Le Sindromi mielodisplastiche (SMD) e le leucemie mieloidi acute (LMA), due gravi malattie del sangue, sono protagoniste dell’incontro organizzato mercoledì 22 marzo a partire dalle 13:30 dalla Struttura Complessa di Ematologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, diretta dal prof. Mario Luppi, e dalla Struttura Complessa di Pediatria ad Indirizzo Oncoematologico, diretta dal prof. Lorenzo Iughetti. L’incontro si svolge nell’aula P03 del Centro Didattico Interdipartimentale della Facoltà di Medicina e Chirurgia, presso il Policlinico di Modena (via del Pozzo 71) e ha lo scopo di fare il punto sulle nuove acquisizioni biologiche, riguardo a SDM e LMA, derivate dalla ricerca di laboratorio e dagli studi clinici più moderni e sul ruolo dell’infermiere nella cura di questi pazienti ad alta complessità. Questo rappresenta il quarto incontro di confronto tra la l’Oncoematologia pediatrica e l’Ematologia dell’AOU di Modena, e prevede – come abitudine – l’intervento della dott.ssa Patrizia Comoli, nominata, di recente, Direttore della Struttura “Cell Factory e Centro di Ricerche di Medicina Rigenerativa”, Onco-ematologia Pediatrica, IRCCS Fondazione Policlinico San Matteo Pavia, con lunga esperienza anche nell’ applicazione del trapianto di midollo osseo alla cura di tali malattie.
“Le sindromi mielodisplastiche (SMD) – spiega il prof. Mario Luppi – comprendono un gruppo eterogeneo di disordini della cellula staminale che provocano alterazioni morfologiche e funzionali e che possono evolvere verso una forma di leucemia mieloide acuta”. La leucemia mieloide acuta (LMA) è una neoplasia ematologica caratterizzata dall’espansione nel sangue periferico, nel midollo osseo e/o in altri tessuti di cellule atipiche chiamate blasti mieloidi. Essa rappresenta la più comune forma di leucemia acuta negli adulti, con incidenza di 3-4 casi su 100.000 individui per anno e si manifesta in individui con un’età media di 70 anni. “Nella nostra Ematologia, diagnostichiamo e curiamo circa 10-15 nuovi casi di SMD e 30-35 nuovi casi di LMA l’anno” aggiunge il prof Mario Luppi.
La diagnosi di SMD e di LMA, richiede il riscontro all’esame microscopico nel sangue periferico o nel midollo osseo. L’identificazione di alterazioni citogenetiche e/o molecolari è rilevante per una corretta e moderna e precisa identificazione della patologia, ma soprattutto per definire il programma terapeutico più adeguato. “Tale risultato si realizza quotidianamente grazie alla stretta collaborazione tra i laboratori di cito-isto morfologia del midollo osseo, di citogenetica e biologia molecolare afferenti alla nostra struttura e i Laboratori del Dipartimento Inter-Aziendale ad Attività integrata di Medicina di Laboratorio ed Anatomia Patologica diretto dal dottor Tommaso Trenti.” conclude il prof. Luppi.
Il trattamento della LMA si basa sull’utilizzo di farmaci chemioterapici, variamente combinati e somministrati in regime di ricovero. Nei pazienti adulti di età inferiore ai 60-65 anni, in buone condizioni cliniche generali e senza patologie associate, può essere consigliato effettuare trapianti di cellule staminali emopoietiche, precedute da chemioterapia ad alte dosi. In alcuni casi è indicato procedere al trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe, cioè raccolte dal paziente stesso, mentre nei casi di LMA maggiormente aggressiva, è indicato un trapianto allogenico, cioè con la reinfusione di cellule staminali ottenute da un donatore.
“La ricerca è proiettata verso l’individuazione di trattamenti mirati – precisa il prof. Lorenzo Iughetti – che si basa sull’individuazione di specifiche alterazioni molecolari, grazie alle analisi di laboratorio sempre più sofisticate che consentono di utilizzare a livello clinico farmaci mirati verso tali lesioni specifiche, da soli o in associazione alla chemioterapia. A questi farmaci si aggiunge quella degli agenti ipometilanti, che agiscono andando a ridurre la metilazione del DNA, determinando quindi modificazione dell’espressione di alcuni geni a livello cellulare che hanno portato a un miglioramento della sopravvivenza e dei parametri ematologici anche senza l’ottenimento della remissione completa”.
“Le leucemie mieloidi acute – aggiunge la dottoressa Monica Cellini, Referente dell’Oncoematologia Pediatrica – in età pediatrica sono relativamente rare soprattutto nella fascia di età 0-10. L’incidenza della patologia aumenta progressivamente nella fascia 10-18. Anche per il paziente pediatrico si stanno delineando protocolli di trattamento orientati in base alle conoscenze biologico-molecolari della forma leucemica in modo da raggruppare i pazienti in fasce di rischio e, quindi, diversificare l’intensità del trattamento che diventa sempre più personalizzato”. Per le LMA si sono avuti notevoli progressi nella percentuale di guarigione dei pazienti pediatrici che, nelle fasce di rischio basso, rispondono bene alla terapia anche senza dover essere sottoposti a trapianto di midollo osseo.
“Va tuttavia considerato – conclude Luppi – che, soprattutto tra i soggetti anziani, esiste una piccola parte di pazienti che, per fragilità e patologie associate, non risulta compatibile a trattamenti intensivi, per i quali vale solo la terapia ad intensità ridotta o la sola terapia di supporto, che non hanno lo scopo di ottenere la remissione completa dell’emopatia o un allungamento significativo della sopravvivenza, ma unicamente un miglioramento della qualità della vita”.