Apprendiamo dalla stampa e dai social network che la Regione Emilia-Romagna ha deliberato il documento” rischio biologico e criteri per l’idoneità alla mansione specifica dell’operatore sanitario” con il quale si pone l’obiettivo di valutare l’immunità degli operatori sanitari nei confronti di morbillo-parotite-rosolia-varicella per riservarsi poi la possibilità nel caso in cui questi non siano immuni di spostarli dai propri reparti di assegnazione, se considerate reparti ad alto rischio.
Vengono considerati reparti ad alto rischio, nel documento che ci è stato recapitato, oncologia, ematologia, radioterapia, centro trapianti e dialisi per trapiantati, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, rianimazione, Pronto soccorso.
Praticamente il cuore degli ospedali più importanti della Regione Emilia-Romagna ovvero quei reparti dove si erogano prestazioni altamente specialistiche.
In buona sostanza i professionisti che lavorano in questi reparti anche se non malati, nel caso in cui risultino non immuni, dovranno obbligatoriamente andarsene dal reparto per essere trasferiti in un altro reparto.
Premesso che non siamo contro le vaccinazioni e anzi riteniamo che esse siano stato uno degli elementi di sviluppo della Salute nel nostro paese, questa modalità d’azione della Regione comunque non ci convince e ci lascia alquanto perplessi.
Abbiamo manifestato le nostre perplessità chiedendo che venisse costruito un percorso di coinvolgimento nella costruzione di una campagna finalizzata alla sensibilizzazione sulle vaccinazioni del personale sanitario, alternativa alla modalità coercitiva che invece ha scelto la regione.
Ci sembra infatti che con questa modalità di azione si vincoli il personale non vaccinato alle quattro vaccinazioni inserite di recente tra gli obblighi nel calendario vaccinale, ovvero morbillo parotite rosolia è varicella, a sottoporsi ad esse per rimanere a lavorare nel proprio reparto o nel proprio servizio.
Oltre alla contrarietà alle decisioni unilaterali, anziché l’utilizzo del metodo partecipativo, ci sembra alquanto velleitaria la possibilità che interi blocchi di lavoratori siano obbligati a trasferirsi in altri reparti lasciando così sguarniti i reparti dove erano assegnati, reparti nei quali dovranno essere inseriti nuovi operatori che dovranno essere addestrati e inseriti in percorsi di formazione impegnativi e di lunga durata .
Sappiamo tutti quanto è lungo l’addestramento di un infermiere di pronto soccorso, di una dialisi o di un centro trapianti e sappiamo tutti che per garantire questo addestramento servono investimenti in risorse umane nonché economiche.
I dubbi che esprimiamo in questo comunicato stampa sono quelli infatti che ci hanno portato alla decisione di non sottoscrivere un verbale nel quale si dichiarasse assenso a tale documento.
La precisazione è dovuta rispetto ai contenuti del comunicato letto sul sito della regione e sui vari social network dove si parla di un confronto con le organizzazioni sindacali preventivo all’emanazione del documento.
La Funzione Pubblica CGIL non lo ha sottoscritto perché crede che la partecipazione prima della coercizione sia sempre l’elemento da utilizzare per agire quel necessario cambiamento che oggi la popolazione si aspetta all’interno delle strutture sanitarie per migliorare la qualità dell’assistenza.