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Conferita la cittadinanza onoraria di Reggio Emilia al popolo curdo e ad Abdullah Ocalan

È stata conferita oggi pomeriggio in Sala del Tricolore la cittadinanza onoraria al Popolo curdo e per esso ad Abdullah Ocalan, leader della lotta dei curdi per l’autodeterminazione. A ritirare la cittadinanza al posto di Ocalan, a oggi condannato alla pena dall’ergastolo e detenuto sull’isola- prigione di Imrali, era presente sua nipote Dilek Ocalan, la più giovane parlamentare dell’assemblea turca eletta per l’Hdp, il Partito democratico popolare. All’incontro hanno preso parte l’assessore alla Città internazionale Serena Foracchia, la presidente del Consiglio comunale Emanuela Caselli e la consigliera Lucia Lusenti, che propose l’ordine del giorno, poi approvato, a seguito del quale l’assemblea consiliare ha poi deliberato il conferimento della cittadinanza. Erano presenti numerosi cittadini e rappresentanti di diverse associazioni civiche.

La motivazione della cittadinanza onoraria è stata la seguente: “Per aver fatto propri i valori nonviolenti che personalità come Mahatma Gandhi, Martin Luther King Jr e Nelson Mandela hanno donato all’umanità. Perchè attraverso la richiesta di una commissione di verità e riconciliazione è il fautore di una politica di distensione, dialogo e convivenza tra il Popolo Turco e il Popolo Curdo all’interno di una stessa nazione. Per aver più volte sollecitato il proprio popolo alla fratellanza, la democrazia, la pace e la dignità umana e al rinnegamento della battaglia politica attraverso mezzi violenti”.

Il conferimento della cittadinanza onoraria ad Abdullah Ocalan e al popolo curdo vuole essere testimonianza di vicinanza alla loro causa; Ocalan è oggi uno dei simboli del dialogo per la convivenza tra turchi e curdi attraverso il Confederalismo democratico, che non ha come obiettivo quello di formare un nuovo Stato su base etnica, ma determinare autonomie culturali e legislative su base regionale all’interno dei confini turchi, iracheni, siriani e iraniani. Una politica di fratellanza, dialogo e convivenza tra i popoli turco e curdo che il leader porta avanti da diversi anni, anche attraverso la richiesta, alle istituzioni curde, di fondare una ‘Commissione di verità e giustizia’ per investigare sui gravi fatti di sangue che hanno coinvolto il Pkk (partito dei lavoratori del Kurdistan, di cui era leader) e le forze di sicurezza turche.

Il popolo curdo ha anche assunto un importante ruolo nella difesa del Medio Oriente dalla guerra di conquista generata dall’Isis, in particolare nella riconquista della città di Kobane e degli altri territori occupati illegalmente dal califfato.

“Sarebbe stato auspicabile che quest’oggi con noi ci fosse Abdullah Ocalan – ha detto Dilek Ocalan – purtroppo non è possibile. Da diciotto anni il presidente del popolo curdo vive nel più completo isolamento, senza alcun diritto, neppure quelli più basilari, come ricevere la visita dei propri familiari. Nonostante la pesante condizione di isolamento in cui vive, egli non perde occasione per chiedere dialogo e una risoluzione pacifica dello scontro tra turchi e curdi, dimostrando così di essere un uomo che ricerca la pace e vuole la salvaguardia della vita democratica. La Turchia sta oggi vivendo una situazione molto difficile: sono stati arrestati migliaia di politici, intellettuali, giornalisti e giuristi. Oggi sono a rischio di vita il popolo curdo stesso e gli ambienti antifascisti che vogliono la pace e che proteggono i valori democratici e la convivenza. Reggio Emilia e il popolo italiano sanno cosa significhi combattere per la libertà e la democrazia: per questo la vostra solidarietà ha ancora più importanza”.

Abdullah Öcalan, politico turco, ma di nazionalità curda, si è battuto per l’affermazione dei diritti umani e democratici del suo popolo e contro la repressione. È il simbolo della lotta del popolo curdo, a cui appartengono 40 milioni di persone divisi tra diversi Paesi del Medio Oriente: Turchia, Siria, Iraq e Iran. Leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), Ocalan viene arresto il 15 febbraio 1999 all’aeroporto di Nairobi in Kenya: pochi mesi dopo, il 29 giugno, viene condannato a morte dal governo di Ankara per attività separatista armata. Nel 2002 la sua condanna viene commutata in ergastolo, da scontare in totale isolamento nell’isola di Imrali, in condizioni giudicate ‘disumane’ dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nonostante questo, il leader ha iniziato un percorso di confronto con il governo turco, finalizzato alla risoluzione pacifica del conflitto tra Pkk e governo turco. È stato lui a proporre alle autorità curde la fondazione di una “Commissione di Verità e Giustizia” per investigare sui crimini commessi dal Pkk e dalle forze di sicurezza turche.

 

















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