Ha meno di 70 anni è sposato (78%) con figli (73%) e nipoti (24%), vive nella città in cui è nato (61%). L’86% è proprietario della casa in cui abita. Quanto al reddito, il 58% è nella fascia tra mille e duemila euro, mentre il 19% è sopra i duemila euro . Per gli anziani, la rete sociale primaria è rappresentata dalla famiglia. Al 22% ci sono i vicini e gli amici.
A scattare la fotografia sugli over lungo la via Emilia, sono la Uil Pensionati Emilia Romagna e l’Ada Emilia Romagna (Associazione diritti degli anziani) nella ‘Seconda indagine sulla qualità della vita degli anziani in Emilia Romagna’ che è stata illustrata nel convegno in corso cui hanno partecipato il segretario generale Uil Pensionati, Romano Bellissima; il segretario generale Uil Emilia Romagna, Giuliano Zignani; il segretario generale Uil Pensionati Emilia Romagna, Rosanna Benazzi e la presidente di Ada Emilia Romagna, Francesca Specchia.
Quattrocento i questionari somministrati (267 i validati) ad un campione 65-80enni.
Un quadro di stabilità che, però, vacilla di fronte delle spese spese impreviste. Per il 60%, è un problema. Del resto il 69% asserisce che negli ultimi cinque anni la loro sicurezza è cambiata, in peggio.
L’81% usufruisce dei servizi socio-sanitari e l’85% esprime parere positivo sul servizio. Violenza (50%), corruzione (46%) e terrorismo (41%) sono tra le cause principali dell’insicurezza; l’immigrazione lo è, ma solo nel 32% dei casi. Quanto alla qualità della vita può migliorare con maggiori servizi al cittadino (29%) e più sicurezza in città (28%).
«Le proiezioni a lungo termine ci dicono che l’invecchiamento nel nostro Paese è fra i più rapidi tra le nazioni europee al punto che si stima sarà nel 2050 pari al 35% della popolazione. E in Emilia Romagna, la popolazione ultra 65enne è già al 23,4% con punte del 27% a Ferrara e del 24,7% a Ravenna – osserva il segretario generale Uil pensionati Emilia Romagna, Rosanna Benazzi -. Inoltre la fascia degli ultra 80enni è composta principalmente da donne sole, spesso con scarso reddito e con una rete familiare sempre più rarefatta: è in questa nicchia che si ritrova la fragilità da solitudine».
L’Emilia Romagna, aggiunge la presidente di Ada Emilia Romagna, Francesca Specchia, «ha investito molto nello stato sociale, ha una rete di servizi strutturata e importante che, in futuro, dovrà essere consolidata per rispondere ai vecchi e nuovi bisogni dei suoi cittadini. Lo spirito di questa indagine parte dalla necessità di avere più strumenti conoscitivi adeguati alla complessità del pianeta anziani la cui promozione del benessere investe una pluralità di dimensioni, dagli aspetti sociali a quelli economici, dalla cultura del territorio, alla psicologia delle persone, dagli aspetti sanitari a quelli familiari e comunitari. E quindi esige risposte non di sola assistenza e sanitarie ma anche di promozione del capitale umano e sociale, di ricostruzione della coesione sociale, nella consapevolezza che fra le persone anziane, si celano risorse, capacità, talento e grande potenziale».
Entrando nel merito della ricerca, osserva Benazzi, «il quadro che ne scaturisce è caratterizzato da componenti che generano una certa preoccupazione, influenzato da variabili socio-demografiche. E’ chiaro che l’anziano non è una categoria omogenea, ci sono i “giovani anziani” e ci sono i “grandi anziani” con i loro bisogni specifici sanitari e sociali. Ci sono differenze anche economiche, e spesso di non poca entità. Ci sono forti differenze culturali, di reti parentali e amicali, di stato di salute e di autosufficienza».
Nel complesso, i punti chiave emersi, prosegue il segretario generale Uil Pensionati Emilia Romagna, Rosanna Benazzi, «un generale impoverimento degli anziani e in special modo delle donne anziane; la parcellizzazione della struttura familiare; il peso fortissimo delle tecnologie digitali, dalle quali è esclusa ancora una fetta consistente di popolazione anziana e tra essa soprattutto le donne; una insicurezza e preoccupazione per il futuro non solo per se stessi, ma soprattutto per I giovani. Emerge anche l’importanza del tessuto comunitario e familiare e il ruolo economico degli anziani le cui pensioni, in molti casi, sono sostegno indispensabile a garantire la sussistenza delle famiglie di figli e parenti.
Dobbiamo riflettere sull’intera società, sui cambiamenti culturali necessari e sugli strumenti che essa è in grado di mettere in campo per affrontare i bisogni delle persone anziane – conclude Specchia -, il che pone sfide molto forti nell’organizzazione dei servizi dove continuamente cambiano i flussi e le caratteristiche degli utenti, ma dove cambiano anche i bisogni stessi e le loro modalità di definizione e con questi le strutture organizzative pensate per affrontarli».