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Distretto socio-sanitario dell’Appennino bolognese: l’Ausl presenta la sua proposta di organizzazione, più assistenza territoriale e più qualificazione nell’assistenza ospedaliera

Una proposta complessiva che porterà alla riorganizzazione dei servizi ospedalieri del Distretto e ad un rafforzamento e una più efficiente rete di Case della Salute. Si è discusso di questo e di molto altro nel corso della riunione del comitato di Distretto dell’Appennino bolognese tenutasi il 13 gennaio a Vado di Monzuno, richiesta in particolare dagli amministratori del territorio, per aprire il confronto insieme alla direzione dell’Ausl, in modo da informare i cittadini che si interrogano sul futuro della sanità pubblica nell’Appennino bolognese. Presenti anche alcuni professionisti che operano sul territorio dell’Appennino.

Il piano che l’azienda sanitaria ha cominciato a delineare rappresenta l’avvio di percorso di discussione del documento sulla Programmazione dell’assistenza territoriale e della rete ospedaliera nell’area metropolitana di Bologna, per l’attuazione sul territorio metropolitano del cosiddetto “Decreto Balduzzi” del 2012. Il decreto prevede un forte impegno nella cosiddetta de-ospedalizzazione: più assistenza integrata sul territorio con un migliore coordinamento tra i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali, gli infermieri e i fisioterapisti, la trasformazione dei generici poliambulatori in case della salute, cioè centri territoriali vicini al cittadino in grado di conoscerlo e seguirlo anche e soprattutto in ottica preventiva, oltre che curativa, deputati principalmente alle cure primarie e intermedie, lasciando agli ospedali le funzioni specializzate dedicate alle fasi acute delle patologie.

Non solo, il decreto Ministeriale n. 70/2015 prima e il D.G.R. n.2040/2015 poi prevedono la rimodulazione di  225 posti letto ospedalieri pubblici per le quattro aziende sanitarie dell’Area Metropolitana  e il passaggio da regime di ricovero a regime ambulatoriale per alcune prestazioni.

In questa logica l’AUSL propone un sistema integrato e diffuso su tutto il territorio con baricentro per le cure acute che richiedono un ricovero ospedaliero specializzato  a Porretta, mentre il baricentro per la cura e l’assistenza ai pazienti con patologie croniche o stabilizzate e della rete delle cure territoriali verteranno sull’Ospedale di Comunità  e sulla Casa della Salute di Vergato. Oltre a quella principale di Vergato è già esistente la Casa della Salute  di Castiglione e saranno attive nei prossimi anni le case della salute collegate con sede a Marzabotto, Monzuno, San Benedetto Val di Sambro e Alto Reno Terme. La rete delle case della salute in questa proposta ha anche il compito di evitare l’invio al pronto soccorso dei pazienti in modo improprio.

Per comprendere questo percorso bisogna conoscere alcuni dati forniti dall’azienda sanitaria. Siamo di fronte ad un processo di invecchiamento della popolazione dell’Appennino bolognese piuttosto preoccupante. Dal 2004 l’aumento della popolazione residente è stato legato all’incremento della popolazione straniera, che però ha subito un rallentamento dopo il 2011 e dal 2015 è in calo.

Il numero di cittadini con più di 65 anni dal 2000 al 2015 è aumentato dell’1% all’anno (+ 2,5 punti % all’anno gli ultra ottantenni) mentre contestualmente è in calo la popolazione giovanile e adulta, con il risultato che ogni 100 minori sotto i 15 anni ci sono 208 anziani. Il distretto è  quello con i più alti indici di dipendenza da strutture territoriali, cioè con minore necessità di ricorso a strutture cittadine.

“È necessario concentrarsi sulle fasce più fragili della popolazione per sostenerle e anticipare i loro bisogni: occorrono sforzi per la prevenzione, la promozione della salute e il trattamento di quelle patologie legate all’età e per la gestione di problemi territoriali in crescita quali alcolismo e ludopatie cosi come i problemi sociosanitari legati invece alle difficoltà di integrazione della popolazione immigrata, specie nell’area della prima infanzia e dell’adolescenza.” – afferma il dott. Eno Quargnolo, Direttore del Distretto – “Le comunità professionali delle case della salute possono pertanto, secondo tali considerazioni, rappresentare lo strumento migliore per rispondere alle esigenze del contesto storico attuale, perché la fragilità, se non presa in cura, aumenta il ricorso ai servizi sanitari più complessi e onerosi (il 25% della popolazione oggi assorbe 55% costi sanitari)”.

L’Azienda Usl ha costituito, condividendolo con la Conferenza Territoriale Socio Sanitaria un gruppo multidisciplinare per definire il modello organizzativo, i servizi, le competenze e le opportunità che verranno offerte da questo modello territoriale innovativo che prevederà nella fase attuativa anche il coinvolgimento e la partecipazione di tutta la comunità dei cittadini.

“Si tratta di un percorso che è stato appena avviato, anche su sollecitazione di noi primi cittadini – commenta Marco Mastacchi, presidente del distretto dell’Appennino bolognese –  e sono previsti una serie ulteriore di approfondimenti e incontri prima di arrivare alla definizione e all’avviamento del piano previsto per l’estate 2017. Anche il coinvolgimento della cittadinanza, che intendiamo informare sulle decisioni che andranno prese, sarà fondamentale”.

















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