Un dispositivo che attraverso la tecnologia del plasma freddo è in grado di ridurre la probabilità di trasmissione del contagio da coronavirus in un ambiente chiuso, inattivando le goccioline sospese nell’aria e contaminate da SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19. Si chiamerà VIKI (VIrus KIller) e lo sta realizzando un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna: il punto di partenza è un prototipo già sviluppato in grado di inattivare il 99,9% dei batteri contenuti nel bioaerosol in appena 0,3 secondi.
Un primo studio – che i ricercatori hanno pubblicato sullo “Special Issue on Advanced Applications of Plasmas in Life Sciences” della rivista Plasma Processes and Polymers – evidenzia che risultati di inattivazione totale si hanno anche per bioaerosol con RNA purificato di SARS‐CoV‐2. Si tratta dei primi riscontri finora ottenuti su questo tema a livello internazionale.
Il progetto, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, è guidato dal CIRI-MAM (il Centro Interdipartimentale per la Ricerca Industriale dell’Università di Bologna che opera nei settori della Meccanica Avanzata e dei Materiali) attraverso il Gruppo di Ricerca per le Applicazioni Industriali dei Plasmi coordinato dal professor Vittorio Colombo, che collabora con il gruppo del professor Vittorio Sambri, direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Ausl Romagna e membro del Dipartimento di Medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell’Università di Bologna. Accanto agli studiosi dell’Alma Mater sono al lavoro diverse realtà aziendali (Alintel, AlmaPlasma, GLIP, RubensLuciano, Iso Engineering), con l’obiettivo di arrivare ad una prima produzione pilota di VIKI entro la prima metà del 2021.
“Vogliamo realizzare un dispositivo in grado di ridurre sensibilmente la probabilità di trasmissione del coronavirus in ambienti indoor destinati ad attività lavorative o di servizio”, spiega Vittorio Colombo. “I risultati di questo progetto renderanno possibile lo sviluppo su scala industriale di una gamma di prodotti da utilizzare in scuole, uffici pubblici, ospedali, studi dentistici e attività commerciali”.
Il dispositivo agisce aspirando l’aria dell’ambiente in cui si trova e trattandola attraverso scariche di plasma freddo. Questo viene prodotto applicando un campo elettrico ad un flusso di aria e bioaersol contaminato, generando così una serie di specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto in grado di distruggere i microrganismi, tra cui i virus.
“Le prime prove con virus vitale sono programmate presso l’Ausl Romagna, a Pievesestina, entro la fine di settembre: riteniamo che l’interazione del plasma direttamente con il coronavirus SARS-CoV-2 possa indurre una destabilizzazione della sua struttura e quindi una riduzione, fino alla totale scomparsa, della sua capacità infettiva”, dice ancora Colombo.
L’obiettivo è raggiungere una capacità di sanificazione superiore al 99,9% per poi passare alla fase di scale-up del prototipo per adeguarlo ad una futura industrializzazione come prodotto.