Un solo paziente positivo e una media di tre casi sospetti a settimana: sono i numeri dell’epidemia coronavirus registrati dalla Struttura complessa di Pediatria di Area Nord, che restituiscono un quadro confortante dietro al quale si cela un importante lavoro di squadra.
Sin dall’inizio, il reparto si è riorganizzato per fare fronte all’emergenza, non tanto sul fronte dei volumi, quanto su quello della sicurezza: “Tutti gli sforzi fatti – assicura il dottor Paolo Lanzoni (foto), direttore della Pediatria di Area Nord, alla quale afferiscono i reparti dell’Ospedale Ramazzini di Carpi e dell’Ospedale Santa Maria Bianca di Mirandola –, sono stati indirizzati a preservare la sicurezza dei piccoli pazienti e degli operatori. A Carpi è stato allestito un pre-triage all’ingresso del reparto, in cui a ogni accesso viene misurata la temperatura e offerto il gel per il lavaggio delle mani. All’interno, poi, abbiamo creato un’area riservata ai casi sospetti, con stanze dedicate in cui possono accedere solo bambino, mamma e infermiera designata. Per non rischiare contaminazioni, infatti, ogni bambino con sospetto coronavirus e in attesa di tampone viene assistito sempre dalla stessa operatrice, che non esce dall’area fino alla comunicazione dell’esito. A Mirandola si opera in stretta collaborazione con i colleghi del Pronto Soccorso Covid: insieme a loro si decide se effettuare la visita direttamente in PS o nell’ambulatorio dedicato in reparto”.
In caso di conferma di positività, secondo i protocolli interaziendali, il bambino viene trasferito al Reparto di Malattie Infettive del Policlinico di Modena, Hub designato per il trattamento dei casi Covid positivi in età pediatrica. “L’assistenza ventilatoria, spesso necessaria in caso di accertata patologia, libera droplets (goccioline) nell’aria: per questo va praticata solo in spazi compartimentati”. Per l’unico paziente positivo assistito finora è stato possibile attivare l’isolamento domiciliare, in relazione alle buone condizioni riscontrate.
Anche l’assistenza al neonato è cambiata, in particolar modo per i nati da mamma con sospetto o confermato Coronavirus. Dopo un proficuo dialogo tra pediatri e ginecologi, si è deciso di consentire, aderendo a linee guida regionali, anche in questo particolare caso la pratica del rooming-in, ovvero la permanenza del bambino nella stessa stanza della madre fin da subito dopo il parto. Ovviamente con tutte le precauzioni del caso: la mamma, indossando la mascherina, può allattare al seno il bimbo e stabilire quel contatto così importante per il legame genitore-neonato.
Medici e infermieri, ma anche genitori e bambini: tutti stanno contribuendo, ciascuno per la propria parte, con grande consapevolezza a tenere lontano il virus. “In questi due mesi ho notato un cambiamento – sottolinea ancora Lanzoni –, si è modificata la percezione: la paura iniziale, umana e comprensibile, ha lasciato lo spazio alla consapevolezza. Oggi sappiamo usare meglio i dispositivi di protezione individuale, indossare la mascherina sta diventando un gesto quotidiano. Anche se per fortuna questa malattia non colpisce in maniera importante in termini numerici i bambini, le misure di prevenzione, come il lavaggio delle mani, restano armi fondamentali”.
Un ruolo importante nella gestione dell’emergenza lo rivestono i pediatri di libera scelta: “Vorrei ringraziarli – conclude Lanzoni – per la preziosa collaborazione che stanno assicurando. Tutti i bambini che arrivano qui vengono inviati dai pediatri di famiglia, che selezionano i casi che necessitano realmente di un’assistenza di tipo ospedaliera. Questa attività di selezione è importante anche per il bambino stesso, che evita di dover venire in ospedale se ha una patologia che può essere curata a casa. Un’attenzione che spero venga mantenuta anche in questa nuova fase”.