85 anni, sposato, una figlia, residente nel quartiere Porto Saragozza, divoratore di libri. E con una grande passione, portare conforto ai piccoli ospiti del Pronto Soccorso Pediatrico dell’Ospedale Maggiore. Da 30 anni, infatti, Livio Tagliavini non trascorre una settimana senza giocare con loro e regalare affetto e sorrisi.
Un impegno, del tutto volontario, che attraversa una vita e che giovedì 20 dicembre, verrà festeggiato ufficialmente proprio all’Ospedale Maggiore, quando Chiara Gibertoni e Chiara Ghizzi, rispettivamente direttore Generale dell’Azienda Usl di Bologna e direttore della Pediatria dell’Ospedale Maggiore, consegneranno a Livio Tagliavini un affettuoso e più che meritato attestato di stima.
La cerimonia si terrà presso la Pediatria, al 6° piano dell’Ospedale Maggiore.
Livio Tagliavini, assieme ai volontari dell’Associazione di volontariato Onlus Andare a Veglia sono presenti sette giorni su sette al Pronto Soccorso Pediatrico dell’Ospedale Maggiore per intrattenere i bambini durante la loro permanenza. Origami, puzzle, palloncini, storie lette e raccontate, sono i ferri del mestiere. Livio in particolare è uno specialista degli aeroplani di carta, ne sa costruire una quantità innumerevole con cui lascia sbalorditi i piccoli pazienti che per far volare una sua creazione sono disposti anche ad abbandonare lo schermo dello smartphone.
Il suo impegno è cominciato 30 anni fa quando, andato in pensione dopo 40 anni di lavoro come commesso in un negozio di materiale elettrico, ha conosciuto l’associazione Andare a Veglia che lavora per l’inclusione sociale e la lotta alla solitudine, che da allora non ha più lasciato.
“30 anni fa la Pediatria era molto diversa da oggi – afferma Livio Tagliavini -. I bambini allora rimanevano ricoverati anche per lunghi periodi ed era facile instaurare una vera e propria relazione. Molti aspettavano il nostro arrivo tutte le mattine già nell’atrio del reparto. Oggi per fortuna la permanenza in ospedale è in generale molto più breve, alle volte solo poche ore, ma poter far giocare e far dimenticare, anche se per poco, la malattia a un bambino rimane una soddisfazione infinita”.