Sul decreto dignità, il cui testo sta arrivando all’attenzione delle Commissioni di Camera e Senato, il giudizio della UIL è articolato.
Come a tutti noto la UIL insieme alla CGIL fece sciopero contro il Job Act e ci saremmo attesi una formulazione più coraggiosa. E’ inaccettabile per i lavoratori assunti dal 2015 l’impossibilità di ricorrere al giudice per la reintegra nel caso di licenziamento ingiustificato. Sono stati tuttavia rivisti al rialzo i tetti previsti. Da 4 a 6 mesi di indennizzo e a 36 mesi per quelli che hanno maggiore anzianità aziendale. Un passo avanti ma non del tutto soddisfacente: a nostro avviso occorre ripristinare la reintegra e riprendere il principio dello statuto dei lavoratori che assegna alle dimensioni di impresa e non alla data di assunzione l’eventuale risarcimento che deve rimanere una scelta del lavoratore.
Bene far pagare di più la precarietà, ma occorrerebbe anche dare una spinta e un incentivo alla stabilizzazione vera dei contratti a tempo indeterminato, sempre più un miraggio in una economia che vede sempre più accollare il rischio di impresa alle categorie socialmente più deboli.
Bene un intervento sulle delocalizzazioni. Che una impresa goda di benefici pubblici e dopo anni decida di mollare tutto per approdare in altri lidi, non è libertà di impresa, ma furto di risorse.
Sul contrasto alla precarietà il giudizio che dò come UIL di Modena e Reggio Emilia è complesso come tutta la materia. La mia impressione è che si restringano giustamente le maglie su alcuni aspetti (il contratto a termine) ma si lascino aperte finestre quali gli stage, le partite iva, lo staff leasing, che andrebbero analizzate e studiate. Pensare di compensare la maggiore rigidità nei contratti a termine, reintroducendo i voucher in agricoltura e nel turismo è una scelta profondamente sbagliata. Sul gioco d’azzardo e il costo sociale pagato per le dipendenze che ne deriva, il decreto ha tantissime ragioni: incrementare tasse e proibire la pubblicità radio-televisiva, come venne fatto col fumo, è una cosa giusta.
Come corollario al decreto invitiamo la maggioranza di governo a rivedere la propria posizione rispetto al trattato di libero scambio CETA siglato col Canada. Bene anche rivedere la politica sanzionatoria nei confronti della Russia. Per la nostra economia, esposta alle minacce di guerre commerciali, dazi e dumping dei paesi a bassissimo costo del lavoro è importante che la nostra agricoltura e la nostra impresa fondata sull’esportazione abbia maggiori certezze e possibilità di mercato. Perché alla fine il lavoro si crea non per decreto, ma se vi sono condizioni economiche favorevoli.
Invitiamo infine il governo ad affrontare i temi di grande rilevanza sociale che hanno portato il consenso di tanti cittadini alle elezioni dello scorso marzo. Reddito, pensioni, tasse, sicurezza del lavoro e delle città che si ottengono con modifiche legislative coerenti e non con spot pubblicitari tipo fermare le navi ai porti italiani. Il ministro Di Maio ha inoltre davanti a sé grandi vertenze da chiudere, quali Ilva e Alitalia oltre a diverse centinaia di imprese in crisi nei diversi tavoli ministeriali. Noi vogliamo incoraggiare il cambiamento di rotta dopo i disastri del ministro Poletti e invitiamo pertanto il governo ad ascoltare le istanze del sindacato senza chiudersi in solitudine difronte a temi che riguardano milioni di persone di questo paese.
(Luigi Tollari, Segretario generale CST-UIL Modena e Reggio Emilia)