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Salute mentale: dal ricovero nell’Ospedale psichiatrico giudiziario ai percorsi riabilitativi per il reinserimento sociale dei pazienti

Dal ricovero detentivo nell’Ospedale psichiatrico giudiziario alla permanenza in strutture più piccole, ad alta sicurezza, progettate per garantire alle persone affette da malattie mentali e autrici di reato l’attivazione di percorsi terapeutico-riabilitativi adeguati. Fino all’approdo, laddove possibile, in strutture residenziali ordinarie dei Dipartimenti di salute mentale. Un percorso, questo, avviato dalla legge 81 del 2014, che ha sancito la chiusura definitiva degli Opg, e che Regione Emilia-Romagna, Magistratura e Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna (Uiepe) del ministero della Giustizia intendono definire a livello territoriale con un protocollo operativo siglato oggi in viale Aldo Moro.

“Il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari ha rappresentato l’atto conclusivo di un percorso di civiltà- osserva l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-. L’Emilia-Romagna è arrivata preparata e si è mostrata pronta a chiudere quello di Reggio Emilia nei tempi previsti, adottando piani di assistenza individuali per i residenti. È già da qualche anno, quindi, che lavoriamo in quest’ottica, con risultati positivi. Il documento firmato oggi-prosegue l’assessore-, testimonianza di un grande impegno dei soggetti coinvolti, vuole individuare prassi condivise, ulteriori collaborazioni e approfondimenti operativi nelle sedi locali dei diversi Tribunali che operano in Emilia-Romagna e le rispettive Aziende sanitarie di riferimento. Al centro del lavoro, ancora una volta- conclude Venturi-, c’è la persona vista nella sua interezza”.

Assieme all’assessore Venturi, hanno firmato il presidente della Corte di Appello di Bologna, Giuseppe Colonna, il procuratore generale di Bologna, Ignazio De Francisci, la presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Antonietta Fiorillo, e la dirigente Uiepe Emilia-Romagna, Maria Paola Schiaffelli.

Dagli Opg alle Rems, al reinserimento sociale
“Sopravvissuti” alla legge 180 del 1978 (la cosiddetta “legge Basaglia”), gli Opg sono stati definitivamente chiusi il 31 marzo 2015. Fino a quel momento in Italia avevano funzionato ancora sei strutture di quel tipo, e precisamente a Reggio Emilia, Aversa, Montelupo Fiorentino, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto e Castiglione delle Stiviere. In funzione della chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, la legge 81 del 2014 ha predisposto le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) – strutture più piccole, specializzate nella cura delle persone affette da disturbi mentali e sottoposte a misura di sicurezza detentiva – insieme a un potenziamento dei servizi psichiatrici territoriali. Il trattamento in Rems, infatti, va inteso non “per sempre” ma, se le condizioni della persona lo consentono, come una fase nel programma di cura per favorire l’attuazione di un percorso terapeutico-riabilitativo di reinserimento sociale.

In Emilia-Romagna sono attive due Rems, una a Bologna e l’altra a Casale di Mezzani (Parma). Dotate di 24 posti (14 a Bologna e 10 a Casale di Mezzani), hanno accolto, dalla loro apertura (aprile 2015) ad oggi, 63 persone, e ne hanno dimesse 49, nella maggioranza dei casi verso strutture residenziali ordinarie dei Dipartimenti salute mentale regionali.

Queste realtà, partite dalle migliori esperienze che si sono sviluppate negli ultimi anni con le tante dimissioni dall’Opg, hanno affermato un modello di cura innovativo, fondato sulla centralità del territorio e delle sue risorse terapeutiche. Fondamentale la capacità di collaborazione tra le istituzioni coinvolte: il Servizio sanitario regionale, la Magistratura, l’Ufficio interdistrettuale esecuzione penale esterna del Dipartimento giustizia minorile di comunità del ministero della Giustizia. Un gruppo di lavoro composto da professionisti di tutti i soggetti coinvolti si è posto da subito l’obiettivo di facilitare la collaborazione reciproca, favorendo l’omogeneità territoriale dei percorsi delle persone con disturbi mentali autrici di reato, attraverso la definizione di linee comuni di intervento. Il fine è quello di garantire la cura a queste persone, assicurando contemporaneamente i necessari livelli di sicurezza a tutela della collettività.

















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