Si narra che durante la seconda guerra mondiale servì da rifugio per chi cercava di fuggire ai rastrellamenti nazisti. E’ il cosiddetto “castagno del partigiano”, che fa parte dei cento alberi monumentali reggiani illustrati in una pubblicazione dell’assessorato provinciale all’ambiente.
“E’ un maestoso esemplare dal fusto cavo – spiega Vittorina Canovi, assessore comunale – inserito in un castagneto secolare che si estende nel versante nord di monte Castello, ai piedi della millenaria pieve del capoluogo. Si tratta di una pianta suggestiva e ricca di storia, che sta rivivendo un nuovo periodo di splendore grazie alla cura e alla passione del toanese Mario Ghini, che ringraziamo per la sua opera di valorizzazione”.
Ghini, 77 anni, risiede a Bagnolo in Piano ma ha avuto sempre nel cuore il “suo” Toano, che lasciò all’età di vent’anni. “Da quando sono in pensione – racconta – io e mia moglie trascorriamo la metà dell’anno, o poco meno, in montagna. La nostra casa è a circa duecento metri dal vecchio castagno, di cui ho ricordi fin da bambino. Un tempo quel bosco apparteneva ai miei avi, ed ora a lontani parenti che vivono nel milanese. Mio padre Biagio, prima della guerra, aveva sfruttato l’incavo dell’albero per custodire i conigli. Poi, al tempo della resistenza, fu un perfetto nascondiglio per i partigiani”.
La cavità è di notevoli dimensioni. “Il diametro è attorno ai due metri e mezzo – sottolinea Mario Ghini, che era operatore ecologico nel comune bagnolese – e dentro ci si sta comodamente in piedi, perché in altezza si raggiungono i tre metri circa. Ho risistemato la ‘porta’, utilizzando gli stessi cardini che aveva messo il papà. Ho ripulito l’albero e il verde attorno, ed ho riaperto il sentiero di accesso. Ora è visitabile e ammirabile. All’interno ho inserito una lampadina alimentata a batteria. Nei giorni scorsi hanno transitato, fra gli altri, alcuni sportivi in ritiro in paese e li ho invitati ad entrare. Erano in cinque e c’era ancora posto. E’ uno spettacolo”.
Continua l’assessore Canovi: “Siamo grati al ‘custode’ Ghini per quanto ha fatto e sta facendo per rivalutare questo vero e proprio monumento verde, che racchiude anche la ‘memoria’ di tante vicende umane, felici e meno liete, vissute da diverse generazioni di toanesi. Un castagno che nella sua lunghissima vita ha subito diverse peripezie, pur essendo ancora alto una decina di metri. La sua cima è infatti crollata per cause naturali, indebolita dall’attacco della carie del legno”.
E’ comunque un albero “da salvaguardare e da mettere in risalto – conclude Vittorina Canovi – in quanto simbolo di una ‘civiltà’, quella della castagna, ancora molto presente nella nostra storia. Si tratta di un frutto che in passato ha sfamato tanti montanari ma che ha anche favorito lo sviluppo di un originale patrimonio culturale, ricco di tradizioni, culinarie e non solo, e antichi saperi. La lavorazione dei castagneti e dei loro prodotti, accompagnata da vecchi attrezzi e pratiche ormai scomparse, hanno infatti caratterizzato per secoli il faticoso operare dell’uomo nel bosco”.