10.000 nella sola provincia di Modena.

La BPCO è una malattia cronica frequente ad andamento ingravescente, che colpisce quasi esclusivamente soggetti adulti o anziani (arriva al 20 % nei pazienti più anziani).  Una minoranza dei pazienti con BPCO muore per insufficienza respiratoria, mentre la maggior parte dei pazienti, muore per altre cause, in primis malattie cardiovascolari e neoplastiche.

Da questo lavoro, che si propone sia di guidare i professionisti secondo quelle che sono le evidenze attualmente disponibili, sia di enfatizzare i punti non chiari e proporre nuovi indirizzi di ricerca, nasce l’interesse della comunità scientifica verso le comorbidità della BPCO, in particolare verso le comorbidità cardiache.

“Tra i sintomi principali della BPCO – spiega la dott.sa Sara Roversi, dottoranda in Medicina Sperimentale che lavora presso il Reparto di Medicina Metabolica dell’ Ospedale di Baggiovara, diretta dal prof. Leonardo Fabbri di Unimore – vi sono la mancanza di respiro e la scarsa tolleranza allo sforzo, sintomi aspecifici e comuni ad altre malattie. Infatti, anche i pazienti con malattie cardiache croniche spesso lamentano mancanza di respiro e intolleranza all’esercizio. Diventa quindi importante pensare alla possibile presenza di copatologie cardiache, che vanno cercate attivamente e trattate in modo opportuno”.

La gestione terapeutica, quindi, viene influenzata dalla presenza di copatologie: alcuni farmaci risultano meno indicati nei pazienti con BPCO, altri invece risultano ancora poco utilizzati nella pratica clinica, nonostante abbiano dato dei buoni risultati negli studi scientifici.

“La terapia della BPCO – aggiunge la dott.ssa Roversi – prevede l’utilizzo di farmaci broncodilatatori, tra cui i beta-agonisti. Al contrario, la terapia dello scompenso prevede l’utilizzo di farmaci ad azione inversa, i beta-bloccanti. Bilanciare le due terapie, secondo le patologie e le necessità del paziente richiede un attento iter diagnostico e terapeutico. In un’era di alta specialità medica, in cui spesso si ragiona per singole malattie, non bisogna dimenticare che il paziente è un individuo unico, e come tale va curato”.

 

La pubblicazione

La pubblicazione dell’articolo ha fatto seguito a quasi un anno di aggiornamento e ricerca bibliografica, in cui si sono analizzati e valutati gli studi precedentemente pubblicati nell’ambito della BPCO e delle malattie cardiache, nonché le linee guida internazionali e i documenti di consenso. Questa imponente attività di valutazione dei dati ha coinvolto professionisti di varie discipline e varie nazionalità: la dott.ssa Sara Roversi, con la guida di esperti mondiali sulla BPCO e sulle copatologie cardiache, ovvero il prof. Leonardo Fabbri, pneumologo e internista di Unimore, il prof. Don Sin, pneumologo, e il prof. Nat Hawkins, cardiologo, entrambi dell’Università British Columbia di Vancouver, e il prof. Alvar Agusti, pneumologo dell’Hopital Clinic dell’Università di Barcellona, Direttore Generale del progetto Global Initiative on Obstructive Lung Disease (WWW. GOLDCOPD.ORG) che pubblica e aggiorna regolarmente le Linee guida sulla BPCO (in inglese COPD).

“La comorbidità BPCO-malattie cardiache si inserisce nel problema epocale delle malattie croniche dell’anziano, per il quale è stato recentemente pubblicato il piano nazionale da parte del Ministero della Salute”, afferma il prof. Leonardo Fabbri, internista pneumologo di Unimore, membro del Comitato Scientifico GOLD internazionale, e firmatario delle Linee Guida “Semplicemente non esiste malattia cronica isolata nell’anziano, ed ecco perché questi pazienti vanno visti con approccio olistico in ambito internistico. Non è un caso che la NICE ha recentemente pubblicato le prime linee guida sulla Multimorbidità cronica”.

“Il problema della comorbidità cronica si pone quotidianamente anche per il cardiologo, che con ugual frequenza trova malattie polmonari croniche, ed in particolare la BPCO, nelle malattie cardiache, ed in particolare nella cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco e fibrillazione atriale”, spiega il prof. Giuseppe Boriani, Direttore della Cardiologica del Policlinico di Modena, recentemente nominato Direttore del Dipartimento interaziendale di Malattie Nefrologiche, Cardiache e Vascolari, “ed impone una sempre più stretta collaborazione fra Cardiologi, Pneumologi ed Internisti. Nell’ambito della Società Europea di Cardiologia, abbiamo istituito il Registro EORP-AF, di cui sono attualmente il Chairman, che mira a raccogliere dati nel mondo reale su più di 10.000 pazienti affetti da fibrillazione atriale. Una analisi preliminare condotta su 3000 pazienti affetti da fibrillazione atriale ha evidenziato come la BPCO sia presente in un caso su 10, associandosi a una prognosi severa in termini di rischio tromboembolico e mortalità cardiovascolare. Emerge pertanto la necessità di un approccio integrato al paziente con fibrillazione atriale, in grado di ottenere effetti sinergici dalla collaborazione fra i vari specialisti che hanno in cura un paziente”.

“Il tema affrontato dalla dott.sa Roversi costituisce una formidabile sfida per la ricerca clinica e sperimentale, sia perché impone un approccio nuovo diverso dal passato, orientato alla patologia d’organo, sia perché i meccanismi alla base dello sviluppo simultaneo delle malattie croniche sono spesso simili, in particolare quelli infiammatori”, afferma il prof. Giuseppe Biagini, Direttore del Dottorato di Ricerca in Medicina Clinica e Sperimentale.

“Il lavoro pubblicato dalla nostra giovane dottoranda Sara Roversi, specialista cardiologa operante in un dipartimento medico internistico, fa emergere la sempre più necessaria integrazione fra le diverse specialità mediche. È inoltre motivo di soddisfazione che l’affiliazione a prestigiose università internazionali dei co-autori dell’articolo confermi la Scuola di Dottorato di Medicina Clinica e Sperimentale, afferente al nostro Dipartimento, nell’indispensabile contesto internazionale della ricerca di punta – afferma il prof. Carlo Adolfo Porro, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche Metaboliche e Neuroscienze di Unimore”.

 

















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