«Persiste il divario di genere e per età nei redditi dei Bolognesi». Questo quanto emerge dall’analisi dei dati presentati oggi dal Caf Acli di Bologna sui redditi 2017 dei concittadini: «Mentre i redditi complessivi sono aumentati del 3%, sono calati quelli dei giovani». Simone Zucca, Responsabile produzione del Caf Acli nazionale, e Davide Conte, Assessore al Bilancio del Comune di Bologna, si sono confrontati sui rispettivi numeri a disposizione, i dati assoluti della pubblica amministrazione e quelli sul campione statistico, comunque molto significativo, trattandosi di un bolognese su dieci, del Caf Acli.
«I dati forniti dalle Acli sono coerenti con quanto emerge dai valori assoluti» ha osservato Conte. «Occorre capovolgere la prospettiva: riflettere su questi numeri non deve portarci a chiedere quanto è corta la coperta, ma cosa possiamo coprire con essa». Una riflessione necessaria a «comprendere come spendere meglio le proprie risorse e a cosa destinarle» osserva il Presidente provinciale delle Acli di Bologna, Filippo Diaco «che, non a caso, abbiamo proposto insieme alla presentazione del Bilancio di Missione. Questo non deve essere uno strumento comunicativo per dimostrare che siamo bravi, ma uno spunto di riflessione sulle fragilità sociali che devono essere la nostra priorità di intervento, in termini sussidiari». Due, dunque, le emergenze unanimemente riconosciute, ovvero i giovani e le famiglie «i veri motori dell’economia e della società, il nostro futuro, ma, paradossalmente, le categorie in maggiore difficoltà». Si osserva, infatti, che «i giovani under 24, in una città in crescita economica, perdono il 40% del proprio reddito rispetto ai loro coetanei di 15 anni fa».
Se l’analisi si sposta in ottica di genere, le donne, soprattutto under 34, guadagnano meno degli uomini. Sono, infatti, il doppio, rispetto ai coetanei maschi, quelle che guadagnano meno di 15.000 euro, mentre il dato si ribalta per i redditi sopra i 70.000: in questo caso sono i lavoratori a doppiare le lavoratrici. Fra coloro che fanno il 730 al Caf Acli, prevalgono i lavoratori a tempo indeterminato, ma anche in questo caso il divario uomo-donna persiste. Nel gruppo di chi non ha sostituto d’imposta (che comprende i lavoratori domestici, le casalinghe, chi lavora con prestazione occasionale o chi detiene solo redditi derivati da immobili) a fronte dello 0.4 degli uomini troviamo il 7% delle donne, altro dato che punta il dito verso una maggiore precarietà e una maggiore insicurezza del lavoro femminile.
I pensionati guadagnano circa 5.000 euro l’anno in meno dei dipendenti: «Accanto al problema giovanile, questo dato apre una finestra sul tema della rivalutazione delle pensioni, che devono essere uno strumento di welfare, non un reddito vero e proprio. Per questo, a fronte di una media di 23.000 euro annui di reddito dei pensionati che si sono rivolti al Caf Acli, occorre riaprire il dibattito sulle cosiddette “pensioni d’oro”, privilegio che confligge con la natura di welfare della misura pensionistica» osserva Filippo Diaco.
Da ultimo, i dati dei modelli ISEE, oltre 17.000 quelli già compilati dal Caf da inizio anno: «sono più di 3.000, cioè il 18%, quelli che si assestano nella fascia della povertà assoluta, sotto i 6.000 euro annui. Occorre non sottovalutare questo indice di povertà, anche nuova ed inaspettata, che coinvolge le famiglie di una città nel complesso benestante come Bologna. Occorre non dimenticare gli ultimi e sostenerli nel loro processo di integrazione socio-economica, compito che spetta al Terzo Settore, dunque anche alle Acli, insieme alle Istituzioni e alle Aziende, in ottica sussidiaria» conclude Diaco.