Le donne rappresentano oltre il 40% dei lavoratori con impiego stabile nel settore dell’ortofrutta, percentuale che sale addirittura al 75% se si considerano gli stagionali. Inoltre esse vantano in generale un titolo di studio di più alto grado rispetto agli uomini, con una schiacciante prevalenza del genere femminile ad esempio riguardo al possesso della laurea magistrale (97% contro 3%). Ancora: maggiore è la percentuale dell’universo femminile rispetto agli uomini impiegati nell’area amministrativa (63% contro 37%), nel marketing e nella comunicazione (67% contro il 33%); eppure solo il 12% degli incarichi direttivi nelle aziende di settore è ricoperto da donne, rispetto all’88% che è appannaggio degli uomini.
Un identikit a luci ed ombre
È l’identikit che emerge da un indagine realizzata dal Cso di Ferrara tra i propri soci sulla presenza femminile nel settore dell’ortofrutta, la prima del genere in Italia, i cui risultati sono stati illustrati questa mattina a Bologna nell’ambito di un convegno organizzato dalla neonata associazione nazionale “Le donne dell’ortofrutta”, in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, in occasione della festa dell’8 marzo. Una fotografia in chiaroscuro della condizione femminile quella messa a fuoco dalla ricerca, in cui accanto ad aspetti positivi, saltono fuori anche fattori di criticità.
Un appuntamento inedito, l’incontro bolognese, nel corso del quale sono state tra l’altro presentate quattro case history dedicate ad altrettante protagoniste di primo piano dell’imprenditoria “rosa” che hanno saputo far crescere le proprie aziende, facendo leva su innovazione, qualità, marketing e comunicazione mirata.
“Le lavoratici e le imprenditrici del settore- ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli, socia onoraria dell’associazione che lei stessa ha tenuto a battesimo nel dicembre scorso- possono dare un contributo fondamentale di professionalità e creatività allo sviluppo di un comparto fondamentale per l’agroalimentare dell’Emilia-Romagna, soprattutto sul versante dell’innovazione e della qualità. Come Regione siamo impegnati a rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono ad una piena valorizzazione della capacità delle donne, a promuovere la parità di genere e a favorire la crescita dell’imprenditorialità rosa anche in agricoltura. E ciò grazie soprattutto ai fondi del Psr 2014-2020 che, in casi particolari, a fronte del permanere di situazioni di debolezza delle imprese al femminile, prevedono punteggi aggiuntivi a loro favore, come nel caso dei bandi per promuovere l’agricoltura sociale. In altri casi, invece, viene concessa una semplice precedenza a parità di punteggio nell’accesso ai finanziamenti pubblici, ad esempio per favorire la nascita di imprese condotte da giovani e gli investimenti aziendali”.
Crescono in Emilia-Romagna le imprese rosa
Una presenza, quella delle donne alla guida di aziende agricole, che nonostante i progressi registrati negli ultimi anni, continua tuttavia a restare largamente minoritaria. Basta pensare che nel 2016 (ultimo dato disponibile) solo il 28% delle imprese individuali del comparto agricolo in Emilia-Romagna erano intestate a donne; una percentuale comunque in forte crescita rispetto al 22% del 2010.
Uno squilibrio che si riflette anche nella ripartizione delle risorse del Psr. Secondo i dati forniti dell’assessorato regionale all’Agricoltura su oltre 20mila imprese agricole individuali che al 31 dicembre 2017 avevano già beneficiato dei fondi europei, circa 5.350 sono a conduzione femminile, per un totale di 42,3 milioni di euro incassati (19,63%); le restanti 14.890 imprese hanno invece come titolari uomini, per un importo complessivo di contributi erogati pari a 173,5 milioni di euro.
Per raccontare in prima persona le loro esperienze di successo sono intervenute all’incontro bolognese Valentina Borghi, titolare di un’azienda di Minerbio (Bo) specializzata nella produzione di funghi coltivati in serra e presidente di HortoItalia; Francesca Nadalini, responsabile commerciale dell’omonima società di Sermide (Mn) e Silvia Salvi, dirigente del gruppo Salvi di Ferrara, leader nel vivaismo ma attivo anche nella produzione e commercializzazione dell’ortofrutta, con un fatturato annuo di 130 milioni di euro. In collegamento video Anna Maria Minguzzi, amministratrice della società Minguzzi di Alfonsine (Ra).
Un network tutto al femminile
“La nostra associazione- sottolinea la presidente Alessandra Ravaioli- è unica in Europa e accoglie donne di tutta la filiera, dal packaging alla comunicazione. Siamo una realtà nuova, piena di entusiasmo ed energie e il nostro obiettivo è quello di fare rete e promuovere una “visione” dell’ortofrutta al femminile. Vogliamo far sì che, con le nostre attività, sia più evidente e riconosciuto il ruolo fondamentale delle donne in un settore di primaria importanza dell’agroalimentare italiano”.
Tra i principali obiettivi dell’associazione – fondata da una trentina tra produttrici agricole, manager aziendali, consulenti, giornaliste e ricercatrici – la creazione di una rete di professioniste inserite ai vari livelli della filiera di produzione e commercializzazione per valorizzare il ruolo della donna, promuovere progetti e politiche che favoriscono le pari opportunità, avvicinare il mondo produttivo ai consumatori e diffondere i valori della qualità con iniziative e modalità innovative. Senza dimenticare la tutela del patrimonio di tradizioni gastronomiche legate al territorio.