Lavorano in silenzio da oltre sette secoli e sono le “istituzioni” più antiche presente nel territorio reggiano e garantiscono, oltre che all’irrigazione, anche la sicurezza idraulica. Sono 5 i Consorzi irrigui e di miglioramento fondiario che, per la prima volta, hanno deciso di prendere parola pubblicamente e in maniera unitaria per chiedere acqua, ma non solo, rivolgendosi a Provincia, Regione e Consorzio di Bonifica. Da essi dipendono le produzioni agricole, ma anche l’ecosistema, del cuore della Val d’Enza dove, tra l’altro, si produce il Parmigiano Reggiano dei prati stabili, oltre che a quello delle Vacche Rosse.
Una zona dove è originato il formaggio Dop più famoso al mondo (13 aprile 1159 è la pergamena del formadio) e dove l’economia del tipico ha un indotto di oltre 280 milioni di euro tra le due sponde dell’Enza e compre oltre l’80% del territorio. Ma l’ecosistema, già minacciato dalla cementificazione, è quello caratterizzato dai prati stabili ora messi a dura prova dalla siccità in una vallata dove, all’appello, mancano 120 milioni di metri cubi d’acqua per i diversi usi: umano, agricolo e diversi (dal turistico all’idroelettrico).
Da diversi mesi i consorzi stanno facendo riunioni periodiche con gli agricoltori interessati. L’obiettivo è quello di monitorare una situazione che si è fatta critica. Se Parma e Piacenza hanno ottenuto lo stato di calamità per la crisi idrica, così non è per la parte destra del fiume Enza che, a differenza di Secchia, versa in un grave stato di carenza d’acqua.
“Una situazione di emergenza e per molti versi drammatica, prevedibile e fronteggiabile con le dovute progettazioni e interventi” hanno scritto in queste ore agli enti preposti i Consorzi irrigui e di Miglioramento fondiario Canale Vernazza (col presidente Daniele Barbieri), Quarto di Cavriago (Domenico Codeluppi), Viceodomini di Montecchio (Giovanni Lusetti, vicepresidente), D’Acque di San Polo d’Enza (Roberto Rizzardi), di miglioramento fondiario Sant’Eulalia (Ambrogio Casamatti).
“L’Enza – osservano i presidenti – ha un apporto torrentizio e il suo alveo è stato oggetto nei decenni passati di asportazioni ‘fuori logica’ del materasso ghiaioso dell’alveo. E mentre i sistemi scolanti soggiacciono sempre all’urbanistica, non c’è stata la dovuta attenzione alle realtà plurisecolari dei Conorzi”.
Rivolgendosi a Giammaria Manghi, presidente della Provincia di Reggio Emilia, Stefano Bonaccini, governatore della Regione Emilia-Romagna, Simona Caselli, assessore all’agricoltura, Palma Costi, assessore al verde, Franco Zambelli, commissario Bonifica Emilia Centrale, i cinque Consorzi irrigui e di miglioramento fondiario chiedono riposte concrete e attuative. In particolare, oltre al riconoscimento giuridico e operativo dei Consorzi, chiedono di “rianalizzare in maniera dettagliata la disponibilità di risorse idriche in alta quota, rivalutando i progetti di invadi di piccole-medie dimensioni a monte. Questo per contenere il consumo di energia per l’esercizio idrico, premiando sulla distribuzione incentrata sulla gravità. Va in questa direzione anche richiesta di la realizzazione di invasi di riserva idrica di media pianura, possibilmente limitrofi alle sponde del fiume Enza”.
E se dal canto loro i Consorzi si rendono disponibili a intervenire per il contenimento delle perdite dai canali, oggi stimato in oltre il 50% delle risorsa idrica, gli stessi chiedono di valorizzare i prati stabili come elemento di salubrità di un interland oggi riscoperto e, comunque, molto popolato.
Mentre si rendo disponibili a dialogare con il mondo ambientalista e del turismo sul tema acqua, i Consorzi irrigui stanno valutando un alleanza con gli agricoltori di Parma che, in queste ore, stanno muovendo le medesime richieste per cui è necessario il coinvolgimento delle due Province.