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Bologna, Archiginnasio d’Oro alla memoria di Paolo Prodi

Nel pomeriggio di oggi, giovedì 17 dicembre 2020, si è svolta nella Sala dello Stabat Mater della Biblioteca dell’Archiginnasio la cerimonia di conferimento dell’Archiginnasio d’Oro alla memoria di Paolo Prodi. La cerimonia, che si è svolta senza pubblico nel rispetto delle misure imposte dalla pandemia, è stata trasmessa in streaming sul canale YouTube del Comune di Bologna.

La proposta di conferimento dell’Archiginnasio d’Oro alla memoria di Paolo Prodi, storico e accademico, scomparso il 16 dicembre 2016, è stata avanzata dal Sindaco Virginio Merola e dalla Giunta, e approvata all’unanimità dal Consiglio comunale.

La cerimonia si è aperta con l’intervento del Sindaco Virginio Merola, cui è seguita la prolusione di Francesca Sofia, docente dell’Università di Bologna che dirige il centro studi sulla storia Costituzionale dedicato a Paolo Prodi. La Presidente del Consiglio Luisa Guidone ha letto la motivazione ufficiale di conferimento dell’onorificenza. Hanno concluso la cerimonia gli interventi di Mario Prodi e di Romano Prodi.

L’intervento del Sindaco di Bologna, Virginio Merola
“Benvenuti a tutti.
Questo momento ci consente di ricordare un grande storico e una bellissima persona.
L’Archiginnasio d’Oro è un premio corale perché lo delibera il Consiglio comunale, è quindi un riconoscimento da parte della città nel senso più pieno del termine.
Ringrazio chi è qui oggi con noi, nonostante questi tempi complicati. Grazie alla famiglia, a Romano Prodi, alla professoressa Sofia che dirige il Centro studi intitolato a Paolo Prodi.
A me il compito di introdurre questa cerimonia che sentiamo in modo particolare perché da quando Paolo Prodi è mancato, quattro anni fa, il dibattito pubblico e culturale è più povero, noi tutti siamo sicuramente più poveri.
Fortunatamente ci ha lasciato tante e importanti opere e un ultimo saggio che mi permetto qui di ricordare perché, riletto a quattro anni di distanza e alla luce di quello che stiamo vivendo, è sempre più importante.
Nel ‘Tramonto della rivoluzione’ Paolo Prodi ci metteva in guardia sul fatto che abbiamo bisogno di un mutamento che non possa essere solo quelle delle tecnologie sganciato da una visione di sviluppo e da un modello sociale.
Credo sia addirittura superfluo sottolineare quanto la pandemia renda attuale questo auspicio. C’era in lui un’autentica e profonda preoccupazione di uno sterile dominio della tecnica.
‘Si cancella il passato perché non si vede il futuro’, ammoniva. ‘Forse si vuole sostituire la storia con la fiction’.
Continuiamo su questa traccia che ci ha lasciato perché non ci deve essere contrapposizione tra cultura umanistica e cultura tecnica e la lezione del professor Paolo Prodi è qui a ricordarcelo, per il nostro presente e per il nostro futuro”.

Le motivazioni del conferimento, lette dalla Presidente del Consiglio comunale, Luisa Guidone
Il 16 dicembre 2016 è mancato Paolo Prodi: storico, accademico dei Lincei, considerato uno dei massimi studiosi dell’età moderna, con una particolare sensibilità nei riguardi della storia del diritto e della Chiesa.
Nato a Scandiano nel 1932, si è laureato in Scienze Politiche presso l’Università Cattolica di Milano e si è poi specializzato in Germania. È stato professore di storia moderna negli atenei di Trento (di cui è stato anche il primo Rettore in anni non certo facili, i ‘70 del secolo scorso), Roma e Bologna. Nel 1973 ha fondato l’Istituto storico italo-germanico di Trento insieme a Huber Jedin di cui è stato allievo. Nel 2007 ha ricevuto il Premio Alexander Von Humboldt. È stato tra i fondatori dell’associazione culturale “Il Mulino” a Bologna presso la cui casa editrice ha pubblicato molte delle sue opere, è stato presidente della Giunta storica nazionale e deputato tra il 1993 e il 1994, eletto tra le fila de “La Rete”.
Paolo Prodi ha fatto parte di una generazione di storici, quella nata tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, che ha segnato in modo tangibile il dibattito storiografico italiano della seconda metà del ‘900. Un intellettuale che ha scelto anche l’impegno politico, affrontandolo in modo libero senza il timore di farsi da parte nel momento in cui non si sentiva più in linea.
Fra i tanti lavori si ricordano “Disciplina dell’anima, disciplina del corpo e disciplina della società tra Medioevo ed età moderna” (1994), Il sacramento del potere. Il giuramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente” (1992), “Una storia della giustizia” (2000), “Settimo non rubare” (2009), “Cristianesimo e potere” (2012). Pochi mesi prima della sua scomparsa era apparso “Occidente senza utopie”, firmato con il filosofo Massimo Cacciari.
È stato uno storico delle istituzioni e le sue opere sono state fondamentali per comprendere l’evoluzione e le conseguenze del Concilio di Trento nel rapporto plurisecolare fra potere temporale e potere spirituale.
Il suo primo importante lavoro ha riguardato la ricostruzione della vicenda del cardinale Gabriele Paleotti, il vescovo del post concilio di Trento che viene assegnato alla diocesi di Bologna. La sua figura viene ricostruita andando oltre le polarizzazioni storiografiche del periodo e facendo emergere sfumature e posizioni articolate che saranno alla base della sua produzione intellettuale. Ad esempio ne Il sovrano pontefice, uno dei suoi testi più importanti, Prodi sostiene la tesi che lo Stato pontificio ai suoi esordi – dal Rinascimento alla Controriforma – poteva essere considerato come il primo Stato moderno vista la sua articolazione e organizzazione.
Prodi ha quindi scritto opere fondamentali sul rapporto tra Stato, potere e religione e ha indagato con acutezza grandi personalità del cattolicesimo italiano come Giuseppe Dossetti cui ha dedicato un testo – Giuseppe Dossetti e le officine bolognesi – edito dal Mulino nel 2016.
A Paolo Prodi è stato dedicato il Centro studi sulla storia Costituzionale dell’ateneo bolognese diretto dalla professoressa Francesca Sofia a testimonianza della volontà di continuare nel solco del suo lavoro pluridecennale.
La città dove il professor Prodi ha vissuto e a lungo insegnato, intende conservarne vivo il ricordo a 4 anni dalla scomparsa come esempio di studioso che ha dato lustro a Bologna”.

[Foto di Giorgio Bianchi per il Comune di Bologna]

















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